Il patron della Francescana portavoce del settore italiano «Sono contento che il premier abbia accettato il confronto» «Il presidente ha risposto punto per punto alla mia lettera e si è dimostrato aperto su molti fronti» «Ha fatto capire che non sono fattibili la riduzione dell’Iva e la defiscalizzazione dell’anticipo 2021 Io non la penso così»
MODENA È da Modena che si alza il grido disperato del mondo della ristorazione italiana, grazie ad un testa a testa educato, di ascolto e confronto, avvenuto ieri mattina tra lo chef pluristellato Massimo Bottura e il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Il dialogo ha avuto luogo durante la diretta streaming dell’undicesima edizione di “Cibo a regola d’arte”, il Food Festival del Corriere della sera, quest’anno solo on line. Dopo l’uscita del Dpcm del 24 ottobre, infatti, lo chef modenese più famoso al mondo non è rimasto in silenzio e, sollecitato dalle centinaia di messaggi ricevuti da ristoratori di tutta Italia, ha voluto farsi portavoce della categoria, chiedendo un confronto diretto con Conte non solo per ottenere aiuti. Ma anche per ribadire il ruolo e le «necessità» dei ristoranti italiani che Bottura stesso definisce «botteghe rinascimentali», luoghi dove si perpetuano le tradizioni e si diffonde cultura, nonché ambasciate dell’agricoltura italiana e dei prodotti tipici del nostro Paese nel mondo, oltre che principale motore del turismo estero verso l’Italia. Motore che, in condizioni normali, muove un giro di affari di oltre 80 miliardi di euro annui.
Chef Bottura, è soddisfatto del confronto con Conte?
«Sì, molto. Sono davvero contento che il premier abbia accettato un dialogo con me. La mia non era una richiesta di carattere personale ma avevo il compito di dar voce a tutte le piccole realtà della ristorazione italiana che in questo momento sono nella disperazione. Il fatto che il presidente del Consiglio si sia fatto trovare pronto, rispondendo punto per punto alle richieste che ho avanzato, sta a significare che aveva ben chiaro quanto ho scritto la scorsa settimana in una “lettera aperta”, ripresa da tutti i media. Una lettera che oltre ad avanzare delle richieste di aiuto molto pratiche, sottolineava il fatto che la ristorazione italiana è “poesia e non business” poiché nasce dal sogno di persone che decidono di intraprendere questa strada con una passione infinita. Non dobbiamo dimenticare che è anche grazie all’arte culinaria che l’Italia è conosciuta e attira turismo da tutto il mondo. Aggiungo inoltre che noi ristoratori facciamo formazione, offrendo lavoro e una prospettiva professionale a migliaia di giovani, e ora abbiamo dato inizio anche ad una rivoluzione culinaria “umanistica” che coinvolge il sociale e lotta contro la povertà e gli sprechi alimentari».
Quali sono le richieste che ha avanzato ieri a Conte?
«Di darci speranza e fiducia attraverso azioni pratiche che possano essere aiuti concreti, riconoscendoci come categoria a se stante che non ha nulla a che vedere con i bar, senza nulla togliere a questi ultimi. Richiediamo liquidità parametrata ai reali fatturati, la proroga della cassa integrazione per i dipendenti fino a una stabilizzazione del turismo europeo che potrebbe avvenire ben oltre il mese di marzo, una decontribuzione per il 2121, eliminando gli anticipi di tasse che dovremo versare nel mese di dicembre, visto e considerato che per il 2020 abbiamo adempito in pieno, nonostante l’anno terribile vissuto, e infine un abbassamento dell’aliquota iva al 4% per tutto il prossimo anno».
Quali sono state le risposte ?
«Il premier si è dimostrato aperto su quasi tutti i fronti. Ha riconosciuto molto valida la riflessione che il nostro settore non si riprenderà fino a che non ripartirà tutta la filiera coinvolta nel turismo europeo. In ogni caso ha anticipato risposte concrete. Per quanto riguarda la liquidità ha confermato che già da oggi si sta lavorando per un “decreto ristori bis” affinché, su quanto già percepito a fondo perduto, siano applicati dei moltiplicatori fino al 200% calcolati sui fatturati aprile 2019 e aprile 2020. Ha previsto anche la cancellazione della seconda rata Imu per i gestori proprietari, un credito di imposta pari al 60% per gli affitti di ottobre, novembre e dicembre, la sospensione dei contributi previdenziali per i lavoratori dipendenti con una decontribuzione al 100% per i neo assunti under 35, la proroga della cassa integrazione Covid e il blocco dei licenziamenti fino a marzo, salvo poi una rivalutazione della situazione in base all’evoluzione della curva epidemiologica».
Conte, però, non ha dato speranze né sull’abbassamento dell’aliquota Iva al 4% né sulla decontribuzione dell’anticipo 2021.
«No, purtroppo su queste due importantissime richieste ha lasciato intendere che saranno praticamente impossibili. Ritiene infattibile la proposta di una rimodulazione dell’Iva per il costo elevatissimo che avrebbe. Sulla defiscalizzazione dell’anticipo 2021, Conte ritiene che lo Stato sia un’azienda che, come tale, non può avere flussi in uscita se rinuncia a tutti quelli in entrata. Su questo non mi trovo d’accordo poiché a mio avviso lo Stato, in un momento del genere, dovrebbe ragionare come un buon padre di famiglia facendo di tutto per garantire la sopravvivenza dei propri figli». —
