Il divano di casa diventerà la tribuna virtuale del Tokyo Aquatics Centre. Mamma Ibolya Nagy e papà Dario Mosena sono già pronti con la bandiera italiana in mano a tifare per Noemi Batki. L’appuntamento è per domani alle 8, perché la piattaforma 10 metri femminile deve emettere i primi verdetti. C’è il turno preliminare, con cui va effettuata la prima scrematura verso le semifinali di giovedì.
La bellunese d’adozione intende giocarsi ecco le proprie chance in quella che è la quarta Olimpiade della carriera, dopo Pechino 2008, Londra 2012 e Rio 2016. A pochi mesi dal 34esimo compleanno, in Giappone prenderà parte alla sua ultima competizione a Cinque Cerchi. Inevitabile e comprensibile il desiderio di dare il massimo, e intanto da Trieste si alzerà un tifo incessante per l’atleta tesserata con Esercito e Triestina Nuoto. Ma anche a Belluno saranno in molti a seguire la gara.
Avete sentito Noemi in questi giorni?
Ibolya Nagy. «Certo. Sono davvero contenta in quanto si sta godendo al massimo l’esperienza olimpica. Certe sfumature e sensazioni rischi di non riuscire a coglierle alla prima partecipazione, mentre invece le fai tue man mano. Tra l’altro è un traguardo notevole esserci a quattro edizioni consecutive. Dall’altra parte, un po’ di tensione non manca, in quanto dietro un percorso di avvicinamento ai Giochi si celano sacrifici, capacità di lasciarsi alle spalle le critiche e quant’altro. Lei non voleva che il suo ultimo ricordo dell’Olimpiade fosse Rio 2016».
In un’intervista in primavera, a proposito dell’esperienza in Brasile 5 anni fa, Noemi la definì la “gara più umiliante della sua vita”. Anche se a dirla tutta il 28° piazzamento finale venne condizionato da un infortunio.
Dario Mosena. «Quel risultato è stato lo stimolo a lavorare il doppio. Anche perché occorreva ed occorre fare i conti con l’età. L’esperienza conta, ma bisogna avere un ottimo allenamento fisico per competere con avversarie più giovani. Però se hai le motivazioni giuste, nulla ti è precluso. Tra l’altro il nuovo avvitamento provato in gara per la prima volta un mese fa l’ha messa nelle condizioni di esprimersi al meglio. Aveva necessità di nuovi stimoli ed ora anche gli altri tuffi le vengono al meglio».
La semifinale è l’obiettivo massimo e poi tutto quello che viene da lì in avanti è in più, oppure è realistico guardare alla finale?
Ibolya Nagy. «Adesso occorre pensare al superamento del turno preliminare di domani, chiaro. Resto però convinta che sia giusto focalizzarsi oltre. Credo le due tuffatrici cinesi e l’australiana Wu siano le favorite per salire sui tre gradini del podio, ma dietro di loro può aprirsi una bella bagarre».
In chiusura, lasciamo da parte il contesto Olimpiadi e focalizziamoci su Belluno. Il merito vostro fu quello di dare slancio al movimento dei tuffi alla piscina di Lambioi.
Ibolya e Dario. «Ci siamo conosciuti a Belluno nel 1988 e nel 1989 abbiamo fondato l’Acqua Project con l’allora presidente Antonio Fiabane. Poi siamo passati al Nuoto Belluno. Abbiamo bellissimi ricordi, peccato non aver trovato l’accordo nel 2005 per riuscire a seguire Noemi nel modo migliore restando lì. Allora non ci siamo sentiti appoggiati, così venne presa la decisione di spostarci a Trieste. Ma ci lega un bellissimo rapporto alla città, a breve torneremo per fare qualche giorno di vacanza