MONFALCONE Versare in un contenitore un ex cinema, una ex clinica per cure elettroterapiche, una ex discoteca, un ex albergo per gli impiegati celibi del cantiere navale. Aggiungere qualche goccia di angostura da un milione e 400 mila euro di contributo regionale. Miscelare per bene, per almeno 12 mesi, e il cocktail è servito. Al veleno. Una dose che rischia di essere letale al 44enne Consorzio culturale del Monfalconese rappresentato da un consiglio di amministrazione composto dal presidente Davide Iannis e da Mauro Piani e Paola Barban. A parte quest’ultima, indicata dal Comune di Monfalcone nel 2018, Iannis e Piani frequentano il Ccm da almeno una decina di anni. Ora, quella che sembrava una placida radura dove poter coltivare in pace la cultura, è diventata una polveriera che sta per esplodere. L’innesco si chiama nuovo archivio Ccm.
Finanziaria regionale 2019
Questa storia ha un inizio preciso: il pomeriggio del 13 dicembre 2019. È il giorno in cui il Consiglio regionale approva la legge numero 73, la finanziaria del Fvg 2020. Il testo si compone di 262 pagine e bisogna scartabellare fino alla 201 per trovare quello che cerchiamo: il contributo di un milione e 400 mila euro per la “creazione di un centro multifunzionale per la conservazione e la gestione del patrimonio bibliografico, storico, artistco e documentale del Ccm”. A ottenere il contributo è il consigliere regionale della Lega Antonio Calligaris, ex sindaco di Fogliano Redipuglia, donde viene anche Piani, pure già sindaco di quel comune con una giunta di centrosinistra. Area alla quale appartiene pure Iannis. Che c’azzecca un leghista con esponenti della parte avversa? Domanda capziosa: quello che conta è il bene comune. Ad esprimere perplessità sul contributo sono per primi alcuni leghisti vicinissimi al presidente Fedriga. Il contributo regionale è formalmente destinato all’Unione territoriale intercomunale, Uti, con capofila il Comune di Staranzano. L’Uti, per cause endemiche (mancanza di personale), non si occupa della questione. Sopraggiunta estinzione dell’Uti il contributo regionale trasloca nelle casse del Ccm.
La pista del Rio
Il 29 dicembre 2019 Il Piccolo pubblica una notizia, mai smentita, il cui titolo sarà foriero di guai al cda del consorzio: “Il centro del patrimonio storico all’ex cinema Rio di Ronchi”. I meno distratti obiettano che il Ccm, ente pubblico, non può andare a trattativa diretta con un privato. E poi perché proprio il cinema Rio?
La risposta arriva dopo qualche settimana quando il Ccm pubblica il bando della manifestazione di interesse per la ricerca di un edificio da destinare a centro multifunzionale ecc. Il bando specifica che il nuovo archivio dovrà essere a ridotta distanza dalla sede consortile, dovrà essere capiente per ospitare circa 3.000 volumi, ovvero 2.000 metri cubi di volume disponibile. Al punto 6 si legge che la sede dovrà essere vicino a una stazione ferroviaria. L’ex cinema Rio dista circa 500 metri dalla stazione di Ronchi Nord.
Il precedente
Evidentemente il matrimonio tra ex Rio e Ccm non s’ha da fare. Come ricorda Luca Perrino c’è un precedente che risale al 1983. L’allora sindaco di Ronchi, Gianmassimo De Pace, del Pci, chiede un finanziamento alla Regione, a guida Dc, per dotare il Ccm (che si chiamava Ccpp, consorzio culturale pubblico polivalente) di un’adeguata sala pubblica. Ma la Dc locale intercetta la domanda e i soldi, 250 milioni di lire, verranno dirottati per l’acquisto di villa Vicentini Miniussi, attuale sede del Ccm che l’usa in comodato, mentre la proprietà è del Comune di Ronchi.
