TRIESTE. È finita nel peggiore dei modi: manifestanti che assediano piazza Unità tentando di sfondare il cordone di polizia, carabinieri e finanza schierato davanti alla piazza. Agenti e militari che dopo due ore di tentativi di mediazione, a un certo punto caricano. Un poliziotto della Digos picchiato. Violenze sui giornalisti.
Sono dieci i fermati e altri quaranta gli identificati a tarda sera, ma le indagini continuano. Perché quello che doveva essere un corteo pacifico si è poi trasformato in ben altro. Ed è l’ennesimo qui a Trieste, ormai città “simbolo” della rivolta contro la certificazione sanitaria introdotta dal governo per arginare i contagi. Che avanzano, esponenzialmente, proprio a causa dei cortei delle scorse settimane.
Sabato 6 novembre i No Green pass si sono assiepati in piazza Libertà. Stavolta la protesta era accompagnata dalle prescrizioni della Questura: distanziamento, mascherina e “steward” in pettorina incaricati a controllare che le indicazioni fossero rispettate. Regole necessarie proprio per evitare altri focolai di infezioni.
Ma cosa è stato ascoltato di tutto ciò? Poco niente. A inizio corteo gli organizzatori hanno sollecitato i presenti a indossare la mascherina e a stare distanziati. Ma molti hanno fatto spallucce, rimanendo senza protezioni per tutto il tempo. E non c’è stato nessun controllo da parte degli “steward” in pettorina gialla. La gente si è assembrata, tanti senza coprirsi mai naso e bocca. Le prescrizioni della Questura sono dunque state perlopiù ignorate. Fioccheranno denunce, indubbiamente: perché quelle regole erano contenute in un’ordinanza del sindaco Dipiazza.
Gli slogan che si sono sentiti ieri sono i soliti di un campionario ormai noto: i «vaffa» al premier Draghi, le accuse a governo e Regione di «dittatura sanitaria». I mezzi di informazione bollati come «servi del potere». E queste sono le parole più morbide, perché il resto che si è sentito è irripetibile in un articolo di giornale. Segno che – da parte di alcuni (una minoranza?) – non c’è ragionamento. Non c’è pensiero. Ma solo violenza. Verbale e fisica.
C’erano vaccinati e i non vaccinati, come si è già visto le volte scorse, con le più disparate categorie professionali. Molti con famiglie e bimbi al seguito.
Piazza Libertà si è riempita rapidamente di migliaia di persone: 8 mila, stando alle stime della Questura, il numero raggiunto a metà pomeriggio.
Il corteo è avanzato con molto ordine, e tutto sommato tranquillamente, lungo tutte le Rive. I manifestanti si sono fermati solo davanti a piazza Tommaseo, accanto alla chiesa Greco ortodossa, dove le forze dell’ordine stavano presidiando la barriera alzata per vietare l’accesso a piazza Unità, interdetta su decisione della Prefettura. Non sono mancati gli insulti ai militari e agli agenti, rimasti impassibili.
La folla ha poi imboccato via Mazzini, prendendo di mira – ancora una volta – la sede del quotidiano Il Piccolo.
Fino a quel momento nulla lasciava presagire ciò che sarebbe accaduto di lì a poco. Il serpentone di persone ha proseguito fino a piazza Goldoni, poi in via Carducci – con tanto di applausi alle vecchiette di una casa di riposo che si sono affacciate come segno di incoraggiamento – e poi si è fermato in piazza Oberdan inscenando comizi, balletti e quant’altro.
Ma uno degli organizzatori dei No Green pass ha aizzato la folla, con tanto di megafono, sollecitando i manifestanti a raggiungere piazza Unità. «Noi finiremo qui – le sue parole – se qualcuno vuole spostare la protesta in piazza Unità è libero di farlo».
È stata la miccia. Seicento persone hanno raggiunto rapidamente piazza Unità tentando di sfondare le barriere e il muro di poliziotti e militari. Per farlo hanno mandato avanti alcune ragazze, molto giovani, in modo da scoraggiare le forze dell’ordine a rispondere. La folla ha continuato a premere. Sono partite alcune manganellate. I tentativi di mediazione non sono serviti a niente. I manifestanti non mollavano. Dopo due ore di stallo i carabinieri hanno occupato piazza della Borsa e gli altri agenti hanno iniziato ad avanzare lentamente. Ma i manifestanti hanno fatto resistenza. C’è stata una carica. E poi un’altra ancora tra i tavolini dei bar.
Il primo bilancio è di dieci fermi e cinquanta identificati, alcuni sul posto e altri con il supporto delle telecamere. Ci sono molte immagini. La Digos non ci metterà molto per arrivare a tutti.
