FAGAGNA. Per lei, che aveva donato tre figli alla Patria, non ci fu una missione ordinata dal capo di Stato maggiore dell’esercito, come quella narrata da Steven Spielberg nel film “Salvate il soldato Ryan”.
Le fu concessa solo una medaglia di gratitudine dal ministro della guerra. Poi, il nome di Teresa Italia Ziraldo è stato inghiottito dall’oblio.
Non per i fagagnesi, che si tramandano l’eco di quella storia da un secolo. Non per la sua progenie, che ancora cerca le spoglie di uno di quei ragazzi morti al fronte.
Tanto meno per i parenti, che ricordano quella donna umile e laboriosa, cui le compaesane cucirono gli “stafets” per consentirle di accompagnare a Roma il treno del Milite ignoto.
Partì alle 8 del mattino del 29 ottobre 1921 dalla stazione ferroviaria di Aquileia il convoglio che entrò nella storia d’Italia.
Ci mise cinque giorni a portare quella salma a Roma, dove fu tumulata all’interno del Vittoriano il 4 novembre.
Un viaggio attraverso cinque regioni e 120 stazioni, che sfilò davanti a centinaia di migliaia di persone, assiepate lungo i binari per rendere omaggio a questo corpo senza nome.
Lei, “madre coraggio”, in quell’ultimo triste percorso, pianse tutte le sue lacrime.
Era stata scelta per indicare la bara del Milite ignoto, ma era un’umile contadina la cui esperienza non si era mai affacciata oltre le colline fagagnesi.
E allora le preferirono la triestina Maria Bergamas, una figura borghese, forse più adatta al ruolo che avrebbe dovuto sostenere.
La storia di Teresa Italia affiora attraverso qualche documento raccolto pazientemente dallo studioso locale Elia Tomai, che per restituirla alla memoria collettiva ha spulciato archivi storici, setacciato raccolte fotografiche e rincorso i discendenti, sparsi fra il Friuli, il Veneto, ma anche il Canada e gli Stati Uniti.
L’eco di quei fatti si è impresso nella memoria della pronipote Giuseppina Lizzi, che li serba con affetto.
Famiglia di antiche origini quella di Teresa Italia Ziraldo a Fagagna, che nella mezzadria aveva trovato la propria fonte di sostentamento.
Era poco più che 18enne quando andò in sposa a Valentino Lizzi, di cinque anni più grande di lei.
L’aspettava una vita di sacrifici, perché i Lizzi, che si erano stabiliti a Fagagna verso la metà del 1700, avevano una vocazione contadina e, nel tempo, acquistarono appezzamenti da coltivare.
Un lavoro che i coniugi Lizzi, componenti di una numerosa famiglia che viveva in uno stabile di via Porta Ferrea, contavano di tramandare ai posteri.
È con quella speranza che Teresa Italia diede alla luce dodici figli, di cui cinque femmine da maritare e sette maschi.
Ma quando, il 24 maggio 1915, per l’Italia cominciò la tragedia della Grande guerra che costò la vita a 650 mila militari, giunse la chiamata alle armi per le classi dal 1874 al 1900.
Il secondogenito Igino, nato il 5 luglio del 1991, fu il primo a soccombere, reclutato fra i bersaglieri, morì a 24 anni il 18 settembre del 1915 nei pressi di Bovec, in Slovenia, e di lui si persero le tracce.
Il primogenito Marino, nato il 12 agosto del 1989, perì a 28 anni combattendo con gli alpini e fu sepolto a Mittagskofel.
Poi toccò ad Enrico, nato il 23 ottobre del 1995, prestò servizio come caporale nella Compagnia automobilisti e riuscì appena a tornare a casa per riabbracciare la madre, stroncato a 23 anni per le ferite di guerra.
Teresa Italia non superò mai quei lutti. A ucciderla fu il dolore – si racconta in paese – il 28 settembre del 1929, senza poter ritrovare le spoglie di uno dei suoi figli.
Quando, con l’avvento del fascismo, a Fagagna fu istituita la colonia elioterapica, ne fu decisa l’intitolazione ai fratelli Marino, Igino ed Enrico Lizzi, unico conforto alla famiglia, che ancora li piangeva.
A ricordarli furono le tre lapidi all’ingresso del parco della Rimembranza, con un viale presidiato da 71 abeti, in onore degli altrettanti concittadini periti nel primo conflitto.
Toccò a Valentino Lizzi, marito di Teresa Italia, tagliare il nastro tricolore di quel luogo dedicato al ricordo.
Memoria di un tragico passato che oggi la comunità di Fagagna intende recuperare per tramandare ai posteri. —