BORGOCARBONARA. La filiera del tartufo tiene, nonostante i ristoranti chiusi: «Ci siamo organizzati e abbiamo cercato nuovi canali di vendita», spiegano gli operatori del settore. Resta il problema per i ristoranti che hanno perso una stagione tradizionalmente molto proficua a livello di numeri.
Il tartufo è un’eccellenza del territorio mantovano e in particolare dell'Oltrepò; quella che va da fine settembre a gennaio inoltrato, in questa zona, non è solo la stagione delle nebbie, ma anche quella in cui si apprezza il prezioso tubero. Ci sono fiere e sagre dedicate e nei menu dei ristoranti fanno il loro ingresso i piatti a base di tartufo. Ma quest’anno le cose sono andate diversamente, si tratta di un anno anomalo e su questo sono tutti d'accordo.
«Certo, qualcosa è mancato, è innegabile – dice Tiziano Casari, titolare di un’azienda che da anni opera nella commercializzazione del tubero – ma ci siamo organizzati, abbiamo cercato nuovi clienti e nuove vie e tutto sommato non possiamo lamentarci. Se lo scorso anno eravamo pienamente soddisfatti quest’anno lo possiamo definire sufficiente».
Il prezzo del tartufo si aggira quest’anno intorno ai 2.500 euro al chilo e la chiusura dei ristoranti nella nostra provincia non ha influito in modo sensibile sulle quotazioni, secondo gli esperti. «Il prezzo è determinato dalla produzione, principalmente», dicono gli operatori. E quest’anno la produzione è abbastanza buona: per avere un termine di paragone si deve pensare che lo scorso anno, in cui la produzione era molto abbondante, il prezzo al chilo era inferiore di circa mille euro. Mentre nel 2008, anno eccezionalmente scarso, le quotazioni erano arrivate a toccare i 4 o 5mila euro.
I ristoranti hanno dovuto abbassare le saracinesche proprio quando iniziava la stagione del tartufo e le sagre, tradizione del basso mantovano, erano già saltate tutte. «La situazione era difficile, ma ci siamo rimboccati le maniche – racconta Casari – ci siamo impegnati con i cavatori ad acquistare la produzione a prezzo di mercato e poi ci siamo occupati di cercare nuovi sbocchi di vendita. Questo ci ha permesso di far conoscere il tartufo mantovano in città vicine, dell’Emilia e del Veneto. Anche nelle cose negative bisogna sempre cercare qualche aspetto positivo. C'è sempre qualche aspetto positivo».
A sopperire all’assenza dei ristoranti mantovani hanno contribuito molto anche le gastronomie. «In molti hanno deciso di cucinare a casa propria il tartufo – spiega Paolo Papazzoni dell’associazione Trifulin Mantuan – questo ha attutito gli effetti negativi». La vendita nelle gastronomie è aumentata del 300 per cento, infatti. Di anno anomalo parla anche Papazzoni che guarda alla ristorazione: «Il settore tartufo regge ma il problema è grave per i ristoranti della zona che in questo periodo hanno sempre visto un boom di clienti desiderosi di degustare». Non ci sono invece problemi per la cavatura: «I cercatori possono muoversi tranquillamente perché sono fuori a tutti gli effetti per lavoro» spiega Papazzoni.
Lo stop invece è arrivato per le iniziative di promozione promosse dall’Associazione strada del tartufo. «Siamo in stand by per quest’anno – spiega il sindaco di Borgocarbonara Lisetta Superbi – sono mancate le sagre e tutte le conferenza e gli appuntamenti connessi che mirano a far conoscere la cultura del tartufo e del territorio. Ma è una battuta d’arresto temporanea, la voglia di riprendere è tanta e dal prossimo anno saremo pronti a ripartire».