Per fare 330 chilometri in alta montagna, coprendo un dislivello complessivo di 24mila metri, si possono impiegare diverse settimane. Chi completa il Tor des Géants ci mette nel migliore dei casi - come il vincitore di questa edizione, Franco Collé - 66 ore e 43 minuti; nel peggiore, un massimo di 6 giorni. Un'impresa epica che necessita di una preparazione capillare e di una notevole tenuta mentale: i partecipanti camminano o corrono ininterrottamente, spesso in solitudine e affrontando eventi atmosferici avversi, per giorni. L'edizione del 2021 si è appena conclusa registrando il numero di partecipanti record di 820 atleti e sancendo una volta per tutte il fatto che il trail running in Italia non sia più un fenomeno di nicchia

Nato in Val d'Aosta nel 2009 da un gruppo di amici, il Tor des Géants in un primo momento sembrava una gara infattibile, una follia. Gli altri esempi erano l'Ultra Trail du Mont-Blanc, in Francia (171 chilometri) e il Gran Trail di Val d'Ignes (100 chilometri), unica gara su territorio italiano. Lanciare una gara di più del doppio di quelle standard esistenti aveva il sapore di una sfida sì epica, ma anche infattibile. Da alcuni test condotti infatti è risultato che il corpo umano sia “progettato” per resistere 180 chilometri, ma non oltre. Superato questo limite le gambe esplodono, i piedi si riempiono di vesciche, le articolazioni gemono ed è solo la testa a consentire di andare avanti. 

Col Malatra al sesto giorno di gara - Foto Pierre
Col Malatra al sesto giorno di gara - Foto Pierre
Pierre Lucianaz
Foto Stefano Jeantet
Foto Stefano Jeantet
JEANTET STEFANO

Tor in dialetto valdostano patois significa tour, mentre i giganti sono le quattro vette toccate dal percorso: Monte Bianco, Grand Paradiso, Monte Rosa e Cervino: un nome epico per un'impresa che, da qualunque angolazione la si guardi, ha dell'incredibile. Chi completa la gara in 6 giorni, come fa la maggior parte dei partecipanti, copre un dislivello di quasi 4000 metri al giorno. Ma i primi - quei circa cinquanta atleti che corrono per vincere, e che arrivano al traguardo mediamente in 100 e rotte ore - ne coprono ben 8000 al giorno. Sarebbe a dire come salire sull'Everest in poche ore partendo dal livello del mare. 

Se quasi mille persone sono disposte a cimentarsi in una competizione simile una ragione ci sarà. Questo sta ad indicare che, con il dovuto allenamento e una preparazione meticolosa (tutto il tracciato si trova in alta montagna) una simile impresa è ipotizzabile anche per i comuni mortali. Sì perché al di là dei grandi atleti, come Collé o i vincitori delle altre gare in programma (ora ci arriviamo), la stragrande maggioranza di quelli che iscrivono al Tor è composta da persone normalissime con la passione per la montagna, tante proprio valdostane. Nella regione c'è un'alta percentuale di popolazione che vive di pastorizia ed è abituata alla vita, durissima, in alpeggio, fatta di sveglie all'alba e chilometri percorsi dietro al bestiame. Vedere arrivare questi partecipanti al traguardo, alcuni stravolti, altri incredibilmente freschi e composti, è qualcosa che travolge perché ci si sente partecipi di qualcosa di unico, dello sforzo e della determinazione di chi ha deciso di intraprendere una sfida prima di tutto con se stesso

Rifugio Deffeyes - Foto Roberto Roux
Rifugio Deffeyes - Foto Roberto Roux
Col fenètre - Foto Stefano Jeantet
Col fenètre - Foto Stefano Jeantet
JEANTET STEFANO

