TREVISO. Ora l’allerta virus si sposta dalla caserma Serena al carcere di Santa Bona. Il profugo Gambiano arrestato sabato mattina dagli agenti della questura dopo aver malmenato un medico, creato il caos nell’infermeria e minacciato gli agenti è risultato positivo al coronavirus dopo il tampone fatto in carcere. Intanto sulla ex caserma, arriva il duro atto d’accusa del sindaco di Treviso Mario Conte: «La società che la gestisce deve pagare».
Il contagio in carcere
Quando il migrante è stato portato a Santa Bona dopo l’arresto era negativo al covid. Ciò nonostante, fortunatamente, è stato preso in carico dalla polizia penitenziaria secondo un rigido protocollo di sicurezza che prevede isolamento e tampone. Si dava per scontato che non ci fossero problemi, visto che l’azienda sanitaria aveva sottoposto il gambiano al test pochi giorni prima (quando aveva fatto scattare la quarantena in caserma alla base della sua folle reazione), e l’uomo era risultato negativo. Invece il test eseguito a Santa Bona ha dato esito positivo. Di lì l’immediato protocollo di sicurezza che ha messo in isolamento precauzionale sei agenti che erano venuti in contatto con lui (tutti indossando i dispositivi) che ora sono in atesa dell’esito del tampone di controllo. Con gli altri detenuti non c’è stato alcun contatto.
Conte: «Il gestore colpevole»
Dopo la richiesta danni paventata giorni fa, e dopo l’auspicio dell’europarlamentare leghista Gianantonio da Re riguardo l’apertura di una inchiesta sul contagio alla Serena, il sindaco di Treviso Mario Conte ieri è tornato alla carica contro il centro di accoglienza chiamando in ballo direttamente la Nova Facility, società che gestisce la caserma: «Tutte le testate nazionali parlano di Treviso con il focolaio più grande di Italia, e non è bello» ha detto ieri il sindaco Conte, «Noi abbiamo fatto e stiamo facendo pelo e contropelo ai cittadini, associazioni sportive e culturali perché rispettino le leggi, dispiace constatare che all’interno delle strutture che gestite dal Ministero queste non vengano rispettate». Conte punta il dito sugli assembramenti, i festini, ma anche le più comuni norme di tutela come l’utilizzo della mascherina che a detta di molti ospiti alla serena era un optional. «È questione di principio, noi quando abbiamo responsabilità siamo chiamati a rispondere, in questo caso non abbiamo sbagliato noi o la comunità, «c’è qualcuno che è stato leggero nella gestione e i danni li piaghiamo noi».
Usl scagionata
C’è stato un momento, tra il primo contagio (inizio giugno) e il secondo contagio (stavolta maxi, a fine luglio) in cui i migranti, pur 300 in un unica caserma, e pur con un “precedente” non son stati più sottoposti a monitoraggi di controllo. I tamponi sono scattati quando è stato individuato un nuovo contagio. Una superficialità? Il contagio di massa si poteva evitare sottoponendo l’hub Serena già un mese fa ai controlli “settimanali” proposti invece solo ora? Si doveva e poteva utilizzare già prima il metodo adottato per altri luoghi a rischio come le Rsa? Conte non entra nel merito, ma assolve l’azienda sanitaria: «i monitoraggi si sono fatti nel momento in cui si presentavano possibili contagi. Io ringrazio l’Usl per il lavoro fatto, perché al primo caso nel giro di poche ore hanno tamponato tutti, e così hanno fatto la seconda volta e adesso lo faranno nei prossimi giorni. Dispiace sentire i dipendenti della cooperativa dichiarare che non c’è distanziamento e mascherine. All’interno di strutture ministeriali queste cose non si fanno». Secondo conte il problema è chiaro: non sono state fatte rispettare le regole. Una critica anche alla prefettura, che in quanto Stato è l’ente appaltante della Serena? Conte nega l’omesso controllo scaricando di fatto la responsabilità di tutto sulla società di Gian Lorenzo Marinese auspicando, quantomeno, «una ammonizione dal prefetto».
i residenti attaccano
Chi punta il dito contro il prefetto Maria Rosaria Laganà però sono i residenti per bocca dell’ex consigliere comunale Domenico Piccoli: «Siamo offesi dalla tolleranza del prefetto sui festini alla Serena» dice Piccoli, «noi dobbiamo avere pazienza e sopportare? Penso che sia assurdo tutelare questi ragazzi senza pensare che i residenti sono stati 4 mesi agli arresti domiciliari e sono rimasti a casa buoni e calmi. In secondo luogo il prefetto dovrebbe rendersi conto, quando chiede pazienza, che i residenti di Treviso e Casier portano pazienza da 5 anni, e adesso dobbiamo pure convivere con una emergenza sanitaria come questa, i cui confini non sono ancora chiari. Siamo stanchi». —
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