MANTOVA. Protagonista della terza puntata di Decadi, la trasmissione radiofonica di Festivaletteratura 2021, doveva essere Caparezza. Si parlava degli anni ’90, epoca nella quale Michele Salvemini - in arte Caparezza - muoveva i primi passi nel mondo della musica. Con lo pseudonimo di Mikimix, il cantante-rapper parte all’avventura e, nella puntata, racconta le sue ansie, paure e, soprattutto, le influenze musicali che lo hanno caratterizzato. Quello che doveva, però, essere il cuore della trasmissione passa in secondo piano perché a rubargli la scena è la storia del sindaco di Bari Enrico Dalfino, primo cittadino in quel fatidico 8 agosto 1991, il giorno in cui, sulla banchina del porto arrivò il mercantile Vlora con il suo carico di 20mila albanesi in fuga dal loro Paese.
Dalfino, ricorda Valerio Millefoglie - conduttore della puntata capace di confezionare una trasmissione a forte intensità emotiva - davanti a questa catastrofe umana pronunciò la famosa frase “Sono persone”.
Quell’inciso scatenò le ire dell’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga che ne chiese le dimissioni, ricorda Millefoglie, apostrofandolo con insulti. “Questa vicenda ha segnato la mia famiglia - ricorda il figlio Giuseppe - e ora, dopo 30 anni, con l’inaugurazione della piazza e banchina “Sono persone” chiude un ciclo”.
La puntata, dedicata appunto all’anno 1991, abbandona le passioni musicali di Caparezza, il successo allo Strega di Volpini e la copertina, che fece storia, di Jurassic Park di Michael Crichton, che in Italia uscì nel 1991, pensata dal grafico Chip Kidd, per concentrarsi sul racconto delle celebrazioni per i 30 anni di quel grande esodo. E se il ricordo di Dalfino, grazie anche alle parole del figlio Giuseppe, è un pugno nello stomaco in un’Italia a bassissima soglia di tolleranza, ancora più toccante è la voce di una donna, una di quelle 20mila persone, che racconta la storia dei suoi bottoni.
“Ho una scatolina, sempre con me, con dentro dei bottoni. Sono quelli della mia gonna preferita con cui mi imbarcai in quella traversata della speranza che fu, anche, un viaggio sudicio. Non avevo da cambiarmi. In Italia ci diedero dei vestiti, ma a me, della mia vita precedente, restava solo quella gonna alla quale ero molto affezionata. La dovetti gettare per fuggire dallo stadio dove ci avevano ammassato. Non volevo. Era la mia gonna. Allora, d’impulso, strappai i bottoni colorati e li misi in tasca. Poi fuggii… Oggi li conservo ancora, in una scatola, e ogni 8 agosto li guardo. Sono ciò che fa da collegamento fra quello che ero e quello che sono oggi”. Potenza della parola, potenza del racconto. Potenza della radio. Una trasmissione davvero ben fatta. (Il tutto si può riascoltare nella sezione podcast).