La donna è accusata di atti persecutori, riconosciuto il risarcimento simbolico di 500 euro
UDINE. Certi giorni le telefonate partivano all’alba. O erano scandite da una sventagliata di messaggi. Quando non arrivavano le interminabili scampanellate alla porta di casa nel cuore della notte. Le accuse contestate dalla Procura a una 48enne residente a Udine per presunti atti persecutori nei confronti dell’ex compagno e padre di suo figlio, di qualche anno più giovane, sono finite in un fascicolo nel quale la vittima di stalking è tutta al maschile. La donna, cui era contestata anche la violazione del divieto di avvicinamento, è stata condannata in primo grado a 10 mesi di reclusione, con sospensione condizionale della pena, e al pagamento di un risarcimento pari a 500 euro.
Una cifra simbolica, chiesta dall’avvocato di parte civile Paola Palma per mettere il punto a una storia d’amore naufragata fra insulti, sfuriate in pubblico e appostamenti che avevano ridotto l’uomo in uno stato di ansia e di paura.
A ripercorrere in aula le tappe di quel difficile percorso a due è stato il pm Luca Spinazzè, fissando i puntelli di un impianto accusatorio che lo hanno indotto a chiedere al giudice Paolo Lauteri la condanna dell’imputata a 9 mesi di reclusione. La relazione sentimentale dalla quale era nato un bambino, era iniziata nel 2008 e, dopo qualche anno di convivenza, si era interrotta verso la fine del 2014. Ma il deterioramento dei rapporti era intervenuto quando nella vita dell’uomo era entrata una nuova compagna. È a quel punto che sugli accordi economici per spese e mantenimenti si sono innestate tensioni crescenti, sfociate in gesti di rilevanza penale. A partire dalla raffica di telefonate e sms ai danni dell’ex compagno. L’uomo ha inoltre denunciato di essere stato strattonato e afferrato per i capelli dall’imputata, appostata sotto casa e di aver dovuto abbandonare il teatro nel quale si stava svolgendo la recita scolastica del figlio, dopo che la donna aveva sferrato una serie di calci alla poltrona sulla quale era seduto. Episodi segnalati alla Procura insieme agli insulti, a presunte aggressioni verbali e fisiche in un locale pubblico e alle lunghe scampanellate notturne. Circostanze sempre negate dalla difesa.
Quella situazione non si era interrotta malgrado la misura cautelare emessa dal gip nell’agosto 2018 e il divieto di avvicinamento alla persona offesa, poiché le telefonate erano proseguite. Accuse in relazione alle quali il difensore della donna, l’avvocato Andrea Sandra che ha preannunciato l’impugnazione della sentenza, ha chiesto l’assoluzione della sua assistita. Mancavano le condizioni – ha osservato – per sostenere un’accusa di atti persecutori nei confronti della donna sulla base delle sole dichiarazioni della parte offesa e della sua nuova compagna e in assenza di riscontri oggettivi.
La difesa ha ricondotto gli episodi nell’alveo dei dissidi, specie per questioni economiche, sorti in una coppia che si era separata e acuiti dal subentro di una terza persona, rappresentando la difficile applicazione della misura cautelare da parte di entrambi i genitori, che avevano la necessità di comunicare anche per questioni pratiche. Non è bastato ad evitare alla donna una condanna in primo grado.