LA SPEZIA. «Te la faccio pagare. Ti faccio licenziare». Rony Mohammed, capocantiere della Gs Painting Srl a Carrara, minacciava con queste parole Howlader Tapon all'inizio del 2019. L'unica colpa dell'operaio era quella di essersi assentato dal lavoro per 3 giorni. «Stavo male» spiegherà Tapon. Ma Rony, all'epoca, non aveva voluto sentire ragioni. Coprendo di insulti e minacce il suo sottoposto, rientrato in cantiere. Dalle intercettazioni raccolte dagli uomini della Guardia di Finanza della Spezia emerge un quadro di sfruttamento e paura. Quello che è stato sgominato dall'indagine, coordinata dalla Procura, è un sodalizio criminale che faceva leva sullo «stato di bisogno degli sfruttati». Mortificati, bersagli di crudeltà: non potevano nemmeno andare in bagno. «Ero disposto a qualunque lavoro pur di mantenere la mia famiglia in Bangladesh, oltre a me stesso» ha raccontato Tapon. Il quale accetta un lavoro duro, il carteggiatore nei cantieri di yacht di lusso, per una paga oraria di appena 5 euro. Howler Tapon arriva in Italia nel 2016. Quando scorge le coste della Sicilia, a bordo di un barcone carico di disperazione, vede soprattutto un'opportunità.
Quella di sostenere la sua famiglia, rimasta a vivere in una tra le zone più povere del mondo. Accetta il lavoro con la Gs Painting Srl a fine novembre 2018 fino a fine gennaio 2019. Due mesi d'inferno. Per 15 giorni viene mandato al cantiere Baglietto della Spezia, sotto la direzione di Rahaman Atiqur, detto Atik. I turni erano massacranti. «Dalle 10 alle 14 ore al giorno a carteggiare scafi». Senza sosta. Solo 15 minuti a metà mattinata e poi 30 minuti per ingoiare un panino: «In queste pause dovevi andare al bagno, fuori da queste ore era poco tollerato». Nessuno osava lamentarsi con Atik e l'altro capo, Bin Rauf Mahmud, detto Sojib. Quest'ultimo ritenuto dagli operai come «persona molto importante, che tutti temevano». Insulti, minacce, percosse nei racconti dei lavoratori. Tapon viene quindi a Carrara, dove era portato con «un furgone aziendale alle 5 del mattino». E lì al lavoro per 11 ore nei feriali, nei weekend 6 o 8 ore, come carteggiatore, verniciatore, molatore. Per due mesi lavora un totale di 585 ore, senza permessi, ferie, riposi, «tranne il giorno di Natale».
A gennaio si ammala e, dopo le minacce, al rientro viene apostrofato con «figlio di un cane», «figlio di maiale», tra le offese più umilianti nella cultura dell'uomo. «Mi minacciò, se non riuscivo a lavorare al ritmo degli altri mi avrebbe lasciato a casa. Lui – Sojib, ndr – ha sempre detto che non riceve certificati di malattia e che quando si sta male ci si deve presentare comunque sul posto di lavoro. Se non si lavora, non si viene pagati». Tapon deve restituire gran parte della busta paga. Nel gennaio 2019 riceve un bonifico di 4 mila euro, ma può trattenerne 1525, corrispondenti a 305 ore di lavoro a 5 euro. La differenza va ai capocantiere: «Ho visto altri operai prelevare i contanti per consegnarli a Rony». A fine gennaio trova un altro impiego, ma a febbraio si vede accreditato un altro stipendio di 1399 euro, somma che dovrà trasferire tramite money transfer in Bangladesh a un misterioso nominativo segnalatogli da Sojib.