LIVORNO. Mai stata Las Vegas ma già alle 21, 30 di venerdì 6 novembre Livorno aveva tirato giù la saracinesca, forse anche prima. È come se noi livornesi avessimo fatto scattare in anticipo il coprifuoco. Meglio: il divieto serale di uscire come da dpcm anti-Covid, perché il coprifuoco quello vero l’hanno assaggiato realmente solo i nostri nonni che dovevano fare i conti con la zona nera e il pericolo di prendersi una fucilata nella schiena senza che fosse solo un modo di dire. Non si può dire che sia il day after e che sia sparito qualunque essere umano da ogni strada: ma già prima che scatti l’ora x si vedono quasi soltanto persone a spasso con il cane per la giratina serale. Sulla pagina Facebook del Tirreno Livorno arriva il post di Cinzia Castiglia per segnalare che «già dalle 21 nessuno in giro». Anzi, per Guido Ravenni questa sorta di desertificazione la si vede «alle 18». Enrico Casali avverte via social che «qui sul viale Italia è deserto», idem Roberta Baldi ma parlando di via Maggi («è deserta e silenziosa») e Sante Ottone posta una foto di via Marradi senza anima viva «anche prima delle 22». Mariagiulia Broccardi Schelmi ci porta sul viale di Antignano per puntualizzare che «non vedo nessuno» mentre Cesarina Frilli parla della situazione in zona La Rosa («non c’è un’anima in giro»). Capita di trovare chi sogna un sano ritorno a una bigia tradizione in cui dopo Carosello si va a nanna o tutt’al più sul divano a vedere in tv le barzellette di Gino Bramieri o magari le serie su Netflix. Ma in casa.
IL POPOLO DEI "RIMASTI A CASA"
Difficile dire se nella sera di venerdì 6 nella nostra città è stato così: probabilmente sì, a giudicare almeno dal numero di finestre illuminate che abbiamo scorto durante un lungo girovagare: quasi 30 chilometri di via in via, di piazza in piazza, tanto in centro come nelle periferie. Segno forse che prima ancora che il contagio di questo stramaledetto coronavirus è arrivato quello della paura o, se vogliamo vederla in positivo, della consapevolezza: del resto, la seconda ondata è caratterizzata dal fatto che ora ciascuno ha la consapevolezza che il Covid non è più una bega per qualche povero vecchietto o un guaio che colpisce lontano, ora ciascuno ha contagiati fra gli zii e i nipoti, fra i colleghi di lavoro e i compagni di calcetto, nella classe del figlio o sul pianerottolo del palazzo.
Il primo test è appena messo piede fuori dal giornale: fra viale Alfieri, viale Nievo e viale Carducci in tre minuti, poco dopo le 21, si contano in tutto una quarantina di auto e sedici scooter. Ma sono arterie di scorrimento cittadino. Basta svoltare in viale Risorgimento: ecco un ragazzo in bici, uomo con il cane e una ragazza che probabilmente sta rincasando, nient’altro. Il tempo di arrivare in Coteto: via Toscana si presenta quasi deserta come se fossero le tre di notte, un suv Range Rover e due Panda. Viale Mameli: gruppetto di ragazzi in motorino, una Volkswagen e una Hyundai più altre sette vetture, solito tizio col cane. Stesso set lunare anche dalle parti di villa Fabbricotti e le strade che portano verso lo stadio.
E IL LUNGOMARE?
Sul viale Italia e sul viale di Antignano di traffico se ne vede un po’ più che altrove: anche questa è una strada di scorrimento nord-sud: ecco l’andirivieni dei fattorini del delivery che portano pizze, sushi e tutto quanto si possa infilare nei loro borsoni e mettere in tavola. Usciremo da questo periodo tutti extralarge peggio che dopo le cuccagne natalizie. C’è anche qualche cane a passeggio con umano al seguito. Ma la Terrazza Mascagni è un’entità metafisica proprio come nelle canzoni di Bobo Rondelli («sulla Terrazza Mascagni anche i lampioni dormono: ospita i miei fantasmi») o di Enrico Nigiotti («le macchine fan luce alla città che dorme»), uno spazio solitario dove far navigare i pensieri. A un quarto d’ora dal lockdown solo sette a passeggiare, ognuno per sé: anzi no, c’è pure una coppia di ragazzi. Più tardi neanche quelli (almeno nel periodo in cui abbiamo girato lo sguardo in quell’angolo di città). E nel complesso non abbiamo visto più di una ventina di persone in tutti i tratti di lungomare che abbiamo percorso: dopo le 22 solo quattro. Nel cuore della Venezia non c’è ragione di finirci dentro: i locali sono chiusi da ore, al lockdown si somma la ztl notturna e dunque per andarci dovresti proprio aver voglia di fare lo struscio sul marciapiede di via Borra o sugli scali del Pesce. Pure qui i pony pizza sono insieme ai vigilantes l’unica fauna umana che si intravede per strada.
I CONTROLLI
In piazza Civica davanti all’anagrafe c’è una pattuglia ma un furgone di carabinieri è anche all’angolo di piazza Garibaldi. Ma piazza della Repubblica è vuota come forse mai prima: dieci minuti prima delle 22 solo tre persone che la stanno attraversando, più tardi solo le statue e quattro auto sull’anello di asfalto che la circonda. In piazza Venti Settembre la musica non cambia: solo l’immancabile cane (più uomo) in cerca di albero o ruota. L’unico gruppetto? In via delle Grazie, ma è solo un caso: i cammini di cinque persone si incrociano per un attimo nella tarda serata.