FOLIGNO. Piazza della Repubblica, dove secondo la tradizione Francesco si spogliò delle vesti, la Cattedrale di San Feliciano, il palazzo Comunale, palazzo Trinci e quello Orfini, dove venne stampata la prima copia della “Divina Commedia” nel 1472.
E poi il centro del mondo. Sì per la tradizione Foligno è il centro del mondo. C’è pure una pietra in una sorta di teca che lo testimonia. Per scovarla si deve entrare addirittura in un market di via Cavour, perché se non fosse così non saremmo in Italia.
La città umbra martedì è stata, nel primo giorno di riposo dell’edizione 104, il centro del Giro d’Italia.
“Centro di gravità permanente”, avrebbe cantato il Maestro che non c’è più. Centro felice perché l’aria è cambiata dall’edizione blindatissima per Covid dello scorso ottobre. Quelle furono giornate di timori, tamponi a raffica, esclusioni eccellenti causate dal “maledetto”. Ieri, al quartier tappa, per tutto il giorno sono stati sottoposti a tampone i componenti della carovana: 600 testati tra corridori, personale e carovana, tutti negativi.
Foligno centro del mondo, ma anche cento della ripartenza anche dello sport e del ciclismo, disciplina che da sempre si nutre dell’amore della gente. Sempre più numerosa sulle strade, sempre più appassionata.
La vedrete, ad esempio, oggi sulle strade della Perugia-Montalcino, roba da palati sopraffini con 35 chilometri di sterrato negli ultimi 60 di corsa in quella che è terra di ciclismo per eccellenza. Dislivello, trappole ovunque. Sarà battaglia con quel precedente di frazione epica del 15 maggio di 11 anni fa che fa accapponare la pelle. Vincenzo Nibali in maglia rosa, la prima delle tante in carriera, gli incidenti meccanici, la caduta. Inseguì col compagno di squadra alla Liquigas Ivan Basso, che poi vinse quel Giro. Cadel Ewans prese la tappa.
A Montalcino 11 anni dopo a chi toccherà? Remco Evenepoel (Deceuninck) è venuto a provare la tappa prima del Giro, Egan Bernal la maglia rosa dell’Ineos l’ha etstata con un podio alle Strade Bianche d’inizio marzo.
Poi ci sono i due italiani più attesi, Giulio Ciccone, il rampante e ancora lui, Vincenzo Nibali, sempre lì sul pezzo nonostante 36 primavere e frattura al polso.
Al centro del mondo, hanno analizzato il loro inizio Giro e hanno cominciato a far progetti.
Sintesi: da qui a sabato capiranno dove potranno arrivare.
Sentite Ciccone: «È stato un Giro imprevedibile e positivo per me finora – ha detto il 26enne della Trek Segafredo – a Campo Felice ho avuto ottime sensazioni. Non ho pressioni, so di essere arrivato al Giro con altri obiettivi, ma se a Milano arrivassi tra i primi cinque sarei soddisfatto ora come ora».
Profilo basso. Pretattica? Sterrato a parte la prossima, vera, probante, tappa sarà sabato lo Zoncolan: «Lassù, la prima delle grandi tappe di montagne, capirò davvero dove posso arrivare». Intanto l’abruzzese vive alla giornata e indica in Bernal il favorito numero uno.
E lo Squalo? «Ho pagato, ma non certo sono affondato. Mi sono difeso, ho stretto i denti. E questo mi conforta in vista del Giro che rimane. Voglio lasciare un segno, onorare una corsa cui ho fatto di tutto per correre. Ciccone si sta dimostrando in grande condizione. Merita fiducia e supporto», ha detto. Nibali chiocciola, ma non solo. Perché è ancora lui il centro di gravità permanete dell’Italibici. Dal centro del mondo è tutto, sotto con gli sterrati senesi.