La commissaria straordinaria del Sant'Anna, i ricoveri, i conti, il personale. L'infezione è costata 23 milioni. "Lavoriamo per fidalizzare gli operatori"
L’intervista
Un anno e mezzo fa, da commissaria straordinaria, Paola Bardasi ha preso nelle sue mani il timone dell’azienda ospedaliera.
Iniziamo dalla pandemia, dottoressa Bardasi. La forte crescita di contagi e ricoveri ha spinto molte amministrazioni e il governo a rivedere le sue posizioni, ad esempio su feste ed eventi di fine anno. Da manager della sanità pensa che sia un orientamento da condividere?
«Ovviamente valuto la questione nell’ambito delle mie competenze. Credo che qualsiasi scelta che possa contribuire a ridurre la pressione sugli ospedali vada incoraggiata. Siamo in inverno, gli ospedali hanno sempre dovuto affrontare situazioni critiche in questa stagione per l’aumento dei ricoveri, qui come a Bologna, in Romagna, a Modena e in altre città. La pandemia ha appesantito questo quadro e oggi la risalita dei contagi è addirittura esponenziale. Evitare gli assembramenti è una scelta responsabile che tutela la salute di tutti».
A Ferrara gli ultimi giorni hanno marcato un ulteriore cambio di passo per la diffusione del virus: più positivi, più ricoveri, più decessi. Ci aspetta un gennaio poco sereno.
«La nostra provincia si trova in una fascia intermedia, c’è chi fa i conti con numeri peggiori. Nel Veneto i dati sono più alti ma si stanno stabilizzando, nel Ferrarese non è ancora successo. Noi tutti, a partire dalla Regione Emilia Romagna, stiamo programmando ogni intervento utile per sostenere l’urto della pandemia che a gennaio potrebbe salire ancora. E siamo pronti (il Sant’Anna ha aumentano i posti Covid di 4 unità in Terapia intensiva e di 10 in Geriatria nei giorni scorsi, ndr)».
Qualche dato sul bilancio. Dal secondo anno di Covid esce piuttosto ammaccato: 7 milioni di disavanzo.
«Il bilancio preventivo è stato approvato da un mese e quindi è quasi un consuntivo. Il disavanzo stimato è di poco più di 7 milioni e rientra nei valori concordati con la Regione. I costi Covid ammontano a 23 milioni e sono un po’ più alti del 2020. Ma abbiamo anche aumentato la produzione di circa 10 milioni (stimati) rispetto all’anno scorso e non abbiamo mai sospeso gli interventi chirurgici. Quelli bloccati fra marzo e dicembre 2020 li abbiamo riassorbiti al 95% entro metà ottobre».
Proprio in questi giorni state allargando l’area Covid con aggiustamenti continui. Cosa succederà a gennaio?
«Fino a due settimane fa erano circa 110 le sedute chirurgiche (che nella loro durata possono ospitare da uno a più interventi, ndr) settimanali, esclusi gli interventi urgenti e improcrastinabili. Abbiamo dovuto ridurre la programmazione di 5-6 sedute alla settimana. Per quelli a media e bassa complessità la Salus ha svolto un ruolo molto importante con 830 interventi eseguiti nel 2021. La nostra organizzazione prevede due linee di produzione: Covid e non Covid. E il personale oggi è più pronto e preparato a gestire un quadro che presenta una grande complessità».
Quanto sono importanti le strutture esterne per far defluire i pazienti che necessitano ancora di assistenza sanitaria ma non di livello ospedaliero?
«Per i pazienti Covid ci sono la Residenza Covid e l’Hotel Covid, per alcune tipologie di pazienti presto potranno essere utilizzati farmaci (come il Remdesivir) anche a domicilio. La vaccinazione, ormai al 93% nella nostra provincia, ha comunque ridotto la degenza media e la gravità media della patologia. Per i pazienti non Covid il problema della difficoltà a dimettere è comune a tanti ospedali, a Bologna come a Modena. Il privato accreditato credo potrebbe aiutare a reperire buone soluzioni».
In area Covid più vaccinati o non vaccinati?
«In terapia intensiva 5 e 5, nelle aree non intensive 54 vaccinati e 37 non vaccinati. Ma oggi abbiamo il 93% di vaccinati in provincia: 5 non vaccinati su 7mila sono diversi da 5 vaccinati su 93mila».
Per il personale avete fatto ricorso a nuove tipologie contrattuali e state facendo i salti mortali per assumere le figure carenti. C’è chi entra ma anche chi se ne va. Come stanno le cose?
«Nell’emergenza Covid sono impegnati 170 operatori. Nel 70% dei casi siamo riusciti a stabilizzare il personale ma stiamo lavorando anche sulla fidelizzazione. Con gli specializzandi stiamo firmando contratti libero-professionali, medici in formazione che possono lavorare – retribuiti – e possono essere inseriti nei turni. In poche settimane abbiamo firmato 8 contratti».
Il pronto soccorso, che accoglie molti pazienti anche dal resto della provincia, è ancora segnalato come servizio in difficoltà.
«Abbiamo potenziato l’organico degli infermieri (da 48 a 54) e degli oss (da 25 a 28). Per i medici abbiamo fatto 8 contratti a specializzandi, altri 4 medici sono stati assunti con contratti libero-professionali. Stiamo lavorando sulla fluidità dei percorsi, sulla tecnologia (abbiamo una Tac in ps) e collaboriamo con gli altri ospedali facendo consulenze esterne. Stiamo facendo tutto il possibile».
Ma ci saranno ancora attese da 50 ore?
«Le attese possono anche essere “fisiologiche” perché il paziente può aver bisogno di un periodo di osservazione. Ma operiamo in una condizione molto complicata, sfruttiamo ogni possibilità».
Gi.Ca.
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