LIVORNO. «È successa una tragedia immane e se avessi saputo che Jonathan respirava male sarei andato a visitarlo, mandandolo nel caso al pronto soccorso. Il fatto è che sia lui mercoledì e giovedì, che il fratello venerdì, mi hanno detto che aveva solo febbre, mal di gola e raffreddore. E per una persona di 39 anni che è sanissima, come apparentemente lo era lui, se questi sono i sintomi si aspettano due-tre giorni e poi si decide se fare o meno il tampone. Io avevo quelle indicazioni e non le ho sottovalutate».
A parlare è Marco Fiorentini, 61 anni, il medico di famiglia di Jonathan Mangone, il cassiere del Penny Market di 39 anni morto sabato scorso dopo quattro giorni di febbre alta per arresto cardiaco, forse a seguito di un’embolia. “Johnny” – come molti lo chiamavano a Livorno – si era sentito male martedì, poi la situazione è precipitata fino al decesso, risultando positivo al covid.
Dottore, cosa è successo?
«L’Asl chiarirà le cause. Ho letto che ha avuto due infarti, uno in ambulanza e l’altro al pronto soccorso. Forse aveva una predisposizione sconosciuta in tal senso, che il coronavirus può aver scatenato in poco tempo. Il covid-19 può non essere la causa principale della morte, ma avrà influito».
Ma partiamo dall’inizio, quando vi siete sentiti lei e Jonathan per la prima volta?
«Mi ha chiamato mercoledì, saranno state le 17, dicendomi che aveva febbre, mal di gola e raffreddore».
Però stava male dal giorno prima.
«Ho letto sul Tirreno che lo ha detto il fratello, ma io sapevo che si era sentito male mercoledì».
Lei cosa gli ha consigliato di fare?
«Gli ho chiesto se avesse avuto altri disturbi gravi, perché la febbre e il raffreddore in questo periodo ce l’hanno in molti, e mi ha risposto di no. Poi gli ho domandato se al lavoro avesse avuto contatti con persone positive o sospette, ma ha detto che vedeva tanta gente e per quanto ne sapeva lui era tutto ok. Siamo quindi rimasti d’accordo che ci saremmo risentiti ogni giorno e che se la situazione fosse peggiorata avremmo agito di conseguenza. Non gli avevo prescritto alcun farmaco e chiaramente gli ho consigliato di isolarsi dai familiari, in particolare dalla madre che vive in casa con lui (poi è risultata positiva ndr)».
Qual era la strategia?
«Se la situazione fosse rimasta inalterata per i tre giorni successivi ci saremmo organizzati per un tampone a domicilio. Ma tampone o non tampone, se lo scenario si fosse aggravato non avrei esitato a visitarlo e mandarlo in ospedale. Non l’ho abbandonato».
A quanto dice la famiglia venerdì la situazione si è aggravata.
«Con Jonathan mi sono risentito giovedì e mi ha spiegato che la situazione era rimasta inalterata. Allora gli ho risposto se tutto fosse rimasto uguale anche nei giorni successivi ci saremmo organizzati per il tampone. Io da giovedì non ho più sentito Jonathan, nessuno mi ha detto che respirava male».
Quindi lei non sapeva che venerdì si era aggravato?
«Lo ripeto: no. Venerdì fra l’altro io non ho neanche parlato con Jonathan, ma col fratello. A precisa domanda su come stesse, mi ha risposto: “Non respira male, ma si lamenta che ha la febbre”. Inizialmente ero convinto che si trattasse di una forma di raffreddore con febbre alta e sapendo che Jonathan aveva 39 anni ed era sano, non ero preoccupato. Avrei fatto questi due-tre giorni di monitoraggio per poi fare il tampone».
Il giorno dopo è morto.
«Ed è una tragedia. Ma io avevo quelle indicazioni e non ho sottovalutato la situazione. Se mi avessero detto che oltre ad avere febbre, raffreddore e mal di gola respirava male, lo avrei fatto ricoverare. Ma se mi descrivono sintomi diversi, cosa posso fare? Ho un sacco di pazienti con la febbre, se li mandassi tutti al pronto soccorso lo intaserei».
Lei Jonathan lo conosceva bene?
«Non bene, in ambulatorio veniva qualche volta a ritirare i farmaci per la madre. Una volta gli ho detto se per caso voleva che gli prescrivessi qualche esame di controllo, ma mi ha risposto che stava bene. Se Jonathan fosse stata una persona a serio rischio, non avrei aspettato due-tre giorni di osservazione, ma lo avrei fatto subito ricoverare. La sua morte mi ha spiazzato completamente, perché essendo così giovane mai avrei pensato che avesse gravi complicazioni».