L’allenatore livornese aveva 79 anni, cinque promozioni in serie A. L’omaggio di Zorzi, Cescutti, Vittori, Boniciolli, Pillastrini e Pozzecco
UDINE. Un gigante della pallacanestro. Questo era Gianfranco Lombardi, semplicemente Dado Lombardi. Se n’è andato a 79 anni il tiratore mortifero da oltre mille punti con la Nazionale e tre Olimpiadi giocate e il coach capace di portare cinque squadre della provincia italiana, il sale della nostra pallacanestro, nel paradiso della serie A.
Martedì a Gorizia avevano ricordato i dieci anni dalla scomparsa di Pino Brumatti, venerdì se n’è andato un grande amico di Pino. Quell’omone buono che però in campo inceneriva le retine e poi, in panca, incuteva timore a tutti. Le sue squadre erano proprio così.
«Dado? Eravamo più che amici – racconta commosso Tonino Zorzi, 85 anni il paron del basket italiano – . Io a Varese lui alla Virtus, che duelli! Faceva sempre canestro. E alle Olimpiadi di Roma nel 1960 fu inserito nel quintetto ideale». Assieme a due icone come Jerry West e John Lucas. Due volte segnò 25 punti agli americani. «Sì, era più forte di me. Ora sarà lassù a giocare a tresette col suo amico Nello Paratore».
«Era il 1957 quando l’ho conosciuto al primo raduno della nazionale - racconta il tolmezzino Nino Cescutti - tre volte capocannoniere in serie A. Dado era semplicemente “il dio di Bologna”, immarcabile, voleva sempre l’ultimo tiro».
Per il paròn, solo il goriziano Vittori poteva marcarlo. E Paolo Vittori, 82 anni, per molti il più forte giocatore italiano di sempre conferma: «Quando voleva fare canestro non ce n’era per nessuno». «Una sentenza, altro che i tiratori di adesso».
Lombardi coach: due promozioni a Trieste con l’Hurlingham. «Ha segnato la storia del basket italiano - conferma il coach dell’Apu Old Wild West Udine , Matteo Boniciolli -. Ero un giovane juniores della Pallacanestro Trieste e ricordo quell’omone che in allenamento con i suoi urli e la sua personalità condizionava il rendimento di tutta la squadra.
E poi era molto superstizioso: mi raccontarono che una volta fece scendere dal pullman in aperta campagna e sotto la neve un accompagnatore solo perché pensava portasse sfortuna.
Lombardi è il simbolo di una pallacanestro che non esiste più e dove, nel bene e nel male, l’umanità aveva un ruolo molto più importante di quello che ha oggi». Commosso anche il ricordo di Stefano Pillastrini, bolognese, una vita sulle panchine di serie A e ora coach alla Gesteco di Cividale in Serie B.
«Se ne va un pezzo della pallacanestro, un personaggio carismatico, istrionico, di una simpatia unica. Spassosissimo. Nei miei due anni a Varese era puntuale in palestra a venire a vedere gli allenamenti. Indimenticabili le nostre chiacchierate. E poi da bolognese non posso dimenticare i racconti di chi l’aveva visto in campo bruciare le retine per la Virtus».
Allenò Livorno nella sua Livorno nella stagione 1992-1993. C’era un allenatore, venerdì, in Italia commosso più di altri: «Dado è stato fondamentale per la mia carriera». Il suo nome è Gianmarco Pozzecco. Istrionico, focoso, capopopolo dei suoi ragazzi a Sassari. Un caso? —
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