Come mai anche dopo quasi quarant’anni si ha tanta paura anche di descrivere la realtà e trovare il suo filo rosso, come se ricatti e pressioni fossero pienamente in corso?
Sul caso Orlandi le sorprese dopo 38 anni non sono mai mancate. Certo nessuno si sarebbe aspettato che si arrivasse addirittura ad uno scontro tra due magistrati. Da una parte Giancarlo Capaldo, ex procuratore reggente di Roma, determinato coordinatore dell’inchiesta sulla quindicenne cittadina vaticana scomparsa il 22 giugno 1983, e dall’altra il suo successore Giuseppe Pignatone, che archiviò nel 2015 il procedimento, per poi essere nominato alla guida del Tribunale Vaticano.
Al centro le nuove dichiarazioni, con immancabili polemiche, dell’ex magistrato sulla presunta trattativa tra la Segreteria di Stato del Vaticano e la Procura di Roma, avvenuta negli uffici della Procura nel 2012. Un tentativo mirato a cercare una via soft per uscire dall’imbarazzante questione della sepoltura del boss della Magliana Renatino De Pedis nella basilica di Sant’Apollinaire in cambio di possibili informazioni per ritrovare il corpo della povera Emanuela Orlandi. “Faremo il possibile” pare sia la frase pronunciata dai due emissari del Papa su un’ulteriore pesante questione fonte di continuo discredito per la Santa Sede. Questo mentre all’epoca c’era chi ventilò la possibilità che il corpo della ragazza si trovasse proprio a Sant’Apollinaire nella tomba di De Pedis.
Ricordiamo che Capaldo nelle sue serrate indagini sul caso Orlandi (che ha seguito dal 2009 al 2013) fu l’unico che riuscì a mettere sotto inchiesta una serie di soggetti tra cui, nel maggio 2012, anche il rettore della basilica di Sant’Apollinaire, il discusso Don Vergari. Quella basilica dove Emanuela studiava musica e presso la quale fu incredibilmente sepolto il De Pedis, grazie alla speciale intercessione del cardinale Poletti.
Non è un mistero che tra i due magistrati fossero sorti attriti proprio sulla questione archiviazione del caso, avvenuta nel 2015. Tuttavia non si era mai arrivato ad un livello tale di polemica. Al centro della questione la più volte ventilata trattativa avuta da Capaldo su richiesta di alcuni esponenti vaticani. Per Pignatone si trattò di un comportamento non regolare in quanto il magistrato non ha avvisato alcun collega, e tanto più il suo successore, su questo non secondario passo avvenuto pare proprio dentro la Procura di Roma. Ma riportiamo la testuale ed eloquente replica del presidente del Tribunale del Vaticano “Il dottor Capaldo non ha mai detto nulla, come invece avrebbe dovuto, delle sue asserite interlocuzioni con «emissari» del Vaticano alle colleghe titolari, insieme a lui, del procedimento. Nulla in proposito egli ha mai detto neanche a me, che pure, dopo avere assunto l’incarico di Procuratore della Repubblica (19 marzo 2012), gli avevo chiesto di essere informato dettagliatamente del «caso Orlandi».
Ora proprio su questa vicenda sono emersi importanti nuovi dettagli, senza che però si arrivasse finalmente a un vero disvelamento dei fatti. Ovvero che fossero rivelati i nomi dei protagonisti dell’incontro tra il Procuratore e due esponenti del Vaticano. In ogni caso Oltretevere è prevalsa, tra le fazioni come sempre in lotta (siamo negli ultimi mesi del pontificato di Ratzinger che si dimise il 28 febbraio 2013. ) una linea che ha portato a chiudere ogni minima apertura vaticana sul caso Orlandi. Insomma il silenzio e il tempo metteranno fine a questa vicenda, come ben sintetizzato dalla dichiarazione del cardinal Angelo Becciu del giugno 2017: “Abbiamo già dato tutti i chiarimenti che ci sono stati richiesti, però per noi è un caso chiuso. Ci dispiace noi non abbiamo niente da dire”.
A riaccendere, ce ne fosse bisogno, interrogativi e polemiche è il libro scritto dall’ex magistrato che tratta proprio la vicenda della Orlandi, anche se con nomi diversi. Titolo “La ragazza scomparsa”. Un romanzo con un’emblematica copertina con una giovane nuda. “Un modo per affrontare l’argomento in modo più libero” motiva così la sua scelta di comunicazione romanzata il neo scrittore. Un’affermazione alquanto insolita per un magistrato davvero in prima linea per l’impegno messo nella ricerca della verità su questo caso che si trascina dal 1983, con implicazioni che arrivano fino all’attentato al Papa Wojtyla del 1981 e agli scandali finanziari di Ior e Banco Ambrosiano. Insomma il cuore della finanza cattolica di quei tempi. Una scelta che, oltre alle reazioni di Pignatone (“non sono stato mai avvisato di nulla”) ha portato anche il legale della famiglia Orlandi a presentare istanza alla prima commissione del CSM affinché venga certificato se questi colloqui ci sono stati. Un discorso che è un attacco alla condotta dell’ex procuratore che, solo ora e con un romanzo a nove anni dai fatti, ha parlato dell’avvenuto incontro-trattativa, ventilato dai media e anche nel finale del film “La verità sta in cielo” di Roberto Faenza (2016).
