La riforestazione partiva da via Selvatico, mai toccata. Alla base del piano un patto «senza vincoli di realizzazione»
TREVISO. Ultimo in Veneto per verde urbano. Il dato del capoluogo, fotografato dall’Istat tre giorni fa, non può non chiamare in causa il «grande progetto» lanciato esattamente un anno fa dall’amministrazione Conte, quello definito non poco pomposamente il «green new deal di Treviso».
Il programma prevedeva la realizzazione di 18 boschi urbani in altrettante zone della città. Ad oggi procede quantomai a rilento. Soprattutto nelle due aree che il Comune aveva identificato come primarie. Si faranno? Tutto da capire, ma tanto l’accordo quadro alla base del “green new deal” non impone a nessuno di metterlo in atto.
il progetto
Era il 22 dicembre dell’anno scorso. L’amministrazione comunale individuò 18 aree (5 pubbliche e 13 private) da trasformare in 3 parchi urbani e 15 boschi “periurbani”.
«Si passerà dunque da una superficie boschiva attuale di 180.230 metri quadrati a 446.961 metri quadrati e dai 22.100 alberi attualmente presenti a 46.507». In tutto grazie alla messa a dimora di 24.407 nuove essenze autoctone.
Le aree di intervento annunciate erano: viale Europa (lì dove sarebbe previsto anche il nuovo polo sportivo), via 33° Reggimento Artiglieria, viale della Repubblica, via R. Selvatico, via Feltrina, via Paludetti, via Pisa, via Mandruzzato, Strada S. Pelaio Nord, Strada S. Pelaio Sud, via Palasciano, via Vecchia di San Pelaio, via Forzetta, viale Brigata Marche, via Battistel, via dei Zotti, via Postumia, via Gramsci.
L’investimento? Oltre un milione di euro. Provenienti da dove? Casse pubbliche? No: «Il 75% attraverso la ricerca di finanziamenti regionali, nazionali ed europei e da finanziamenti pubblici e privati». Insomma, fondi che ad oggi non ci sono e vanno trovati. Gli altri a carico del comune che però ufficialmente ad oggi non ha ancora definito stanziamenti puntuali. Di qui la prima conclusione: le aree verdi si faranno se si troveranno i soldi.
Contratto non vincolante
Il “green new deal” si basa fondamentalmente su un “Protocollo di intesa tra Comune di Treviso e Arbolia s.r.l.», società composta da Snam eCassa Depositi e Prestiti che, da accordo, si deve occupare della realizzare gli interventi e della cura e manutenzione delle piante per i primi due anni. Ovvio: sempre se qualcuno mette i soldi per realizzare le aree verdi.
E qui si arriva al secondo nodo debole del piano; l’articolo 8 dell’accordo recita: «Questo protocollo non determina alcun impegno vincolante delle parti alla realizzazione in tutto o in parte degli interventi di imboschimento». Ovvero: nessuno è obbligato a fare nulla. Se non si trovano i soldi tanti saluti al “green new deal”. Un “nuovo corso” che non comincia certo con il massimo impegno.
Via Selvatico
«Il piano di forestazione urbana di Treviso vedrà nel suo primo stralcio la nascita di un bosco “periurbano” in via Selvatico» sottolineò l’anno scorso l’amministrazione. Parliamo di un’area comunale in abbandono da oltre 15 anni, ex deposito di materiale dei lavori pubblici oggi semi discarica in parte asfaltata. Ad un anno da quell’accordo lì non si è mosso nulla, il Comune non ha formalizzato progetti per la sua (costosa) riqualificazione, non è stata fatta alcuna pulizia e l’abbandono prosegue.
Si è inaugurata una nuova area verde in via Paludetti, pagata tutta da Ascotrade, e prima il sindaco aveva tagliato il nastro del “Bosco di Patti” in Feltrina realizzato da due imprenditori trevigiani: Dario Piovesan e Patrizia Pellizzari.
Arbolia? Non pervenuta, come tra l’altro a San Pelajo. Il protocollo del green new deal ha valenza quinquennale, potenzialmente rinnovabile. Ci sono ancora quattro anni per lavorare ma un anno è già volato e i numeri da cui è parte la città (solo 18 metri quadrati di verde per abitante, ultima in Veneto) imporrebbero uno sforzo, anche in termini di soldi.