LUCCA. I pediatri potranno fare il tampone antigenico rapido per capire se un bambino è positivo al coronavirus oppure no. E in soli 20 minuti. Il via libera che fa tirare un sospiro di sollievo a tanti genitori è arrivato grazie all’accordo fra la Regione Toscana e i sindacati dei pediatri di famiglia. Ma attenzione: almeno per il momento i medici lucchesi avranno a disposizione all’incirca uno o due test al giorno. Non di più. Lo conferma il dottor Domenico Fortunato che spiega quali come saranno usati i tamponi rapidi e in quali casi. «Noi pediatri di famiglia ci siamo resi disponibili – dice – per alleggerire il carico di lavoro del dipartimento d’Igiene e per andare incontro alle esigenze dei nostri bambini. Sottoporsi al tampone molecolare al decimo giorno per poi avere il risultato in ritardo non ha senso. Con l’antigenico rapido invece, potremmo dare una risposta in venti minuti mentre per eseguirlo ci vogliono dai cinque ai dieci minuti, non di più». In generale, secondo quanto fanno sapere dalla Regione, il test è rivolto ai contatti stretti asintomatici, individuati dal pediatra o individuati e segnalati dal Dipartimento di Prevenzione in attesa di tampone rapido oppure ai casi sospetti, che il pediatra si trovi a dover visitare e che decide di sottoporre a test rapido.
«L’antigenico ad esempio si presta bene per i contatti scolastici – spiega Fortunato – al decimo giorno di quarantena potremmo farlo ma già il contatto con un positivo in famiglia necessita di un molecolare come anche il bambino che ha sintomi. A oggi però di test rapidi ce ne danno pochi – aggiunge – ogni pediatra dovrebbe ricevere una prima fornitura di circa 30-40 test rapidi da utilizzare fino alla fine dell’anno. In media quindi viene uno e qualcosa al giorno. Questa è una prima tranche poi magari potrebbero darcene di più». In tutto, da Lucca alla Garfagnana passando per la Piana, i pediatri di famiglia sono 24 e tutti hanno fra gli 800 e i 1000 pazienti. È evidente che un test rapido al giorno a pediatra sia insufficiente. «Con la riapertura delle scuole le cose stanno andando male – dice senza mezzi termini – perché per una questione numerica non si riescono a seguire il tracciamento e i contatti stretti e quando ci accorgiamo che c’è un contatto stretto positivo è troppo tardi perché ha già infettato altre persone. Tutto ruota attorno alla velocità di esecuzione e di risposta del tampone. Non riuscendo a essere veloci ci siamo giocati tutto. Io ho delle mamme che aspettano il risultato del tampone da 8-10 giorni – aggiunge poi – speravamo che venisse previsto un percorso dedicato per il personale scolastico e gli studenti e pare che fosse anche stato pensato ma poi non ce l’hanno fatta. Ora siamo in questa situazione e come pediatri cerchiamo di rispondere al meglio».
Ancora però la data in cui saranno consegnati i tamponi rapidi ai pediatri – insieme a tutti i necessari dispositivi di protezione individuali che sono necessari per effettuarli – non è stata comunicata. «Appena ci danno il via con la consegna dei tamponi noi partiamo – dice – credo sia una questione di breve termine. Magari fra una settimana, dieci giorni». Fra i vantaggi del test rapido – che nel caso risulti positivo necessita però della conferma del tampone molecolare – oltre alla velocità di risposta c’è anche il modo in cui è fatto. «È più piccolo e flessibile – spiega – ma di fatto viene eseguito allo stesso modo. A farlo può essere anche un infermiere professionale ma sempre in presenza del medico». Intanto questi sono giorni di complicata gestione per i pediatri. Oltre all’emergenza sanitaria da Covid infatti, c’è anche il problema della carenza dei vaccini antinfluenzali.
«Io al momento ho due segretarie – dice – una risponde alle chiamate ordinarie e l’altra sta contattando tutti i genitori per rimandare la vaccinazione antinfluenzale o per dire loro che non possiamo farla perché non abbiamo abbastanza dosi. Nel nostro studio siamo in quattro e in tutto ce n’è arrivato un terzo rispetto a quelli che avevamo richiesto. Avevamo previsto di vaccinarne 450 a testa e invece ci siamo fermati a un centinaio ciascuno».