Durante l'ultimo Tor de Geants ho avuto l'opportunità, come giornalista, di trascorrere una giornata insieme ai volontari nelle basi vita, punti sul percorso che oltre ad essere tappe obbligatorie per la validità della gara costituiscono per i partecipanti soste dove potersi riposare, bere o mangiare. Una delle ultime basi, per l'esattezza, e le reazioni dei partecipanti, così vicini al traguardo eppure così stremati, sono state le più varie. C'è chi si ferma solo pochi istanti, giusto il tempo di farsi rilevare la posizione per la validità della gara, e chi invece, non correndo per la vittoria ma solo per il gusto di completare un'impresa del genere, ha negli occhi felicità e determinazione che non vede l'ora di condividere con chi incontra sul percorso. In fondo per molti questa gara è fattibile, ma non bisogna dimenticare che la privazione di sonno e le condizioni, che in montagna rischiano anche di essere estreme, possono portare anche a situazioni in cui è facile perdere la testa, smarrire l'orientamento, andare in blackout totale. 

Volontari al Rifugio Deffeyes - Foto Roberto Roux
Volontari al Rifugio Deffeyes - Foto Roberto Roux
Col de la Crosatie - Foto Pierre Lucianaz
Col de la Crosatie - Foto Pierre Lucianaz
Pierre Lucianaz

Per questo in tanti tagliano il traguardo in coppia, condividendo gioie e dolori del Tor. In coppia sono arrivati non solo “comuni mortali”, ma anche due super campioni, i vincitori del Tor des Glaciers Luca Papi e Jules Henri Gabiod. Questa competizione, nata nel 2019 per celebrare il decennale del Tor des Géants, è una gara più esclusiva (può parteciparvi solo chi abbia completato il Tor des Géants in meno di 150 ore) e ancora più dura: stiamo parlando di 450 chilometri e 32000 metri di dislivello. Un impegno, questo, riservato ad atleti e trail runner esperti, come Papi e Gabiod, che hanno tagliato il traguardo solo dopo 5 giorni e 18 ore di gara e che certamente non sono nuovi a questo tipo di attività. Papi il Tor des Glaciers lo aveva già vinto alla prima edizione, nel 2009, mentre Gabiod aveva tagliato per primo il traguardo del Tor des Géants nel 2011. 

Jules Henri Gabiod e Luca Papi al traguardo del Tor des Glaciers - Foto Roberto Roux
Jules Henri Gabiod e Luca Papi al traguardo del Tor des Glaciers - Foto Roberto Roux
Luca Papi e Jules Henri Gabiod durante una tappa del Tor des Glaciers - foto Troise_Carmine_Washi
Luca Papi e Jules Henri Gabiod durante una tappa del Tor des Glaciers - foto Troise_Carmine_Washi
IN PUNTA DI PIEDI DI TROISE CARMINE WASHI

Le altre gare corollario di quella principale sono le due “facili”: Tot dret, ovvero quasi la metà del percorso, 130 chilometri, e il Malatra, dal nome del colle su cui passa: appena 30 chilometri e 2300 metri di dislivello da completare però in 8 ore. Numeri e gare che sostanzialmente ci dicono una cosa: la montagna in Italia è sempre più rilevante, così come gli sport e le attività ad essa connessi. Basti pensare che chi ha dato vita a tutto questo, i Courmayeur trailers, erano in origine un gruppo di amici che organizzava gare a livello amatoriale: adesso la manifestazione conta main sponsor del calibro di Eolo (società di Varese nata con un proposito semplice quanto ambizioso, portare la connessione  Internet anche nei posti più remoti. Non a caso il payoff del marchio è proprio Internet dove altri non arrivano, come i concorrenti del Tor, arrivano dove arrivano in pochi, ma con passione e dedizione).

Col Loson - Foto Stefano Jeantet
Col Loson - Foto Stefano Jeantet
JEANTET STEFANO
Col Entrelor - Foto Pierre Lucianaz
Col Entrelor - Foto Pierre Lucianaz
Pierre Lucianaz

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