LIGNANO. «Si metta nei miei panni: vedi tua figlia che tra un singhiozzo e l’altro ti racconta di essere stata violentata. Che fai? Io ho deciso d’impeto: sono corso a cercare i suoi aggressori». Voleva vederli in faccia e regolare i conti a modo suo, guidato dall’amore per lei e dalla rabbia verso di loro, il papà della ragazzina, una neodiplomata friulana di 18 anni, che martedì pomeriggio ha raccontato di essere stata stuprata in un appartamento di Lignano Sabbiadoro da cinque ragazzi. Sono indagati per l’ipotesi di reato di violenza sessuale di gruppo. Ma gli accertamenti della Squadra mobile sono ancora in pieno svolgimento, in cerca di riscontri alla ricostruzione della giovane.
Ci dica prima di tutto di sua figlia: come sta oggi?
«Piano piano sta assimilando quello che è successo. Ora, per riprendersi, avrà bisogno di un supporto psicologico. Queste sono cose che vorresti non capitassero mai, tanto meno a te».
E invece...
«Sono anni che veniamo in ferie qua e che i ragazzi si incontrano in spiaggia: giocano a pallavolo, si mangiano un gelato e tutte le altre cose che fanno parte della normalità. Finché, magari ingenuamente, finiscono per ritrovarsi nei guai».
Vostra figlia li ha seguiti a casa. L’avete vista allontanarsi?
«Con mia moglie eravamo sotto l’ombrellone. Ci ha raccontato dopo com’è andata. Ha incontrato uno che conosceva già, hanno passeggiato per un po’ insieme ad altre amiche e poi è salita nel suo appartamento».
E lì cos’è successo? Stando ai verbali di polizia, è entrata in casa con tre amici e poi ne sono arrivati altri due.
«Con noi, che siamo i suoi genitori, non è stata esplicita. Prova riguardo. Ci ha detto che ha pianto, ma che non le hanno dato retta e hanno continuato. Vai lì con una persona che conosci e poi ne vedi spuntare un altro e un altro ancora. È andata in panico».
Com’è riuscita a scappare da quell’appartamento?
«Sappiamo solo che a un certo punto se n’è andata, si è confidata con un amico bagnino e lui l’ha aiutata a trovare il coraggio di dirlo a noi. E così, la verità è venuta fuori».
E lei non ci ha visto più…
«Stavamo rientrando dalla spiaggia, avevo ancora indosso il costume e le infradito ai piedi. E non avevo con me il telefonino. Avrei voluto chiamare le forze dell’ordine, ma dopo un paio di minuti di incertezza, ho chiesto a mia figlia di accompagnarmi direttamente all’appartamento».
Sperava di trovarli ancora là e di farsi giustizia da sé?
«Non è stata una spedizione punitiva: volevo soltanto vederli in faccia e chiedere loro cosa fosse successo».
E ci è riuscito?
«No, perché quando ho aperto a spallate la porta, dopo avere suonato e bussato invano, si sono chiusi nel bagno. Piagnucolavano, supplicandomi di andare via e minacciandomi di chiamare la polizia e ho capito di trovarmi di fronte a persone insignificanti. Ho lasciato stare, come mi consigliavano i condomini che nel frattempo si erano raccolti sul pianerottolo».
Così, ha aspettato l’arrivo degli agenti. Conosceva quei ragazzi?
«Mai visti prima. Mia figlia ne conosceva uno. Ma non è vero che avesse già subito abusi da lui in passato, come qualcuno sostiene. Non è questo che ha riferito alla polizia».
Tutti e cinque hanno ammesso informalmente di avere avuto rapporti sessuali con vostra figlia e si sono difesi dicendo di averli giudicati consenzienti.
«Questa è una storia più brutta di quel che pensavo. A mia figlia e a tutte le ragazze dico di stare attente e non dare fiducia a nessuno, perché il lupo cattivo è sempre dietro l’angolo. Viviamo in un mondo in cui non c’è rispetto per l’altro. I ragazzi non danno più valore a certe cose e come uomo mi si rivolta lo stomaco a sentire i testi di certe canzoni».
Cosa si aspetta ora per quei ragazzi?
«Francamente, non lo so. Vorrei che capissero il male che hanno fatto. Nemmeno le bestie si comportano così».