MANTOVA. Lo stato di salute del Po è migliorato, ma non abbastanza da far dormire sonni tranquilli. Se le piogge cadute negli ultimi 15 giorni hanno concesso una parziale tregua alla scarsità idrica annotata fino agli inizi di maggio (dopo quattro mesi di quasi totale assenza di precipitazioni), le previsioni dell’Osservatorio permanente sulle crisi idriche riunitosi il 26 maggio, per le prossime due settimane sono piuttosto pessimistiche. Anche considerando la buona ricarica delle falde sotterranee, l’organismo di controllo rileva che l’arco temporale fino alla prossima riunione, fissata per l’11 giugno (fatto salvo un leggero peggioramento con possibili precipitazioni a macchia di leopardo e dunque di scarsa entità tra l’1 e il 2 del prossimo mese) presenta seri rischi potenziali di crisi. Questo anche in relazione all’aumento delle temperature e al contestuale avvio dell’intensa attività di prelievo stagionale. Le previsioni stimano che in corrispondenza del prossimo Osservatorio, le portate del Po potrebbero attestarsi a una quota fino al 45% al di sotto della media del periodo.
«Ed è per questo che lo scenario si conferma di criticità media con precipitazioni (possibili) e dunque a rischio, da seguire con grande attenzione e monitoraggio costante» riferisce una nota dell’Autorità distrettuale del fiume. Nelle ultime settimane le precipitazioni cadute hanno concesso una temporanea tregua alla pesante scarsità d’acqua, incrementando i livelli delle portate del Po nelle diverse sezioni considerate e contribuendo, al contempo, al riempimento dei grandi laghi alpini. Laghi che stanno svolgendo il fondamentale ruolo di serbatoi di risorsa idrica risultando invasati per una percentuale che supera il 96% della loro capacità. Proprio in questo modo infatti – come suggerito dallo segreteria tecnica distrettuale coordinata dall’ingegner Silvano Pecora a inizio maggio e grazie all’attività dei Consorzi che regolano i flussi dei laghi – si è potuto garantire un approvvigionamento di oltre 156 milioni di metri cubi di acqua che rappresentano oggi la garanzia più immediata per i territori di valle.
Le cronache dello scorso inverno sono piene di allarmi lanciati dal mondo agricolo (e non solo) per i livelli tragicamente bassi del Grande Fiume. L’emergenza coronavirus, scoppiata a partire dalla fine di febbraio, ha in parte distolto l’attenzione dal problema siccità, ma lo scorso aprile ci ha pensato Coldiretti a puntare nuovamente i riflettori sulla drammaticità della situazione. In quel periodo erano già iniziate le irrigazioni di soccorso per alcune coltivazioni, messe a rischio dalla scarsità di precipitazioni. Nel Mantovano l’assenza di pioggia ha costretto gli agricoltori a ricorrere alle irrigazioni per meloni, angurie e anche per i pomodori, già durante la fase di trapianto. Una situazione da allarme rosso per il settore primario, che ha trovato un po’ di compensazione in maggio. situazione attuale Attualmente le portate del fiume Po, alle principali sezioni idrometriche, evidenziano valori mensili confrontabili con le medie di lungo periodo. In particolare, alla sezione di Pontelagoscuro, nel Ferrarese, il valore di portata giornaliera è stato pari a 2.033 m3/s il 24 maggio mentre nel lungo periodo il valore medio mensile è di 2.011 m3/s. Nella sezione di Cremona si segnala ora un livello idrometrico di -3.90 m superiore al minimo storico (luglio 2005) pari a -7.80 m sullo zero idrometrico. Anche a Boretto, nel Reggiano, si registra un’altezza idrometrica (0,38 metri) superiore al minimo storico (-4.50 nel luglio 2015).
Nei prossimi giorni, l’andamento previsto delle portate e dei livelli idrometrici è caratterizzato da un progressivo esaurimento, interrotto temporaneamente da alcune precipitazioni previste all’inizio di giugno, per poi riprendere una graduale e costante diminuzione, risultando agli inizi del mese valori di portata significativamente inferiori alle medie di riferimento.
Stante le attuali portate a Pontelagoscuro, l’intrusione salina nei rami del delta risulta ancora limitata dai valori di portata osservati e previsti. I volumi di acqua invasati nei bacini montani alpini oggetto di monitoraggio sono pari a circa 620 milioni di metri cubi. In termini percentuali si tratta di poco meno del 39% del volume massimo invasabile nel distretto del Po (pari a oltre 1.600 milioni di mc). Il dato è di poco superiore alla media dei valori storici misurati dal 1997 al 2019 riferiti allo stesso periodo.
L’accumulo nevoso del periodo, pur in diminuzione, si attesta su valori maggiori di circa l’8% rispetto alla media degli ultimi anni. Alla data odierna i volumi di acqua attualmente invasati nei grandi laghi regolati (Maggiore, Como, Iseo, Idro e Garda) sono pari a circa 11.162 milioni di metri cubi. In termini percentuali si tratta di quasi il 96% rispetto al volume massimo invasabile. Il dato è pari a quasi il 14% in più della media storica dei valori di volume invasato nel periodo. In particolare, nel caso del lago Maggiore, la richiesta al Consorzio del Ticino di incrementare il volume accumulato nel bacino ha consentito l'innalzamento del livello da +63 a +127 cm sullo zero idrometrico, con un incremento di circa il 57% del volume invasato (da 325 a 509 mm3).