La dama saliva sulla torretta al centro del giardino, indossava una maschera e attendeva. Il cavaliere si avventurava nel percorso, imbattendosi in scelte ed errori. Se alla fine lui raggiungeva la mèta, riceveva un bacio come premio; e quel volto si svelava.
Poteva essere una delusione o poteva nascere un amore. Del resto non sai mai che cosa ti riserva l’angolo che vedi là, dietro alla siepe. Era il gioco del labirinto, nel Sei e Settecento. Nelle ville venete ci sono autentici capolavori di questo genere: incertezze verdi, grovigli beffardi, geometrie bellissime. Barriere e sbagli possono risultare invincibili: così desisti.
In Italia accade non di rado e il labirinto non è bello né verde. Si chiama burocrazia. In un anno, secondo la Cgia di Mestre, sono state adottate 450 misure legislative a livello nazionale, più gli interventi delle Regioni. In Veneto 44 ordinanze presidenziali, 7 chiarimenti, 3 accordi con le province di confine. In queste siepi fitte sono finiti in tanti: singoli, imprese, corpi intermedi.
I cittadini fanno i conti con un ammasso di disposizioni capaci anche di contraddirsi reciprocamente, in una nevrotica rivalutazione. Una trentina di decreti legge approvati dal Governo, oltre venti Dpcm, quattordici leggi parlamentari.
Ci muoviamo in mezzo a 160mila leggi tra quelle nazionali e quelle locali; in Francia sono settemila, in Gemania 5.500. Un’impresa veneta su tre (dati Unioncamere) intende utilizzare i finanziamenti e fondi europei, ma chiede la semplificazione delle procedure amministrative, l’utilizzo di un linguaggio leggibile nei bandi, una chiara modulistica e un’efficace assistenza.
Chiediamo tutti di uscire dal dedalo delle norme, con un percorso più semplice. E magari meritiamo un bacio. I labirinti ci impartiscono due lezioni. La prima è che la sfida può essere complicata, ma c’è sempre una via d’uscita. La seconda è che, a volte, i percorsi più difficili sono quelli che abbiamo costruito noi stessi.