Viareggio. Oltre 400 pazienti arrivati in soli tre giorni. E per uno su otto è stato necessario il ricovero. Anche il Pronto soccorso, come il resto del Versilia, è stato travolto dalla terza ondata del coronavirus. Non a caso è dalle visite in questa prima linea dell’ospedale che si valuta la situazione della pandemia, oltre che dall’occupazione di posti letto, in Terapia intensiva e non.
Un afflusso enorme su cui pesa, spiega il primario Giuseppe Pepe, anche una quota di persone che si presentano senza una reale urgenza. Complicando il lavoro del personale in servizio e facendo rischiare il collasso all’intero sistema. Al punto da dover valutare il trasferimento dei pazienti versiliesi altrove.
«In soli tre giorni, dal lunedì al mercoledì di questa settimana – dice Pepe – abbiamo avuto 405 persone accolte al triage (dove si smistano i casi in base alla gravità e alle esigenze, ndr) del Pronto soccorso del Versilia: pazienti ascoltati, visitati, sottoposti agli accertamenti necessari e curati. Per 46 di loro è stato necessario il ricovero ospedaliero. Il che significa proseguire le cure per quelle patologie gravi, Covid e non (polmoniti, ictus, infarto, trauma, patologie chirurgiche acute ed oncologiche complicate) che dopo la diagnosi e le cure specialistiche eseguite in Pronto soccorso, non hanno reso possibile il ritorno a casa».
A preoccupare molto i medici del Versilia è la risalita dei contagi e non solo. «In una giornata di normale attività in Pronto soccorso – prosegue Pepe – il 10 per cento di casi sono già noti come Covid, un altro 10 per cento sono casi sospetti da assicurare dentro i percorsi speciali che servono a isolarli dagli altri pazienti. Il resto è tutta quella serie di patologie incombenti che hanno bisogno di noi, anche se le visite non sono tutte emergenze. Purtroppo è tornato a crescere l’utilizzo improprio del servizio». Cosa che si intuisce, secondo quanto riferiscono i medici, dalla “rilassatezza” con cui alcune persone si presentano per un problema non urgente. Come una tosse che dovrebbe richiedere, in prima istanza, l’intervento del medico di famiglia.
Il primario Pepe e i suoi colleghi, perciò, tornano a chiedere «estrema attenzione, perché gli spazi sono contenuti e non è semplice assicurare le corrette distanze tra gli ammalati critici e quelli con “pseudo-urgenze”, o comunque urgenze soggettive. Gli assembramenti sono proibiti in Passeggiata e nei ristoranti, ma vanno evitati soprattutto in ospedale, e questo si può raggiungere solo con un ricorso responsabile al Pronto soccorso. Una visita ogni dieci minuti anche di notte non è sostenibile per i colleghi e per chi ha bisogno del loro aiuto perché sta male davvero».
«Nuovamente – continua Pepe – chiediamo di rispettare le regole. Intanto consultare il medico di famiglia in caso di sintomi sospetti Covid, ma anche per tutti gli altri problemi minori. Esistono anche le Usca (le unità medico-infermiere, ndr) disponibili sul territorio. Il Pronto soccorso è riservato prioritariamente alle persone con malattie e traumi in pericolo di vita, cioè quei problemi per cui se non si interviene subito si rischia di morire. Arrivare in ambulanza non garantisce di passare prima e neanche implica maggiore gravità. Ci sono stati rallentamenti e ingorghi nell’ingresso dei mezzi di soccorso proprio per l’inosservanza di questo criterio di buon senso. In Pronto soccorso aiutiamo tutti, ma le regole sono chiare: non è un self service veloce».
«La preoccupazione – conclude Pepe – è tanta, perché nonostante le ingenti risorse anche economiche messe in campo dall’Asl, rischiamo di andare in estrema crisi. Fino alla decisione di dover trasferire in altri ospedali i cittadini della Versilia per liberare gli spazi. E non solo quelli per Covid». —
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