SAN GIORGIO IN BOSCO. Il terreno conteso e la causa infinita, lunga 31 anni, vedrà il 18 febbraio un capitolo chiave: una delle due parti dovrà cedere il fondo all’altra, a vigilare sul passaggio ci sarà l’ufficiale giudiziario, al suo fianco pure le forze dell’ordine. La storia iniziò nel 1991, al centro del contendere un appezzamento con un fondo rustico nella campagna di San Giorgio in Bosco, in via Roara.
Da una parte c’era Silvio Bergamin, al tempo coltivatore diretto e confinante, dall’altra il venditore Giuseppe Comacchio e l’acquirente Massimo Nocent.
Bergamin voleva il riscatto agrario, lo scorso anno lo hanno ottenuto dopo oltre sei lustri e un’odissea fra tribunali, appelli e Cassazione i suoi nipoti Riccardo e Leonardo.
Silvio è mancato quattro anni fa, il pensiero di quella terra contesa lo ha accompagnato fino ai suoi ultimi giorni. Ma come è possibile che una vertenza duri un paio di generazioni? Giustizia ritardata non è spesso giustizia negata?
L’avvocato Luigi Verzotto segue la famiglia Bergamin e – per quanto di parte – è una memoria storica della vicenda, che iniziò a prendere in mano dopo la sentenza di primo grado, datata 2003: «In quegli anni venne chiusa, fra le altre, la Pretura di Cittadella, e il fascicolo con la domanda di Bergamin per il riscatto del fondo rimase a lungo negli armadi, tutte le pratiche venivano trasferite a Padova. Ricordo che a giudicare fu un ausiliario da Milano, che dava una mano a snellire le cause, e rigettò la richiesta dell’agricoltore. Non tenne conto di una serie di osservazioni. Dopo aver perso, Silvio si rivolse a me e la sentenza di appello ci diede ragione». Era il 2010.
Nel 2015 la Cassazione conferì la forza del giudicato alla decisione dei giudici di Venezia. Il punto è che Nocent – in 15 anni – aveva dato un valore importante al fondo, lì dove c’era un campo e un rustico avevano preso forma una villa e una piscina.
«In questo caso chi aveva il possesso del fondo ha beneficiato dei tempi di una giustizia lentissima», osserva il legale. Un braccio di ferro faticoso e in cui non sono mancati i tentativi di conciliazione.
Ma con il riscatto del fondo – arrivato dopo ulteriori tre gradi di giudizio per la convalida dell’offerta – la partita si può definire chiusa? «In realtà no», puntualizza Verzotto, prospettando l’ennesima battaglia nelle aule giudiziarie, «nel senso che Nocent può ripartire con una nuova causa, dal primo grado, per chiedere i miglioramenti sul fondo. Ma Silvio – al tempo, quando vide che la sua controparte stava costruendo e realizzando la villa partendo dal rustico – si oppose formalmente e chiese anche il sequestro del fondo. Quei miglioramenti furono fatti contro la volontà di chi aveva diritto al terreno e questa è una prova fondamentale».