Cesare Battisti sul trasferimento proprio non la smette di frignare. E all’ennesima richiesta respinta, torna a piagnucolare: «Sono in reparto-tomba circondato da musulmani». Insomma, proprio non si rassegna al carcere e alla pena che deve scontare. Continua a fare la vittima, l’ex-terrorista dei Pac, i proletari armati per il Comunismo condannato all’ergastolo per 4 omicidi e che, per anni, ha beffato lo Stato italiano dalla sua latitanza dorata. Prima a Parigi, coccolato dai salotti radical chic della gauche al caviale. Poi in Brasile, beccato allo scoccare dell’ennesima fuga che lo avrebbe portato in Bolivia. Battisti, in uno degli ultimi piagnistei annunciava uno sciopero della fame, per richiamare l’attenzione sulla sua “condizione”. Ed ottenere, così, la revoca dell’isolamento diurno nel carcere di Oristano dove si trovava recluso all’inizio della sua detenzione, scattata dopo l’estradizione.
E da dove, per catalizzare i riflettori e ottenere una immeritata benevolenza, ogni tre per quattro, attraverso il suo legale, lancia proclami che puntano alla scarcerazione o, quanto meno, a un miglioramento delle condizioni di detenzione. E così, dopo aver utilizzato la paura del Covid, a cui le autorità hanno risposto picche. Dopo l’annuncio della sospensione delle terapie mediche in corso per il suo stato di salute, appelli accorati e allarmati rimasti fin qui doverosamente inascoltati. E infine, deluso dal nulla di fatto della trovata della vicinanza con gli islamici, che lo stesso Battisti ha definito una «situazione insostenibile che mi priva di qualsiasi attività. Compresa l’ora d’aria, fuori dalla cella. Se così si può chiamare questa gabbia minuscola in cui non entra mai un raggio di sole»… Dunque, fallito ogni sorta di disperato tentativo, Battisti torna alla carica deciso a riuscire nel suo intento: indurre lo Stato italiano a rivedere la sua condizione detentiva. E se ne inventa un’altra…
S’inventa, per l’appunto, l’ennesimo lungo “appello alla giustizia”. Che lancia dal carcere di Rossano Calabro, dove è detenuto da quasi un anno in regime di Alta sicurezza (AS2). E da dove attendeva la decisione del Dap sulla sua istanza di trasferimento. Che i suoi legali, Gianfranco Sollai e Davide Steccanella, hanno tempestivamente presentato all’indomani dell’arrivo in Calabria. Istanza rigettata nei giorni scorsi, da quanto apprende l’Adnkronos. E per la quale l’ex terrorista dei Pac ha iniziato lo sciopero della fame e interrotto le terapie cui si sottopone per problemi di salute. Ancora…
Nella sua lettera-appello inviata tramite gli avvocati, Battisti parte dalle motivazioni che hanno spinto il Dap a non concedere il suo trasferimento: il regime di Alta sicurezza legato alla tipologia di reato commesso. E un percorso che, secondo il Dap, è comunque teso alla rieducazione e al reinserimento del condannato. Tesi che Battisti contesta, ricordando di «aver trascorso 40 anni in esilio. Conducendo una vita di cittadino contribuente, perfettamente integrato nella società civile. Con incessante attività professionale. Pacifico coinvolgimento nell’iniziativa culturale. E nel volontariato, ovunque mi è stato offerto rifugio».
Un curriculum che trascura, opportunisticamente, il pregresso criminale e il passato da terrorista, e in cui sottolinea una condotta da cittadino modello: un’immagine che mal si concilia con il suo operato anarchico e rivoluzionario. Eppure, Battisti insiste indefesso: «Il Dap pare ignorare che nel reparto dove sono detenuto, nel carcere di Rossano, nulla è predisposto per i detenuti che non condividono i costumi e la tradizione musulmana. O che abbiano vivaci incompatibilità di convivenza con questa categoria di detenuti», scrive l’ex terrorista tornando a puntare sul grimaldello islamico ancora una volta.
E insistendo su particolari che dovrebbero smuovere a compassione chi di dovere. «L’As2 di Rossano è una tomba, lo sanno tutti» – aggiunge allora Battisti – in preda al delirio vittimistico. E ancora: «È l’unico reparto sprovvisto persino di mattonelle e servizi igienici decenti. Dove nessun operatore sociale mette piede. Il famigerato portone “Antro Isis” è tabù perfino per il cappellano, che finora ha regolarmente ignorato le mie richieste di colloquio. Qui tutto è predisposto per tenere a bada dei ferventi musulmani, ai quali, se pure in condizioni esecrabili, è stato concesso il diritto di pregare insieme». Un fervore spirituale, quello di Battisti, su cui preferiamo fermarci. Meglio non aggiungere altro.
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