Ragusa, Trapani, Trieste: le procure stanno accertando i risvolti economici sulle rotte di migranti. E nelle indagini sono coinvolte organizzazioni non governative.
«Van Diest Stephan quale team leader della ong Medici senza frontiere (…) presente a bordo alle ore 6.30 circa del 25 giugno 2017, in prossimità delle acque territoriali libiche "imbarca" circa 608 migranti scortati in maniera organizzata e controllata da trafficanti (…). In tal modo procedendo a una vera e propria consegna concordata» si legge a pagina 13 dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari della Procura di Trapani.
È solo uno dei 29 capi d'accusa nei confronti di 24 indagati comprese due colossi umanitari, Save the children e Medici senza frontiere, ong accusate di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, che fra il 2016 e 2017 hanno portato decine di migliaia di persone in Italia partite dalla Libia. Il vento sta cambiando e anche le organizzazioni non governative, da Ragusa a Trieste, sono oggetto di inchieste giudiziarie, fino a oggi rimaste in un cassetto o finite in nulla.
«Mi sembra pazzesco che ci siano voluti ben quattro anni per capire quello che succedeva nel Mediterraneo con tutti questi recuperi di migranti, che celavano ben altro rispetto al solo aiuto umanitario» sottolinea Pietro Gallo, che era a bordo della nave Vos Hestia, come soccorritore. Lui, all'epoca, informa subito la Squadra mobile di Trapani e i servizi segreti di questi comportamenti, ma finisce pure nei guai con perquisizioni e minacce di morte con un proiettile mandato a casa.
Le navi coinvolte sono Iuventa degli estremisti tedeschi dell'accoglienza, Vos Hestia noleggiata da Save the children e Vos Prudence di Medici senza frontiere. L'inchiesta ha scoperto «contatti e comunicazioni intraprese dagli indagati con i trafficanti di esseri umani». Mohamad Agha, comandante di Iuventa, Sascha Girke e Kathrin Schmidt capo missione e team leader della Ong Jugend Rettet, proprietaria della nave, il 18 giugno 2017 «dapprima si incontravano in acque internazionali con trafficanti libici a bordo delle rispettive imbarcazioni» si legge negli atti, che «scortavano un'imbarcazione con a bordo dei migranti poi trasbordati sulla motonave». In un altro «soccorso» concordato «riconsegnavano, dopo averle legate fra loro, le imbarcazioni (vuote dei migranti, ndr) ai trafficanti libici».
Marco Amato, comandante di Vos Hestia, e Cristina Moyes Gillian, team leader di Save the children a bordo, «il 22 maggio 2017 decidevano di mantenere accese le luci sul ponte (…) al fine di segnalare la presenza della nave in movimento a coloro che stavano trasportando i migranti su imbarcazioni provenienti dalla Libia». Il 26 giugno la Vos Hestia di Save the children recupera 1.066 migranti, dopo che un gommone con tre trafficanti si affianca sottobordo e «in lingua araba hanno riferito agli assetti presenti che "stava arrivando gente"».
Gallo si ricorda bene l'episodio, fotografato da un agente sotto copertura, che ha documentato le collusioni per l'inchiesta di Trapani. Secondo una fonte libica il trafficante in mezzo nella foto è Al Fetouri al Dabashi, cugino di Ahmed Al Ammu, «lo zio», il capo delle milizie più forti di Sabrata, che garantivano protezione agli scafisti. Quello a sinistra è Ismail Misurati e a destra Abdulsalam al Dabashi, altro parente dello «zio».
In un'altra occasione un trafficante-scafista filmato da Gallo prende a cinghiate i migranti e poi sale tranquillamente a bordo della nave di Save the children sbarcando a Reggio Calabria. Nessuno dice nulla alla polizia. Le collusioni sono tali che i «soccorritori» delle ong restituiscono ai trafficanti i giubbotti di salvataggio dei migranti per riutilizzarli con nuovi arrivi. Tommaso Fabbri era capo progetto di Medici senza frontiere, Michele Trainiti il coordinatore delle operazioni di soccorso, Matthias Kennes e Stephan Van Diest i team leader. Tutti a bordo di nave Vos Prudence, sono accusati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina «nell'interesse e a vantaggio della ong, che così otteneva maggiore visibilità pubblica e mediatica, con conseguente incremento della partecipazione - anche economica - dei propri sostenitori dato il costante impiego della nave nei numerosi eventi di soccorso».
Soldi, 125.000 euro, ma avevano chiesto di più, in cambio del trasbordo di 27 migranti, poi portati in Italia. Così «possiamo festeggiare e pagare stipendi e debiti» sostengono gli uomini della Ong. È la pesante accusa che il procuratore capo di Ragusa, Fabio D'Anna, ha mosso contro esponenti di spicco della Ong Mediterranea saving humans, iscrivendo sul registro degli indagati otto persone.
Il trasbordo dei migranti è avvenuto l'11 settembre sulla nave Mare Jonio dalla petroliera Maersk Etienne, battente bandiera danese, che da 37 giorni era bloccata senza ottenere un porto dove farli scendere a terra. Un trasbordo suggellato da un accordo economico. I danesi hanno versato il 30 novembre alla società armatrice della Mare Jonio, la Idra social shipping, 125.000 euro a fronte di una richiesta di 270.000. Le intercettazioni hanno permesso «un'accurata ricostruzione di presupposti, moventi, dinamica e conseguenze di intese» per l'operazione migranti sbarcati il 12 settembre a Pozzallo in cambio di denaro.
A muovere le fila della trattativa pecuniaria l'ex disobbediente Luca Casarini e il capo missione, un tempo assessore a Venezia, Beppe Caccia. Il duo Caccia-Casarini informa poi Alessandro Metz, uno dei fondatori della ong, della monetizzazione dei migranti, che consentirà, secondo Casarini, di «festeggiare e pagare stipendi e debiti». Per chiudere l'accordo Caccia vola a Copenaghen, dove incontra i dirigenti della Maersk per «lucrare» secondo la procura «il controvalore pecuniario dell'operazione di trasbordo». Il versamento, per Casarini e Caccia, va fatto passare come «una fattura per attività di navigazione della Idra a dei partner privati». E adesso l'ex disobbediente parla di «donazione».
Secondo la procura, la copertura creata ad hoc, per giustificare il trasbordo, è un report medico sui migranti della Maersk che descrive una situazione emergenziale inesistente. Non a caso si evacua una donna «al sesto mese di gravidanza», che non era incinta e viene dimessa senza prognosi.
Anche per la rotta balcanica le ong finiscono in un'inchiesta su un'importante rete transnazionale di passeur, che facendo pagare 7-8.000 euro a testa garantivano l'arrivo dall'Iraq fino in Europa passando per Trieste. Il capo M.S.F., un curdo, arrestato in Germania viene individuato dalla Digos grazie al suo contatto Facebook registrato nel cellulare di Ahmed Hassan, un terrorista dell'Isis che nel 2017 piazza una bomba nella metropolitana di Londra. Oggi sconta 34 anni di carcere in Inghilterra, ma era arrivato come clandestino minorenne su una nave turca nel porto di Trieste. L'operazione Hub che ha portato a sette arresti, anche a Bolzano (altri dieci persone sono ricercate) ha smantellato una rete che aveva tre appartamenti di transito per i migranti a Trieste.
La Digos ha documentato una quarantina di arrivi clandestini compreso un episodio relativo a una famiglia di iraniani che coinvolge - come indagato per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina - Gian Andrea Franchi, fondatore assieme alla moglie Lorena Fornasir dell'associazione Linea d'ombra. Franchi, 84 anni, respinge le accuse, ma il procuratore capo della Repubblica di Trieste, Antonio De Nicolo, dichiara a Panorama che «l'indagine non è assolutamente chiusa, va avanti e lo sarà per mesi a venire». Linea d'ombra «credo sia in buona fede, ma davanti alla stazione dei treni dove si ritrovano i migranti, da una parte c'erano loro e dall'altra i furgoni dei passeur» dice a Panorama chi è in prima linea nell'accoglienza a Trieste.
Il 2 marzo su Facebook, dopo che l'inchiesta è venuta alla luce, Linea d'ombra spiega ai sostenitori «che in questo momento non chiediamo denaro» e li invita a contribuire «per i ragazzi bloccati in Bosnia», versando i soldi ad associazioni locali. La prima è Udruženje Solidarnost di Zemira Gorinjac, soprannominata la «mamma» dei migranti, che si vanta di aiutarli ad arrivare in Italia. Velo d'ordinanza, la sua associazione si batte «per il popolo palestinese» e appoggia la flottiglia che cercava di rompere il blocco israeliano di Gaza, vicina ad Hamas.
In contatto con la ong turca Ihh dei Fratelli musulmani accusata di aiutare i ribelli siriani, Zemira pubblica sul sito dell'associazione i manifesti di boicottaggio dei prodotti di Israele. Lo scorso anno sosteneva che «i maggiori finanziatori sono Linea d'ombra dall'Italia e dall'Austria Sos Balkanroute» altri estremisti dell'accoglienza. Il bilancio 2019 della sua associazione è di 335.705 euro, una cifra importante in Bosnia. «Non possiamo vivere in un mondo senza porte e senza confini dove ognuno può andare da qualsiasi parte» spiega la fonte in prima linea nell'accoglienza a Trieste. «Gli stessi rappresentanti dell'Onu per i rifugiati arrivati in città per i migranti considerano i componenti di Linea d'ombra dei "talebani della solidarietà"».
