MASSAROSA. Saranno eseguite delle verifiche sul campo di via Duccini, a Pioppogatto, entrato nell’inchiesta relativa allo smaltimento illegale di fanghi e rapporto con la Ndragheta che ha coinvolto diverse zone della Toscana. Non è escluso che venga chiesto ad Arpat un campionamento del terreno per verificare se ci sia stato effettivamente inquinamento del suolo.
Secondo le indagini coordinate dalla Dda di Firenze, risulterebbe che anche in quella zona di Montramito, nel 2019, sarebbero state portate le ceneri di risulta dalla combustione dei fanghi delle concerie, denominati Keu, materiali altamente inquinanti che necessitano di uno specifico percorso per lo smaltimento.
Per il filone versiliese della vicenda non ci sono indagati, né tra i proprietari, né tra le ditte che hanno lavorato nell’area. Lo sono invece gli imprenditori dell’impianto Lerose di Pontedera (Francesco Lerose, Manuel Lerose e Annamaria Faragò) che, secondo gli inquirenti, sarebbero in contatto con il clan ndranghetista Gallace. Lerose, secondo la ricostruzione degli investigatori, avrebbero trattato i fanghi delle concerie miscelati con altri materiali, per essere poi utilizzati come riempimento per lavori stradali (a partire dalla regionale 429) ma anche per finire smaltiti in altre zone, come appunto quella di Pioppogatto.
L’area in questione rientra nella cosiddetta Ts, ovvero un’area di espansione industriale di Montramito, che ha ricevuto la possibilità – attraverso deroga della Regione – di parcellizzazione in fase di sviluppo: è stata cioè concessa la possibilità di dividere tutto in piccole aree in maniera subordinata all’interesse di imprenditori o società. Durante i lavori di riempimento, secondo i servizi ambientali del Comune di Massarosa, solo una volta si sarebbe verificato un episodio di irregolarità: un camion aveva scaricato materiale risultato non idoneo e, dopo alcuni controlli, era stato fatto ripartire con il proprio carico.
Il Consorzio Ea1, proprietario del terreno, si dice totalmente estraneo alla vicenda e vuole escludere anche la ditta che si è occupata dei lavori, la Mp Smaltimenti di Stefano Pardini: «Non c’è stato alcun contatto diretto con l’impianto di Pontedera né con la malavita organizzata – fanno sapere al Tirreno – siamo in grado di ricostruire e certificare tutti i viaggi compiuti dai nostri mezzi. Leggendo le carte, tuttavia, si può dire che la quantità è estremamente ridotta rispetto al terreno utilizzato. Detto questo, faremo anche noi le dovute valutazioni su ogni aspetto di questa vicenda. Abbiamo consegnato tutte le nostre certificazioni in Municipio e siamo sicuri di aver lavorato nel rispetto delle regole».
Nei giorni scorsi è stata data comunicazione del termine dei lavori sull’area e sono state consegnate le carte con le certificazioni ma è esplicita volontà dell’amministrazione vederci chiaro. Proprio dal Comune si fa sapere della volontà di far luce sulla vicenda: il fatto che siano stati utilizzati 3.300 metri cubi di questo materiale inquinante e tossico come riempimento solleva dubbi sul problema ambientale di un’area dall’elevata permeabilità e solcata da un reticolo idrografico in contatto continuo con il Massaciuccoli e la Burlamacca.
«Valuteremo tutte le strade e gli strumenti necessari per la tutela del territorio e della salute dei nostri cittadini – dichiara il sindaco Alberto Coluccini –. Stiamo valutando le carte in nostro possesso e faremo tutti gli approfondimenti necessari: certo è che, se ci sono delle responsabilità anche a livello penale per possibili reati ambientali, vanno perseguite tutte le strade e il nostro territorio tutelato come parte lesa».
In queste ore il primo cittadino, l’assessora all’ambiente Michela Morgantini e dirigenti stanno effettuando verifiche per fare il punto: «Chiederemo alla Regione di intervenire nel caso ci fosse bisogno della bonifica – spiega Morgantini –. Nelle prossime ore definiremo tempi e modi di azione sia dal punto di vista legale che pratico». —
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