foto da Quotidiani locali
UDINE. Un contratto a termine (tempo determinato, somministrazione, intermittente, parasubordinato) per il 75% delle nuove assunzioni da gennaio a settembre in regione e un bivio davanti.
Scade infatti il 31 dicembre, salvo possibili proroghe dell’ultima ora, lo stop ai motivi rigidi imposti dal Dl Dignità per le proroghe. E molti lavoratori del Friuli Venezia Giulia sono nel limbo.
Prendono piede, intanto, le causali a misura d’azienda: alcuni contratti collettivi nazionali e d’impresa hanno iniziato a definire motivazioni ad hoc pur di poter proseguire nel rapporto a termine. Ma non per tutti i settori è così.
E quindi migliaia di operai, impiegati, commesse, edili e operatori del terziario, temono di essere lasciati a casa. A meno che il datore di lavoro non li assuma in modo definitivo, cioè a tempo indeterminato.
Le cifre
Le nuove assunzioni in Friuli Venezia Giulia nei primi 9 mesi del 2021 sono state 179.007, secondo le elaborazioni dell’Osservatorio regionale del mercato del lavoro su dati del sistema informativo lavoro Fvg.
Le attivazioni al netto delle cessazioni, cioè l’incremento della platea lavorativa, vede un saldo positivo pari a 20.690 persone, sempre tra gennaio e settembre 2021, con terziario (8.787 addetti in più) e manifattura (4.281 in più) che traiano la ripresa occupazionale.
Il totale dei lavoratori in regione, tra pubblici e privati, dipendenti e autonomi, ha superato il livello record del 2019, arrivando a quota 520 mila. Il focus sulle sole nuove assunzioni vede ben 89.932 contratti a tempo determinato (la metà esatta dei 179.007).
Ma a termine sono anche i contratti di somministrazione (30.098 sempre nello stesso periodo preso in esame), gli intermittenti (11.490) e i parasubordinati (11.154), che portano il totale dei contratti che hanno una data di scadenza a oltre il 75% del totale, in linea con le altre grandi regioni industriali del Nord.
Il Veneto, per esempio, ha creato l’86% di posti a termine, in Lombardia e Toscana attorno all’80%. I fortunati che hanno ottenuto un pezzo di carta firmato dal datore di lavoro senza scadenza sono stati appena 15.603, vale a dire l’8% del totale.
L’apprendistato ha riguardato circa 6 mila giovani e il tirocinio altri 3.276 addetti. Se consideriamo le attivazioni nette (sempre sottratte le cessazioni per qualsiasi motivo, quiescenza, fine contratto, licenziamento, ecc.) si può notare che i contratti a tempo indeterminato sono addirittura calati (-10.158), mentre sono cresciuti tutti gli altri, con la punta di 21.042 del tempo determinato.
Stop al regime agevolato
Tra pochi giorni, il 31 dicembre, si concluderà il regime agevolato per i contratti a termine: addio all’allentamento dei vincoli del decreto Dignità, che era entrato in vigore nell’aprile 2020 dopo la crisi sanitaria da Covid 19.
Dunque la possibilità di rinnovare o prorogare i contratti a termine dopo i primi 12 mesi senza indicare le causali, cioè le motivazioni inserite nel Dl Dignità, resta aperta per appena una decina di giorni.
Semprechè il governo non decida, con un provvedimento dell’ultimo momento, per un rinvio. In assenza di proroghe si tornerà dunque al regime ordinario, cioè rinnovi o proroghe solo con le causali previste dal Dl Dignità che fu introdotto dal primo governo Conte.
Ma c’è una via di fuga per non tornare ai paletti, piuttosto rigidi, della legge voluta dall’allora ministro del Lavoro Luigi Di Maio.
La contrattazione collettiva, come previsto dal decreto Sostegni bis (Dl 73 del 2021) del governo Draghi, può introdurre a livello nazionale, territoriale o aziendale delle clausole ad hoc, su misura dei singoli settori produttivi, che possono consentire il prolungamento dei vari contratti a termine.
Alcuni settori come cartai e cartotecnici, artigianato alimentazione, tessile e abbigliamento, pelletteria, lavanderie industriali e Dhl supply chain (logistica) hanno già introdotto le causali ad hoc. Che consentiranno di salvare centinaia di posti anche in regione. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA
