PRATO. Hanno portato banchi e sedie nel parcheggio davanti alla scuola primaria Meucci, dove i loro bambini per tutta la mattina hanno seguito le lezioni della didattica a distanza. È la protesta messa in atto ieri da tre mamme di alcuni alunni dell’istituto, con il coordinamento di “Priorità alla scuola Prato”, per dire “no” alla nuova chiusura delle scuole scattata in seguito al passaggio della provincia di Prato in zona rossa. L’aumento dei casi di Covid-19 delle ultime settimane nell’area provinciale, insieme alle norme nazionali che prevedono lo stop alla didattica in presenza nei territori dove il contagio è più forte, non hanno lasciato scampo agli istituti pratesi, ma le mamme non ci stanno e, nonostante la zona rossa, hanno voluto manifestare il proprio dissenso davanti ai cancelli della scuola.
«Abbiamo vestito i bambini e fatto loro preparare lo zaino come ogni mattina e siamo venuti qui per rendere visibile il disagio sia loro che delle famiglie – spiega Silvia Giagnoni, referente pratese del comitato nazionale Priorità alla scuola e mamma di un’alunna della Meucci – e per protestare contro delle misure che non hanno più senso, perché non si può sacrificare la scuola quando i dati ci dicono che le scuole non sono il luogo in cui ci si contagia» sostiene. Nella settimana dall’8 al 12 marzo scorsi delle 510 classi delle scuole dell'infanzia e primarie del comune di Prato ne erano in quarantena 14, mentre negli asili nido comunali nello stesso periodo è stata interessata dal provvedimento mezza sezione (una cosiddetta “bolla”) su 41 classi. «Non siamo negazionisti – chiarisce Giagnoni – il virus c’è. E saremmo i primi a dire “Ok, dobbiamo stare a casa” se la chiusura delle scuole fosse giustificata dai fatti, ma non lo è – afferma – Anzi, la scuola è anche un luogo di controllo, dove i ragazzi stanno insieme in modo sicuro».
«Il costo di questo, economico e organizzativo, se lo accollano tutto le famiglie (spesso le donne) – continua – senza contare quello psicologico sui ragazzi. È una forma di disprezzo nei confronti delle famiglie e noi non ci stiamo più». Tra le mamme aderenti alla protesta c’è anche Roberta Casini, infermiera dell’ospedale Santo Stefano. «Noi genitori abbiamo il dovere di far sentire la voce dei bambini – spiega –. Stanno tutto il giorno con la mascherina, la ricreazione e il pranzo li fanno in classe: non si può chiedere loro di più. Sono le istituzioni che dovevano organizzarsi da giugno scorso per garantire un ambiente ancora più sicuro, facendo tamponi a insegnanti e personale e prevedendo un medico scolastico. Hanno avuto un anno di tempo per farlo».
L’intenzione delle manifestanti è di continuare la protesta per tutta la settimana, «Sperando che aderiscano ancora più persone» si augurano. Inoltre, in occasione dello sciopero nazionale della scuola indetto da Cobas e Saese, Priorità alla scuola Prato invita genitori, ragazzi e insegnanti a non collegarsi per la didattica a distanza il prossimo 26 marzo.