Una pratica sofferta
Anche a causa dell’emergenza Covid il bando della manifestazione di interesse ha una genesi molto sofferta. Subentrano tre proroghe della scadenza del termine entro cui presentare le offerte: 20 febbraio, 18 marzo, 15 maggio. Nel frattempo il cda del Ccm nomina una commissione tecnica di valutazione, formata da una terna di professionisti esterni. Dovrà valutare le offerte. E le offerte arrivano e con esse le polemiche. Tra le proposte infatti spunta quella del Comune di Sagrado, socio Ccm, che mette a disposizione il Castello Alimonda, altrimenti chiamato il Miramare dell’Isonzo. È una vecchia clinica per le cure elettroterapiche, risale alla fine dell’Ottocento. Da anni il Comune di Sagrado, con contributi regionali, procede al restauro che non è ancora concluso. Il primo a far suonare la sveglia è il sindaco di Turriaco, Enrico Bullian, storico e ricercatore. La sua posizione è semplice: perché spendere un milione e 400 mila euro di soldi pubblici quando c’è un’alternativa gratuita?
La spaccatura tra sindaci
Il fronte dei sindaci-soci si spacca. Si accusa Bullian di aver violato la norma amministrativa secondo cui non bisogna intervenire a procedura ancora aperta. Ma il dibattito si infiamma e Il Piccolo fa la sua parte. Il sindaco di Sagrado, Marco Vittori, spinge per la soluzione Alimonda ma mette le mani avanti e spiega che il Castello verrà volentieri messo a disposizione del Ccm ma resterà di proprietà del Comune. Il sindaco di Monfalcone Anna Maria Cisint resta apparentemente alla finestra anche se dalle casse comunali ogni anno vengono versati al Ccm 140 mila euro, in quanto Comune che detiene la maggioranza delle quote, il 44%. Il presidente Iannis appare sempre più in difficoltà, cerca di trovare una via d’uscita dignitosa ma è chiaro che giustificare la spesa di un milione e 400 mila euro di fondi regionali per acquistare un immobile privato quando hai a disposizione uno pubblico gratuito è sforzo titanico.
La valanga Cisint
Ed eccoci ai primi di gennaio. Cisint ha nel frattempo studiato la pratica e da qualificato dirigente del settore economico qual è capisce che il Ccm è finito all’angolo. Mette sul tavolo la proposta che non t’aspetti: il piano terra dell’ex albergo impiegati dal cantiere, ora albergo a quattro stelle, Europalace. Lo spazio è enorme e pronto all’uso. Bisogna solo perfezionare alcuni aspetti formali, in quanto il Comune è proprietario ma il diritto di superficie è della società privata Progetto spa che una ventina d’anni fa aveva sottoscritto un project financing con il Comune di Monfalcone. Tuttavia il salvagente offerto da Cisint comporta per il Ccm una impegnativa contropartita. È la richiesta che il sindaco di Monfalcone, sottoforma di delibera giuntale di indirizzo, invia al cda. Sono previsti precisi obiettivi da raggiungere in un lasso di tempo determinato. Non solo: il Comune di Monfalcone nomina una commissione che ha il compito di verificare a precise scadenze temporali la progressione del lavoro del Ccm. Per Iannis un prendere o lasciare: o si fanno i compiti dettati da Cisint o il Comune toglie il disturbo e con esso i 130 mila euro all’anno.
L’attesa
Eccoci ai giorni nostri. La recente assemblea ha sancito una spaccatura netta tra i Comuni soci. Parte del Pd chiede le dimissioni di Iannis, alcuni sindaci se la prendono invece con le ingerenze di Cisint la quale, serafica, risponde che la soluzione ex albergo impiegati è una arricchimento per il Ccm, che ne diverrà proprietario, e di conseguenza per tutto il territorio. A differenza di quanto sarebbe avvenuto se la scelta fosse caduta sull’Alimonda, che resta di proprietà comunale. La procedura innescata dalla manifestazione di interesse viene intanto dichiarata estinta. Sostanzialmente, spiega la commissione, un milione e 400 mila euro non bastano ad acquistare un immobile e ristrutturarlo. La conseguenza finale del micidiale cocktail non tarderà a venire, di certo il Ccm dovrà cambiare passo mantenendo quanto di ottimo da anni garantisce a cominciare dalla regia dell’invidiato sistema bibliotecario. Se Iannis salverà la sua decennale poltrona lo dovrà a un aspetto che nella politica di oggi è fondamentale: a presiedere il Ccm non si guadagna nulla. —
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