L’ambiente familiare e religioso conta più dello “ius culturae”. E’ l’opinione di Ernesto Galli Della Loggia che in un editoriale del Corriere della Sera torna ad esprimere più di una perplessità sul tema, come più volte aveva fatto in passato. Il Pd e la sinistra ne stanno facendo “bandiera” della loro agenda politica. Ricordiamo che lo ius culturae è la proposta di dare la cittadinanza italiana agli studenti stranieri che frequentano un ciclo scolastico in Italia. Ma “Le manifestazioni pro palestinesi con slogan che dimenticano la Shoah sono una prova che lo «ius culturae» non ha da solo il valore che gli si vuole attribuire. L’influenza di famiglia e religione – è l’incipit dell’articolo dell’editorialista – conta più di qualche ora di lezione. Per giovani immigrati nati in Italia l’influenza di chi parla la medesima lingua materna, della tradizione, conta più di qualche migliaio di ore di lezione. Tra l’illuminismo e l’identità, rassegniamoci, quasi sempre vince l’identità“.
L’esempio dei fatti drammatici che stanno armando Israele e Palestinesi è alla base di questo nuovo intervento contro lo ius soli o ius culturae. Il professore cita un accorato articolo sul «Fatto» di Gad Lerner. Il quale esprimendo la sua angoscia scrive “di aver assistito a «manifestazioni in cui viene bruciata la bandiera israeliana; e anche tanti giovani immigrati di seconda generazione gridano in arabo “yahoud kalabna”; “gli ebrei sono i nostri cani”». Concludeva Lerner il suo articolo: «A loro la memoria della Shoah dice poco o nulla al cospetto delle sofferenze dei palestinesi». Chiosa Galli Della Loggia: “Immigrati di seconda generazione, dunque nati in Italia. Dunque giovani che verosimilmente hanno seguito un ciclo scolastico o più d’uno nelle scuole italiane. Ma la cui istruzione ed educazione civica ricevute in quelle aule non sembrano certo essere stati capaci di metterli al riparo da quanto, pur con tutte le giustificazioni del caso, non può definirsi che uno schietto antisemitismo”.
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Per l’editorialista e scrittore si tratta di “una prova” non tanto piccola di quanto più volte da lui sostenuto: che lo «ius culturae» non basta a creare integrazione. Si tratta di una visione ottimistica smentita dalla realtà . Si vuol credere che il solo frequentare un ciclo scolastico sia “sufficiente a dimostrare l’avvenuta integrazione dei giovani immigrati nati in Italia”; ci si vuole convincere che raggiunta “tale idoneità a ottenere la cittadinanza”, questo faccia di un giovane un integrato. Non è così. La realtà si impegna a valutare che le ipotesi ottimistiche restano tali; e che – ribadisce – “tra l’illuminismo e l’identità, rassegniamoci, quasi sempre vince l’identità”. Ricordiamo un altro intervento duro del professore all’indomani del caso Paty, il professore francese decapitato da 18enne islamista che ha sconvolto il mondo. Un caso – scriveva l’autunno scorso Galli della Loggia -che doveva insegnare qualcosa anche all’Italia.
Il prof fu decapitato per aver mostrato in classe in una lezione sulla libertà di espressione le caricature di Maometto su “Charlie Hebdo”. «Nella meccanica dell’attentato c’è un particolare agghiacciante: il duplice ruolo degli studenti islamici del professore», sottolineava l’editorialista del CorSera. La concessione della cittadinanza italiana a seguito del percorso di studi nelle nostre scuole non risolve la questione delle “origini” di queste persone: il caso Paty insegna, secondo lo scrittore e giornalista, come una studentessa “scandalizzata” dalla lezione abbia potuto denunciare il tutto alla famiglia. Creando un tam tam mediatico islamista che ha iniziato a “creare” terra bruciata attorno al professore francese. Galli Della Loggia torna su un tema divisivo politicamente. Che il segretario del Pd Letta sta mettendo ai primi posti dell’agenda “surreale” di cui lo stanno accusando da più parti editorialisti e sociologhi.
L'articolo Galli Della Loggia contro lo ius culturae: “La famiglia e la religione contano più di qualche ora di lezione” sembra essere il primo su Secolo d'Italia.