Il rammarico: per la prima volta da quando alleno non sono riuscito a entrare nella testa dei giocatori, lascio un grande club
COPPARO. Luca Albieri ieri pomeriggio si è liberato di un peso. Ha parlato tutto d’un fiato: «Il campionato alla guida della Copparese non mi è piaciuto. È stato un fallimento, ed il responsabile – l’unico responsabile – sono io. Sono molto arrabbiato con me stesso. Devo trarne le conclusioni: non sarò più l’allenatore della Copparese».
AUTOCRITICA
Dichiarazioni nette. Forti. L’autocritica di Albieri è spietata: «Non pensavo ad una stagione del genere, immaginavo un torneo di vertice. Sapete come sono fatto io, vivo di emozioni forti, do il sangue e il cuore. Speravo di far divertire il pubblico, la piazza, di coinvolgere tutto l’ambiente. Volevo regalare un grande calcio. Soprattutto per questa realtà, ed anche pensando a mio padre che a Copparo ha giocato e lavorato. Invece, niente. Non ci ho dormito la notte, tante volte. Ripeto: fallimento interamente mio. Non ho fatto scattare la scintilla, non sono riuscito ad entrare nella testa dei giocatori, non mi sono fatto amare. Stagioni così non servono, e non mi interessano: il calcio si fa solo per vincere, altrimenti non ne vale la pena».
Dunque, Albieri lascia la Copparese. Ma nell’esaminare l’annata andrebbe anche rimarcato che ci sono stati tantissimi intoppi: squalifiche ed infortuni in dosi industriali, ed un mercato che non ha portato tutti i grandi nomi di cui si parlava in estate ed anche nella finestra di “riparazione”. Albieri però taglia corto: «Nessun alibi. Non entro nel merito del mercato, pensavo che si potesse far bene ugualmente. Bruttissima stagione. Ho sofferto, tra l’altro in una società di amici e di bravissime persone, in primis il grande presidente Mari».
«QUI NON MI AMANO»
Pensare ad un Albieri sfiduciato significa però non conoscere bene il vecchio leone. Che infatti graffia con orgoglio: «Ho voglia di ripartire come dico io. Mi fa ridere chi, in giro, dice che non sono un vincente: in quattro anni ho vinto due campionati, so bene come si fa. Per vincere, bisogna ascoltarmi». Un’amara constatazione («A me, ferrarese, Ferrara e provincia non portano bene. Sono amato “fuori”, ma non nel mio territorio. Meglio togliere il disturbo») e poi lo sguardo al futuro.
CON ROBERTO
Con qualcosa di molto concreto in pentola: «Mi hanno cercato cento squadre, ma confesso che c’è un discorso molto ben avviato con il Rovigo di Roberto Benasciutti, che potrebbe essere ripescato in Promozione. Conosco Roberto, sono stato suo giocatore, lo stimo come persona e come dirigente. Inoltre c’è una struttura dirigenziale e di investitori molto forte. La città, la piazza, le strutture... si commentano da sole. Sarei orgoglioso di andare al Rovigo. Abbiamo avuto ottimi contatti, proficui, ci rivedremo a breve. L’approccio mi è piaciuto molto». Una battuta finale sulla sua cara vecchia Spal? «Ma no, non guardo la Spal. Seguo l’Inter. In riferimento alla Spal provo solo un grande dolore per la morte di Luciano Cazzanti, al quale devo molto». –
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