Questo dopo che un’altra istanza era stata depositata in Vaticano a novembre 2021, sempre dall’avvocato Laura Sgrò, affinché venisse ascoltato l’ex magistrato Capaldo in merito alle sue dichiarazioni nel corso della presentazione del suo libro ed in particolare sulla disponibilità manifestata da alti funzionari dello Stato vaticano a trovare una soluzione per il ritrovamento del corpo di Emanuela. Insomma, oltre ai dettagli dell’incontro, la legale si domanda su che base queste persone potevano avere informazioni sui resti della ragazza.
Un passo legittimo ma alcuni stigmatizzano sul fatto che dal Vaticano possa arrivare una risposta. Tanto più dopo l’ennesima “presa in giro” sulla vicenda tombe teutoniche e dintorni che aveva alimentato nuove speranze in Pietro Orlandi. Un Pietro che ora manifesta di nuovo tutta la sua delusione : “Il Vaticano ci ha traditi”.
Tuttavia in prima istanza per Capaldo le premesse della trattativa non parvero negative: “La risposta dopo l‘incontro fu positiva e ci fu una disponibilità di poter arrivare ad un ritrovamento del corpo di Emanuela”, sottolineando come fosse in corso il papato Ratzinger. Ma Ratzinger era d’accordo? E la linea dura è forse legata all’avvento del pontificato di Bergoglio?
Ma le novità e le polemiche non si fermano qui.
Giancarlo Capaldo con il suo libro è stato al centro di una significativa intervista nel corso della trasmissione Atlantide del 12 dicembre 2021 su la 7.
L’ex procuratore scrittore non ha fatto i nomi dei soggetti presenti alla trattativa ma si è fatto in modo che emergessero nuovi dettagli senza che la sua figura venisse compromessa.
Insomma un modo soft, come quello proposta dagli emissari vaticani un tempo incontrati, che però sta scatenando forti reazioni e che punta il dito contro le responsabilità del Vaticano e del suo “lato oscuro”.
Un’impostazione che ha dato più che la sensazione che l’ottimo Andrea Purgatori si sia preso il compito di completare quanto il magistrato non intendeva esprimere in prima persona. Un Capaldo che appare a volte in difficoltà nel corso dell‘intervista. Ovvio che in contesti così delicati possano esserci accordi su quanto e come mandare in onda, ma entriamo nel merito. L’ex magistrato scrittore esordisce, prima che gli vengano poste le domande, affermando: “non posso rispondere sui nomi della trattativa, sui soggetti presenti e su un eventuale registrazione”.
Una reazione di apparente blocco che in realtà focalizza i punti chiave della trattativa oggetto dell’intervista. Ma entriamo nei dettagli.
– Purgatori domanda: “Chi erano presenti per il Vaticano? Erano due personaggi importanti del vaticano tra il 2012 e 2013 in Procura?”
– “Non posso dirlo” (Capaldo)
– Lei conosce queste due persone? (delle trattative).
“Se fossi convocato dalle autorità vaticane. Ma non do in pasto questi nomi, è scorretto per quanto è avvenuto. Sono cose che non posso dire” (Capaldo, con un certo imbarazzo).
Solleva qualche perplessità il commento di Purgatori che, sui due misteriosi interlocutori della Santa Sede, commenta: “sono persone ancora vive e magari hanno fatto carriera”, cui fa seguito un eloquente sorriso di Capaldo.
Poi emerge la presenza, in quella stanza della procura, di altre persone.
Un ennesimo punto in cui la domanda pare formulata per affermare un concetto che l’ex magistrato non può né affermare né negare ma che evidentemente intende rendere pubblico. Un ulteriore indiscutibile elemento della fotografia di quella trattativa, cui si aggiunge un ulteriore “domanda-affermazione” relativa alla presenza anche di un altro magistrato e di altri dipendenti del ministero della giustizia. Ulteriori dettagli fatti emergere senza che il magistrato si esponga.
Ed ecco le altre domande:
“Si è parlato magari anche del corpo di Emanuela?” “non posso dirlo”.
“Era presente un altro magistrato?” “non posso rispondere”.
“I colloqui erano magari registrati?” “E’ una possibilità astratta ma non posso rispondere”.
Infine sulla significativa questione dell’eventuale presenza di una registrazione dell’incontro è quanto mai improbabile che si tratti di una formidabile intuizione dell’intervistatore. Insomma pseudo intuizioni che divengono importanti dettagli non smentiti dal protagonista di quell’incontro che si svolse in Procura nel 2012.
Ricapitolando gli interlocutori vaticani erano due, l’incontro trattativa si svolse in Procura, erano presenti un altro magistrato e personale giudiziario e, cosa sconvolgente, potrebbe esserci anche una registrazione.
