L’Alto rappresentante Lajcak: «I non-paper? Pericolosi». L’inerzia sull’allargamento può favorire Russia, Turchia e Cina
I misteriosi “non-paper” che hanno provocato tensioni e aspre polemiche nei Balcani? Anche - forse soprattutto - una conseguenza indiretta dei ritardi nel processo d’adesione della regione all’Ue, problema serio che ha profonde negative ripercussioni sull’area. È questa l’importante mezza ammissione di colpa - e anche un aperto avvertimento - che arriva da Bruxelles, forse sempre più consapevole che far rimanere i Balcani extra-Ue in un limbo è, sul lungo periodo, un gioco d’azzardo. È quanto ha suggerito Miroslav Lajcak, Alto rappresentante Ue per il dialogo Serbia-Kosovo, una delle figure-chiave negli attuali rapporti tra Unione e Balcani.
Intervenendo a un forum online organizzato dall’Ispi, Lajcak ha ammesso che «la visione dell’adesione alla Ue nei Balcani occidentali è diventata più confusa» nel corso degli anni, tra intoppi e ritardi. E si tratta oggi di un obiettivo sempre «più distante», che sta facendo affievolire la «motivazione» dei Paesi dell’area, ha spiegato Lajcak. Si è dunque «creato un vuoto nella regione» a causa del calo di prestigio e peso della Ue, e di conseguenza un aumento di peso di non meglio precisati attori internazionali che «arrivano con altre idee». Idee malsane o forse troppo audaci come quelle appunto dei due “non-paper”, l’uno attribuito alla Slovenia e l’altro all’asse Germania-Francia, tutti Stati che hanno negato di aver redatto quei testi: “non paper” che hanno evocato nuovi cambi di confine nella regione e hanno persino fatto risorgere dall’armadio della storia scheletri ingombranti come quello della “Grande Serbia”, della “Grande Croazia” e della “Grande Albania”.
Sono tutte proposte e ipotesi «non nuove, in circolazione da anni, ma che ora sono state portate alla ribalta», ha detto Lajcak, definendole «estremamente pericolose» così da poter rappresentare la miccia per una guerra. Non solo. Se quelle proposte venissero applicate, «realizzeremo i sogni» malati di personaggi come «Milosević e Tudjman, e non lo vogliamo fare». Per Bruxelles, infatti, «c’è solo un piano A», quello dell’allargamento alla regione; ma se ci fosse troppa «condiscendenza», come accaduto negli ultimi anni, «qualcuno potrebbe pensare a un piano B, come quello contenuto nel primo non-paper» attribuito all’entourage del premier sloveno Janez Janša, il più esplosivo perché mira esplicitamente «a ridisegnare i confini» balcanici.
Questa lettura è stata condivisa da un’altra personalità di punta nel passato e nel presente dei Balcani, l’ex premier svedese Carl Bildt, mediatore in Bosnia nel 1995 e poi Alto rappresentante a Sarajevo ma anche già Inviato speciale Onu nei Balcani. Bildt ha concordato con le posizioni di Lajcak. Se il «piano A» dell’adesione «non funziona» o tarda troppo, l’Ue perde inevitabilmente di «credibilità» e autorità nella regione; e allora non ci si deve sorprendere se compaiono controversi «piani B, con i non-paper sul tavolo». E se l’Ue s’indebolisce, come attore internazionale e traguardo al quale tendere, allora «altri», tra cui Russia, Turchia ma anche la Cina, «diventano più forti». E fin troppo influenti nella regione.