«Troppo stress e pochi soldi»: si dimette l’infermiera che curò Boris Johnson. La Gran Bretagna starà anche avanti sul fronte della lotta al Covid, ma oggi perde una sua guerriera importante. Una sanitaria salita agli onori della cronaca per aver contribuito alla guarigione del primo ministro britannico. Non ce la fa più: la pandemia le ha causato troppo stress e lei ha deciso di lasciare la professione.
Jenny McGee, l’infermiera che lo scorso anno curò il premier Boris Johnson in terapia intensiva, lamentando che il personale del Servizio sanitario nazionale (Nhs) non riceve «il rispetto e lo stipendio che meritiamo». E, a giudicare dalle sue dichiarazioni, neanche il dovuto compendio. Tutto il mondo è Paese, insomma. Così, in un nuovo documentario di Channel 4, The Year Britain Stopped, la McGee racconta l’esperienza di un anno di pandemia. «Ci siamo messi in prima linea e abbiamo lavorato in maniera incredibilmente dura. Si è parlato tanto di come siamo tutti eroi e cose del genere, ma allo stesso tempo non sono sicura se ce la faccio – ha spiegato l’infermiera –. Ne ho avuto abbastanza. E così mi sono dimessa», ha detto.
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Rilievi e critiche che riecheggiano da vicino le stesse recriminazioni giustamente mosse anche in Italia da parte di medici e infermieri di casa nostra. Applauditi per il loro impegno in prima linea, ma mortificati dal diniego del governo Conte all’aumento di stipendio. Ma tutto il Paese, si diceva. E così, anche oltre Manica, le critiche della McGee sembrano avere per bersaglio l’aumento dell’1 per cento dello stipendio proposto dal governo. Parole e reazioni che hanno indotto un portavoce del premier Johnson ad affermare che il governo farà «tutto quanto il possibile per sostenere gli infermieri». Rimandando la palla nel campo del ministero del Tesoro, che puntava invece ad un congelamento degli stipendi per il personale sanitario.
La polemica non passa inosservata. Anzi, in queste ore il leader dell’opposizione laburista Keir Starmer, ha rincarato la dose delle polemiche, sottolineando come la decisione della McGee sia, proprio, un «devastante atto di accusa per l’approccio di Boris Johnson verso le persone che hanno messo le proprie vite a rischio per lui. E per l’intero Paese»...
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