BUTI. L’avevano accusata di maltrattare i bimbi che aveva in classe. Era stata rappresentata come una maestra di una severità fuori misura.
Contestazioni tradotte in un processo che nel corso di quasi due anni di udienze ha dimostrato che l’imputata non ha commesso quello che le veniva addebitato.
Il sigillo a un calvario personale e professionale è arrivato con la lettura della sentenza di piena assoluzione. Il giudice Elsa Iadaresta ha pronunciato un verdetto nel quale i «fatti non sussistono».
Assistita dagli avvocati Leo e Sara Gonnelli , la maestra ha avuto un ristoro nelle aule di giustizia che, tuttavia, rischia di essere parziale rispetto alle accuse e ai sospetti sopportati nel corso degli anni.
All’epoca dei fatti era una maestra in servizio alle scuole materne di un istituto nel comune di Buti. Nel novembre 2019 fu rinviata a giudizio per maltrattamenti ai danni dei piccoli che le erano stati affidasti. Non erano numerosi gli episodi in contestazione. I fatti sarebbero stati circoscritti ad alcune situazioni che sarebbero arrivate a conoscenza di una collega che poi aveva informato i genitori dei piccoli. Un contesto di voci che si sono rincorse autoalimentandosi e ricevendo, in ogni passaggio, un carico di dettagli che nel corso del dibattimento non ha trovato alcun riscontro degno di essere elevato a prova.
La stessa pubblica accusa, (pm onorario Silvia Saviozzi) al termine della requisitoria ha chiesto l’assoluzione.
Nessun genitore si era costituito parte civile nell’udienza in cui il gup aveva rinviato a giudizio la maestra e neanche alla prima udienza dibattimentale. Un segnale che durante il processo ha significato quanto i sospetti originari si fossero nel tempo svuotati di contenuti.
La maestra ha sempre contestato la ricostruzione dell’accusa.
Non solo. Dopo aver impugnato le sanzioni disciplinari inflitte a livello scolastico ne aveva ottenuto l’annullamento. Agli atti non c’erano solo le denunce dei genitori informati dei metodi dell’insegnante da una collega, secondo la quale l’imputata aveva maniere brusche nel rivolgersi ai bimbi. I bimbi erano stati anche “interrogati” a casa rispondendo a domande su cosa succedesse in classe. Una sorta di verbale con quesiti e risposte a formare una sorta di canovaccio di quello che avrebbero dovuto essere il processo. Alla maestra, che ora insegna in un altro istituto, veniva addebitato un comportamento particolarmente aggressivo nei confronti degli alunni con eccessi degenerati in urla e rimbrotti accompagnati da qualcosa di più di uno scappellotto. Un contesto che in Tribunale non ha avuto fondamenti probatori. Di qui l’assoluzione chiesta dal pm e pronunciata dal giudice.
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