Tutto questo potrebbe essere un chiaro messaggio un chiaro siluro al vaticano pur avendo Capaldo avuto sempre toni rispettosi verso l’istituzione religiosa toccata da lati oscuri.
Una registrazione che se esiste si spera non abbia fatto la fine del flauto di Emanuela, (ritrovato su indicazioni del fotografo Marco Fassoni Accetti nel 2013, incredibilmente poi distrutto mentre era custodito negli archivi della Procura di Roma.
Per Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, “è importante fare quei nomi nelle sedi appropriate” e pare che l’ex magistrato abbia comunque pronta una nota dettagliata con tutti i riscontri riguardante la trattativa mai ufficializzata, insieme alla lista delle persone a vario titolo coinvolte, per le autorità competenti. Si parla di porporati, ma anche di militari (potrebbe trattarsi di elementi dei servizi?). Una trattativa che dalle indiscrezioni emergenti non sembrerebbe poi così riservata.
A tutto questo si aggiungono le iniziative dell’avvocatessa Laura Sgrò, che tutela la famiglia Orlandi, che, come detto, ha segnalato al CSM il comportamento dell’ex procuratore reggente di Roma.
Una trattativa che sfumò nel nulla. Forse ci si rese conto che, dopo lo scandalo del capo della Magliana sepolto nella basilica di Sant’Apollinaire, un ulteriore scandalo con il ritrovamento su indirizzo di fonti vaticane del corpo di Emanuela Orlandi, un querelle dai risvolti internazionali, avrebbe potuto avere contraccolpi pesanti sull’intera istituzione religiosa.
In fondo la tecnica del silenzio è stata portata avanti con successo ben rappresentata dalle parole del cardinale Angelo Becciu: “Ci dispiace ma sul caso Orlandi non abbiamo più niente da dire, il caso è chiuso”. Lo stesso cardinale che, pochi giorni fa, sulla questione trattativa ha affermato : “di quella vicenda non ne so assolutamente nulla. Le cose le ho lette sui giornali”. Insomma Angelo Becciu, che all’epoca della sparizione della Orlandi era sostituto alla segreteria di Stato, non concorda assolutamente con la versione di Capaldo.
La polemica continua e chi sa continua a tacere anche se, a quanto pare, esiste chi sa la verità e continua a tacere.
Ha colpito quell’affermazione di Capaldo in cui riferisce di una Emanuela sopravvissuto per un certo periodo, sposando alcune dichiarazioni di Sabrina Minardi, la compagna del De Pedis. Per poi fare cenno ad una “realtà nera” nel Vaticano. Tra possibili festini e complicità della Banda della Magliana. Un anima nera che non aiuta a fare chiarezza nel turbinio di depistaggi , scandali e ricatti finanziari.
Insomma di dichiarazioni in 38 anni ve ne sono state a centinaia da parte di una valanga di personaggi ma non pare casuale che l’ex procuratore dia rilevanza proprio a certe affermazioni di un’inquisita come la Minardi, legata a quel Renatino De Pedis, amico di Don Vergari (che lo definì un benefattore), che pare abbia avuto un ruolo centrale sia sul sequestro che sulla sparizione della ragazza che secondo alcuni non sarebbe in Turchia ma che in realtà non si sia mai allontanata dai gangli del Vaticano o meglio dalle sue zone oscure, come secondo una definizione dell’ex procuratore Giancarlo Capaldo.
In conclusione riportiamo tre rilievi critici, quanto mai significativi, sollevati sulla sua pagina “giornalismo investigativo” del 12 dicembre 2021, da Fabrizio Peronaci, secondo il quale da questa querelle non emerge alcuna novità in grado di far passi avanti all’agognata ricerca di verità e giustizia.
1) Per la prima volta si capovolge quanto sostenuto finora, affermando che l’incontro tra l’ex magistrato inquirente Giancarlo Capaldo e “le due persone” che proposero la “trattativa”per la riesumazione di De Pedis si tenne presso la Procura di Roma e non in territorio Vaticano. È evidente che si tratti di una verità di comodo, concordata, che “salva” Capaldo da legittime critiche per la sua condotta impropria.
2) E’ il conduttore a “dedurre” che le due “persone” incontrate da Capaldo siano “prelati”. Surreale. L’intervistato è lì, ma lo “scoop” lo fa il giornalista dicendo quello che l’intervistato ha paura di dire.
3) E’ sempre il conduttore a dedurre che “se il Vaticano ha offerto collaborazione per trovare il corpo di Emanuela, evidentemente sapeva dove fosse stata sepolta”. Come sopra. Surreale. L’intervistato è lì, ma lo “scoop” lo fa il giornalista dicendo quello che l’intervistato quasi certamente non sa, o forse ha paura di dire.
Dottor Capaldo, le due “persone” da lei incontrate dissero di sapere dove è il corpo della ragazza? Bastava una domanda diretta e, in caso di mancata risposta, chiuderla lì, prendendo atto che di novità non ce ne sono.
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