PRATO. La pandemia non ferma la voglia di fare impresa fra i cittadini nati all’estero. Altro che ritorno in madrepatria come effetto Covid. Ci sono due indicatori freschi che fanno riflettere: uno arriva da uno studio della Fondazione Leone Moressa, istituto di ricerca collegato alla Cgia di Mestre; l’altro è più vicino a casa nostra ed è il frutto di un’elaborazione dei primi dati della Camera di commercio di Prato e Pistoia, riferiti appunto al 2020. Secondo la Fondazione Leone Moressa, nel 2020 la variazione del numero di imprenditori stranieri sul territorio pratese ha visto un aumento del 2,3 per cento rispetto al 2019. Un saldo positivo fra imprese iscritte e quelle cessate, che è addirittura del 2,8 per cento secondo un’altra fotografia scattata dalla Camera di commercio. Stando all’anagrafe camerale, su 22mila imprese attive alla fine del 2020, circa 8mila erano a conduzione straniera. E la differenza tra aperture e chiusure, appunto, porta il segno più.
Tutto mentre i dati sull’andamento demografico generale vedono un saldo negativo di -103 unità (-0,3 per cento), senza guardare alla distinzione per nazionalità degli imprenditori. «È ancora troppo presto per farsi un’idea di come la pandemia stia impattando sul tessuto imprenditoriale straniero – sottolinea la presidente della Camera di commercio di Prato e Pistoia, l’industriale Dalila Mazzi – Aspettiamo di avere dati più definitivi. Di certo colpisce la differenza nelle dinamiche di sviluppo. Se nel 2019 la componente etnica sul totale delle ditte attive rappresentava il 34,2 per cento, nel 2020 questa corrispondeva al 35 per cento. In aumento, insomma». Va detto che per le confezioni d’abbigliamento, in mano soprattutto a imprenditori cinesi, non sono state rose e fiori. L’anagrafe camerale ha visto sparire quasi 400 ditte attive fra il 2019 e il 2020 (da 3.858 a 3.463). Troppo poco comunque per parlare di abbandono di massa della piazza pratese da parte di imprenditori dagli occhi a mandorla.
È anche vero che il 62 per cento dei neotitolari con passaporto estero nel corso del 2020 ha scelto di investire nel manifatturiero, uno dei settori più colpiti dalla crisi pandemica. Secondo la Fondazione Leone Moressa, la crescita degli imprenditori immigrati in tempo di coronavirus potrebbe dipendere dalla perdita del posto di lavoro, dunque un effetto della crisi. Ma per quanto riguarda l’imprenditoria del Celeste Impero, il consigliere comunale Marco Wong ammette un «raffreddamento dell’iniziativa imprenditoriale». Secondo l’ingegnere del Pd, pesa il ricambio generazionale. «Sempre più spesso i figli degli imprenditori decidono di lavorare come dipendenti o professionisti. Se il 2020 è stato un’annata da dimenticare per i pronto moda, non bisogna dimenticare che alcune nuove aperture sono dovute alla riconversione di attività per la filiera delle mascherine».
