TRIESTE All’inizio fu Hermann Ernst Fernando Hausbrandt, originario di Danzica, nato nel 1863, il capostipite di una ramificata famiglia di commercianti: i proto-caffettieri di Trieste. Dopo di lui venne suo figlio Ermanno Hausbrandt senior, nato a Trieste, che gli subentrò nell’attività di famiglia. Ne facciamo memoria in quanto nei giorni scorsi è mancato l’erede dell’omonima azienda, del celebre marchio legato alla città, Ermanno Hausbrandt jr, il nipote del capostipite. E si è chiuso così un capitolo di storia della Mitteleuropa.
Nel settore del caffè torrefatto, l’attività Hausbrandt iniziò dopo il 1861 quando il capostipite giunse a Trieste, come riporta l’Almanacco triestino di quell’anno, imbarcato nelle navi mercantili del Lloyd Triestino, come capo macchinista. Alcuni anni dopo, nel 1892, fondò a Trieste la propria ditta, la prima nel suo genere, impegnata nella torrefazione dei chicchi crudi, a ragione chiamata Prima Tostatura Triestina, pur se analoga esperienza era già stata avviata da altri soggetti, ma con scarsi risultati. Lui, invece, aveva utilizzato un sistema brevettato: il Grevenbroich, innovativo per tutto l’Impero. Allora il magazzino era ubicato in via Machiavelli. All’inizio non fu facile, ma da lì a poco si allargò l’attività. Trieste offriva illimitate possibilità commerciali, con rappresentanze per le più disparate merci. Difficile però far modificare alle massaie il sistema di trasformazione dei chicchi da verdi a cotti, in quanto ognuna lo faceva da sé. Allora la ditta passò alla vendita diretta con l’apertura di un punto vendita in piazza Ponterosso. Poi venne la Grande guerra che tutto rullò.
Fu proprio Ermanno Hausbrandt jr a riprendere in mano le sorti aziendali affiancando il padre. Dagli anni ’60 sino alla fine degli anni ’80, traghettò la storica impresa artigianale di famiglia in una nuova dimensione industriale. Il boom avvenne con il trasferimento dell’attività nello stabilimento di Sgonico: ben 12 mila metri quadrati. Il titolare aveva messo a punto una nuova linea di confezionamento e di imballaggi sottovuoto che permettevano la miglior conservazione del prodotto. Alla clientela più fedele, ereditata dal genitore, e a quella nuova da lui sviluppata proponeva una rinnovata immagine, più attuale: dai vecchietti al nuovo logo della caffettiera bicolore con il motto “che piacere un buon caffè”, disegnata dall’architetto Biban.
I punti vendita gestiti direttamente erano un vero fiore all’occhiello per l’intera area. Qui, il profumo di buon caffè appena “brustolà” aleggiava nell’aria. Da piazza Goldoni a via Roma, così come nei fori di Udine, Gorizia e Padova, l’avventore poteva sia consumare la bevanda sul posto che acquistare il quantitativo per uso domestico con la grammatura necessaria alle diverse tipologie di utilizzo. In quel periodo, la H. Hausbrandt SpA, tramandata da padre in figlio, era divenuta un vero e proprio gioiello industriale, coniato proprio da Ermanno Hausbrandt jr, che lo mantenne tale fino al 1988. Il merito di simile successo è sempre stato doverosamente riconosciuto al bisnonno, il fondatore, uomo dotato di spiccato carisma, acuta intelligenza e senso degli affari. Lo stesso E. H. senior, nel 1932, assieme a Francesco Illy, realizzò la società Illy e Hausbrandt, separatisi successivamente. .
Ma Ermanno jr. seppe portare la gestione alla terza generazione, rinnovandola, rilanciandola ancora. La tragica e prematura scomparsa della moglie Nadia Rossaldi e altri problemi personali lo indussero a cedere la propria azienda, nel dicembre 1988, all’industriale trevigiano Martino Zanetti.
La decisione, tanto repentina, quanto dolorosa, fu subìta dall’intera famiglia, che ne rimase amareggiata, ma Ermanno Hausbrandt jr aveva capito di aver raggiunto il proprio traguardo imprenditoriale, passando così il testimone a terzi, pur avendo lì investito i propri sogni, le proprie fatiche.
Hausbrandt jr lascia i figli Rosanna, Cristina e Alessandro, fieri del suo grande impegno e dell’impronta da lui lasciata.—
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