Una strana partita…
Da quanto tempo giocavano? Non si ricordava nemmeno come era cominciato. Solo una vaga reminescenza. All’improvviso era scoppiato un temporale, un lampo accecante, la finestra aperta dal vento che fischiava. E l’apparizione dell’uomo, o meglio della figura. Non l’aveva sentita bussare alla porta, non gli sembrava di avere aperto. Si era come materializzata, si era seduta davanti alla scacchiera che teneva sempre sul tavolo da gioco pronta con tutti i pezzi. Aveva scelto il nero ed era cominciata quella strana partita con uno sconosciuto tutto imbacuccato in un mantello scuro. Non gli sembrava nemmeno che muovesse i pezzi che avevano, come dire, quasi un’anima propria e si spostavano da soli. Almeno così gli pareva. Da qualche tempo la testa aveva cominciato a fare cilecca e non era poi così sicuro di quello che vedeva. Gli altri giocatori del circolo di scacchi se ne approfittavano, per vendicarsi delle loro passate sconfitte. Li ricordava tutti ad uno ad uno…battaglie, scontri, prese in giro, risate…c’era…c’era…i nomi però gli sfuggivano anche se ricordava le loro facce, i loro gesti, il modo di muovere i pezzi, i sorriseti smarriti e quelli beffardi, lo stringere delle mani, ora forti e sicure, ora esili e tremebonde e risentiva le loro voci e quelle dei commentatori del circolo…ma bravo, che bella pensata, ora sì che viene il bello, mossa alla Capablanca eh…
La testa, già la testa. Anche questa volta incominciava a fargli male, un dolore continuo, martellante dentro l’occhio destro che si irradiava sull’intera fronte. Sempre più forte. Infiammazione del nervo ottico, aveva diagnosticato il dottore, sorridendo. Niente di preoccupante. Per lui, per quel piccoletto borioso che saltellava come un merlo. Ma non per la sua testa e la sua vista che gli si annebbiava. Maledetti medici che non ci capivano nulla!
La partita era agli sgoccioli. Aveva lottato con tutte le sue forze per arginare l’attacco dei pezzi nemici, ma ora il suo Re era rimasto solo, accerchiato dalle Torri e dalla Regina nera. Il freddo, faceva sempre più freddo…forse il vento che entrava dalla finestra…eppure era estate…si scosse con un leggero fremito delle labbra in una smorfia dolorosa. Quanto aveva amato la vita! Ragazze tante che si annebbiavano però nel ricordo, un volto, un sorriso, il timbro di una voce, il senso morbido delle labbra, il calore dei corpi…ma non era riuscito a completare un rapporto concreto con il formarsi di una famiglia…le amicizie poi…destino era che rimanesse solo in una casa fredda e vuota…il freddo…troppo freddo…
Ed ora era lì solo, appunto, come il suo Re. Fece un ultimo disperato tentativo per salvarlo. Invano. Prima di prendere matto rivolse gli occhi verso l’ombra scura. “Ma tu chi sei?”, chiese con un pallido filo di voce.
La nera figura alzò il cappuccio, rivelando un teschio lucente.
P.S. Il racconto bonsai è stato pubblicato nell’antologia “Riso nero” di A.A,V.V. a cura di Graziano Braschi e Mauro Smocovich, Delosbooks 2010, e ora ho voluto farlo conoscere anche a voi.