Marco Serri, 39 anni, imprenditore padovano, è positivo dopo le ferie. È stato sull’isola dall’11 al 19 agosto e ora vuole lanciare un appello
PADOVA. Non solo ha deciso di raccontare la sua storia perché tutti sappiano cosa si prova ad avere il Covid 19, ma ha voluto anche metterci la faccia. «Il virus esiste, non è così difficile prenderlo e può capitare a chiunque».
Lui è Marco Serri, 39 anni, imprenditore padovano, titolare della casa editrice e agenzia di marketing e comunicazione “Il Torchio”.
Dove pensa di aver contratto il virus?
«Sono certo di essermi infettato durante la mia vacanza a Capri, dall’11 agosto al 19 agosto».
Come ha vissuto quei giorni sull’isola?
«Una vacanza normale. Avevamo affittato una casa in sei amici, tutti padovani. Siamo stati in spiaggia, in barca, al ristorante».
Avete fatto feste e aperitivi?
«Sì, ma mai in luoghi in cui ci fossero evidenti assembramenti o dove non si indossasse la mascherina».
Le regole venivano rispettate quindi?
«Devo dire che nei locali non ho mai visto situazioni pericolose. In più proprio mentre ero a Capri è stata emanata un’ordinanza che obbligava a indossare la mascherina dalle 18 in poi, sia nei luoghi chiusi che all’aperto».
Lei è stato ligio?
«Assolutamente sì. In vacanza come in città ho sempre rispettato tutte le misure necessarie».
Quando ha iniziato a stare male?
«Il 17 agosto eravamo a cena fuori e io mi sentivo particolarmente stanco. Ho pensato al sole, ai giri in barca e non ci ho dato troppo peso. Sono andato a letto convinto di svegliarmi più riposato la mattina dopo».
E invece?
«Il giorno dopo stavo malissimo. Avevo dolori alle ossa, il naso chiuso e mi sentivo ancora molto stanco. In più quella era la giornata del ritorno. Dovevo tornare a Napoli e poi da lì prendere il volo per Venezia. Per come mi sentivo è stato difficilissimo, ero affaticato e mi pesava perfino fare una salita a piedi».
Ha pensato al coronavirus?
«No, attribuivo i sintomi a un raffreddamento, magari dovuto all’aria condizionata, o alla stanchezza».
E così è tornato a Padova? «All’aeroporto la mattina del 19 agosto mi hanno misurato la temperatura, come a tutti i passeggeri. Non avevo febbre e così sono partito».
I sintomi sono peggiorati?
«Arrivato a casa, a Padova, ho iniziato a stare sempre peggio. Ho perso il senso del gusto, si sono aggiunti sintomi gastrointestinali ed è comparsa la febbre. Non altissima, non ho avuto mai più di 37. 7, ma stavo malissimo».
Quando ha fatto il tampone?
«La mattina seguente, il 20 agosto, sono andato a Malattie Infettive. Nonostante non avessi avvisato il mio medico sono riuscito a farlo lo stesso. Ero così debilitato che mi hanno voluto anche visitare».
Il risultato quando l’ha avuto?
«Il mattino seguente: positivo».
Cos’ha pensato?
«Ho avuto paura. Si tratta comunque di un virus per cui al momento non c’è cura. Ho chiamato il mio medico, gli ho chiesto indicazioni e mi sono messo in quarantena».
Adesso come sta?
«Sto un po’ meglio. I sintomi stanno un po’ alla volta scomparendo. Ma voglio dire chiaramente che con il coronavirus si sta male, anzi malissimo. È vero che i sintomi sono quelli influenzali ma sono dieci volte più potenti».
Dovrà rifare il tampone?
«Sì, ne ho uno fissato per il 2 settembre e un altro per il 4 settembre. Se entrambi saranno negativi vorrà dire che sarò guarito».
Ha capito come mai nonostante tutte le accortezze ha contratto il virus?
«No, non l’ho capito. Ho capito solo che questo è un virus subdolo e che prenderlo è più facile di quanto si pensi».
Gli altri sui compagni di viaggio sono positivi?
«Fortunatamente no».
Perché ha voluto raccontare la sua storia, esponendosi in prima persona?
«Perché questo mio racconto sia un monito per i negazionisti. Il Covid 19 esiste e non deve essere sottovalutato» . —
