TRIESTE. Il Friuli Venezia Giulia, da lunedì 24 gennaio, entrerà in zona arancione e, al netto di modifiche sui criteri per la definizione dei colori delle regioni nei prossimi giorni, vi resterà per almeno due settimane.
L’ufficialità di una notizia che, in fondo, era nota da tempo è arrivata dal ministero della Salute che ha recepito le indicazioni dell’Istituto superiore di sanità in base agli esiti del monitoraggio settimanale delle varie Regioni italiane.
Il Friuli Venezia Giulia, in estrema sintesi, paga certamente il conto di un trend di contagi altissimo – basti pensare a come il tasso di incidenza settimanale questo venerdì abbia toccato quota 2 mila 462 casi ogni 100 mila abitanti quando il limite per la zona rossa è pari ad appena 150 –, ma anche, e soprattutto, il numero dei ricoveri.
Nulla di paragonabile allo scorso anno, siamo chiari, ma è stato raggiunto un tasso tale da superare i limiti stabiliti in estate per evitare la zona arancione e, cioè, l’occupazione da parte di pazienti Covid del 20% dei posti letto totali disponibili in Terapia intensiva e del 30% di quelli in area medica.
Nel dettaglio, i dati di giovedì, gli ultimi utilizzati dal ministero per definire il livello del rischio di una regione, spiegano che il Friuli Venezia Giulia ha varcato, appunto, entrambe le soglie arrivando al 34% di occupazione delle aree mediche (questo venerdì sceso al 33,4%) e al 24% delle Intensive (calato al 22,9%).
Ora, tenendo in considerazione come l’85% dei letti in Terapia intensiva – venerdì 21 esattamente 34 su 40 come comunicato dalla Regione – siano occupati da pazienti che non hanno ricevuto nemmeno una dose di farmaco anti-Covid, balza agli occhi come l’ingresso in zona arancione, che di fatto impatta fortemente soltanto su chi è privo di immunizzazione, sia dovuto essenzialmente alla presenza dei non vaccinati nei reparti d’urgenza.
Senza di loro, infatti, con appena sei ricoveri in Intensiva, la regione sarebbe rimasta ampiamente all’interno dei parametri stabiliti per la zona gialla.
Sia come sia, in ogni caso, da lunedì il Friuli Venezia Giulia entrerà in arancione in attesa di capire come il tavolo tecnico tra Governo e Regioni affronterà le tematiche poste dai presidenti.
Tra le richieste di Massimiliano Fedriga, avanzate nelle vesti di numero uno della Conferenza delle Regioni, c’è, prima di tutto, la differenziazione tra chi è ricoverato per Covid e chi, invece, da asintomatico, scopre di essere positivo una volta entrato in ospedale per altre motivazioni.
Stando ai calcoli effettuati dalla Federazione dei dirigenti internisti ospedalieri (Fadoi), in occasione di un’analisi condotta a inizio settimana in 14 regioni, una svolta di questo tipo consentirebbe al Friuli Venezia Giulia di detrarre una percentuale compresa tra il 20% e il 30% dal calcolo dei posti letto occupati da pazienti Covid.
In realtà, però, Fedriga punta all’abolizione vera e propria del sistema a colori. «Penso che le zone gialle e arancioni siano da eliminare – ha detto il presidente – perchè sono state superate dai decreti messi in campo dal Governo. In generale ritengo sia necessario cambiare il modo di approcciare la pandemia, perchè siamo di fronte a una popolazione vaccinata molto numerosa.
In Friuli Venezia Giulia siamo all’87% (degli over 12 ndr) e stiamo affrontando una variante che comporta numeri di contagio enormi, per cui il tracciamento e i tamponi sono, tecnicamente, impossibili. Omicron, tra l’altro, presenta forme di minore gravità per cui dobbiamo pensare che per il vaccinato il contagio si debba trattare come un’influenza.
Deve ovviamente restare a casa, non contagiare gli altri, ma non possiamo pensare di costringere in isolamento altre centinaia di migliaia di cittadini italiani al giorno.
Dobbiamo affrontare la situazione con buon senso, sapendo che gli strumenti per affrontare una pandemia che cambia devono mutare con essa. Credere di affrontarla come un anno fa, infatti, sarebbe un fallimento».
