Un sinistro a porta vuota dopo una carambola un po’ fortuita: un gol come tanti, uno dei classici “questo lo segnavo anch’io” di gialappiana memoria… ma a guardar bene, quel gol nel giorno della befana di 30 anni fa c’è tanto altro. C’è istinto, furbizia, voglia di crederci: lo specchio esatto di Kubilay Turkyilmaz. Un calciatore bravo ma non troppo, come tanti… eppure riuscito a ritagliarsi un posto nel cuore di tanti tifosi, protagonista di un libro, di uno spettacolo teatrale.
Sì: un bel tipo Kubilay, che 30 anni fa col suo Bologna fermava il Milan di Arrigo Sacchi fresco di vittoria dell’Intercontinentale. Un Bologna che sarebbe retrocesso nonostante i gol di Turkyilmaz, nonostante il suo compagno di reparto fosse un gran calciatore come Lajos Detari, nonostante Antonio Cabrini. Famiglia inequivocabilmente turca, ma nato e cresciuto a Bellinzona, non senza problemi, raccontati in libri e spettacoli teatrali peraltro ben riusciti, che vanno oltre insomma la biografia in cui il campione di calcio racconta se stesso tra vittorie e aneddoti di spogliatoio.
Tira calci tra i garage delle Semine a Bellinzona “Kubi”, che è bravo, intelligente e caparbio. Per uno come lui arrivare a vestire la maglia della squadra cittadina è quasi una tappa obbligata: segnare tanto nel Bellinzona lo è meno, ma lui ci riesce e si guadagna la chiamata del Servette, dove fa una stagione da 25 gol. Certo è il campionato svizzero, ma Turkiylmaz è già in nazionale e anche qui segna, riuscendo a far vincere la Svizzera contro il Brasile seppur in amichevole. Gol e belle giocate che gli valgono la chiamata del Bologna di Corioni. E’ una bella unione, nonostante il brutto periodo per i rossoblu. Turkiylmaz si integra subito, anche perché Bellinzona è in canton Ticino, nel suo quartiere poi ci sono tantissimi siciliani e calabresi emigrati e lui l’italiano lo conosce benissimo, ma i compagni non lo sanno e lo trattano come se invece non spiccicasse parola. “Facevo finta di non capire la lingua quando mi dicevano ‘tu andare là’, ‘tu correre qua’…per qualche mese è stato divertente, poi rivelai che conoscevo anche il dialetto“.
Con questo spirito si guadagna la simpatia dei tifosi, non solo del Bologna: erano le prime stagioni di Mai dire Gol e Kubi ne diventa un beniamino grazie a un poderoso rutto rilasciato mentre le telecamere intervistavano un compagno. I suoi gol li fa, ma i felsinei retrocedono: lui resta in B, perché ama Bologna, ma dopo un’altra retrocessione deve andar via per forza, e sceglie il richiamo delle radici, andando al Galatasaray.
Coi turchi si toglie soddisfazioni bellissime: una doppietta allo United di Cantona all’Old Trafford in Champions, e poi al Camp Nou al Barcellona nella sfida successiva. E ancora: porta la sua Svizzera agli Europei del 96, segnando un gol all’esordio contro i padroni di casa dell’Inghilterra. E proprio quel gol, quel giorno e quella partita fanno da ambientazione di “Kubi”, lo spettacolo in suo onore di Flavio Stoppini, con la mamma dell’attaccante interpretata da Amanda Sandrelli che guarda la partita con le amiche, emozionandosi, trepidando, inorgogliendosi per il figlio.
Turkyilmaz in Italia ci tornerà, a Brescia, nel 2000 pur giocando poco o nulla (“Mazzone mi diceva che dopo Baggio ero il più forte, ma non mi faceva giocare mai”) e chiudendo la carriera tra Locarno e Lucerna. Fino al 2015 quando a 47 anni decide di ritornare in campo, ovviamente per il suo Bellinzona relegato nella divisione regionale, e facendo pure un gol e con la squadra promossa: “Perché sono un pazzo“, disse all’epoca Turkyilmaz. E ai pazzi si dà sempre ragione: ma a Kubilay non serve, perché pur non volendo dargli ragione se la prenderebbe da solo.
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