Una voce che arriva da lontano, dai primi del secolo, parole ascoltate come per miracolo, urlate attraverso il rombo assordante di un'elica e, nonostante tutto, limpide, precise e nette come una cabrata ben fatta.Questo troverete in L'uomo che baciava le nuvole. Memorie e diario di guerra di Roland Garros (66thand2nd, pagg. 424, euro 23) volume che unisce due testi scritti dal grande pioniere dell'aviazione che morì combattendo durante la Prima guerra mondiale.Per qualcuno potrebbe essere già una sorpresa che Garros, a cui è stato dedicato alla memoria lo Stade Roland Garros, non sia un tennista. Per tutti, anche quelli che conoscono le prodezze aviatorie di questo spericolato francese, nato a Saint-Denis nel 1888 e morto nell'esplosione del suo Spad sopra Saint-Morel nel 1918, sarà una sorpresa la nitida scrittura di Garros, che mise mano a queste memorie mentre era prigioniero dei tedeschi. Ma prima di portarci in quota sulle ali delle parole di Garros mettiamo in fila, come luci su una pista di decollo, quel minimo di dati biografici che ci aiutino a seguire la straordinaria rotta del collaudatore di macchine volanti. Tutto cominciò nel 1909 quando il giovane Roland, che sin da bambino sognava di volare (quasi allucinazioni notturne, poco ci mancò che saltasse da una finestra), assistette ad una dimostrazione dei primi rudimentali velivoli vicino a Reims. Restò folgorato. Decise di comprare un "aereo". Uno sforzo economico enorme per lui. Fortunatamente però le cose gli stavano andando bene, anche se ancora privo d'ali era già esperto di motori e, a soli vent'anni, si era scoperto un ottimo commerciante di automobili. Furono le auto a fornirgli i diecimila franchi necessari a comprare una "Demoiselle": uno dei prototipi di aereo meno costosi dell'epoca. Progettato dal brasiliano Alberto Santos-Dumont, questo monoplano, all'origine, pesava solo 56 chili e aveva un motore da 18 cavalli (molti scooter di oggi sono più potenti). Vere istruzioni per pilotarlo non ce n'erano. Se si era abbastanza pazzi per farlo si saliva e si provava. Garros era abbastanza pazzo. Il primo volo si trasformò in una violenta collisione con un altro apparecchio prima ancora del decollo. Garros continuò a provare. Rivelò presto un talento naturale. Iniziò a girare di dimostrazione aerea in dimostrazione aerea. Era nato un mito dell'aviazione. Nel 1911 raggiunse con un aeroplano i 3910 metri: record mondiale. Nel 1912 raggiunse in due voli consecutivi i 5000 e poi i 5610 metri; nel medesimo anno vinse la gara aerea Tunisi-Roma. Nel 1913, il 23 settembre, scatenò il delirio con il primo volo senza scalo attraverso il Mediterraneo, da Fréjus, Francia, a Biserta, Tunisia. L'anno successivo, prima di entrare nell'esercito francese allo scoppio della Grande guerra, fu primo nel rallye aereo di Monaco.La guerra cambiò tutto, l'aviazione non era più un gioco. Garros fu il primo a intuire che bisognava mirare con tutto l'aereo e che per farlo era necessario sparare attraverso l'elica. Come racconta nel suo diario usare fucili o carabine era ridicolo. Non esisteva una tecnologia adatta per sincronizzare la mitragliatrice? Pazienza, Garros era rimasto il pazzo visionario che era: per proteggere le pale dai proiettili vi inserì due protezioni di metallo all'altezza della bocca della mitragliatrice. Dopo una lunga serie di esperimenti falliti - "lancio l'elica, sparo 300 cartucce circa senza interruzione. La mitragliatrice si inceppa e io stacco il motore raggiante: ahimè, l'elica è ridotta a brandelli" - con questo sistema, molto artigianale, riuscì ad abbattere tre aerei tedeschi. Poi, il 18 aprile 1915, fu costretto ad un atterraggio di fortuna oltre le linee nemiche. Ne seguì una lunga prigionia, durante la quale sono state scritte le sue Memorie. Memorie a lungo credute perdute e pubblicate in Francia solo nel 2016. Garros riuscì comunque a sfuggire alla sorveglianza dei tedeschi, il 15 gennaio del 1918, e a tornare in patria con una fuga rocambolesca. Decorato con la legion d'onore, pretese di tornare a combattere con la sua squadriglia, la MS 26. Venne messo ai comandi di uno Spad XIII. Nel tempo in cui era stato prigioniero però gli aerei erano terribilmente cambiati: altre velocità, altre potenze. Il 2 ottobre riuscì comunque ad abbattere un modernissimo Fokker DVII. Il 5 ottobre combattendo con un gruppo di 7 caccia tedeschi non gli andò così bene. L'epopea finisce in un fil di fumo. Il suo corpo venne ritrovato sfigurato.Ma se il finale è tragico e noto le memorie, ancora più dei diari di guerra, consentono di sognare e di volare con Garros. Il dattiloscritto recuperato nel castello di Malmaisson, copia fedele dell'originale voluta da Jean Ajalbert, critico d'arte e grande amico di Garros, accompagna il lettore nel grande romanzo della nascente aviazione. Ci sono le emozioni degli inizi: "Regolai la cintura della leva di svergolamento e presi posto nel velivolo, senza casco né occhiali... Ero emozionato ma al tempo stesso risoluto". La descrizione dei piccoli dettagli che rendevano il volo, su quei trabiccoli di tela, pura avventura: "Il tempo si definiva bello quando in mezzo al campo il fumo di una sigaretta saliva seguendo una perfetta verticale. Altrimenti era tempesta". Il senso del rischio che Garros era sempre pronto a correre: "Appena uscito dall'hangar accelerai a fondo e decollai praticamente sul posto, trasportato dal vento... Ero sballottato da una parte all'altra come un tappo di sughero in mezzo alle onde. Le ali si torcevano - sentivo che erano sul punto di cedere... Poi si verificò un fenomeno spaventoso e inspiegabile: di colpo mi sentii sollevare, l'apparecchio veniva proiettato verso il cielo in una posizione incomprensibile. Vedevo gli alberi pendere a testa in giù... Mi risvegliai dall'incubo quasi subito. L'aereo era tornato in posizione normale...". O anche solo la pura gioia del volo: "Il decollo fu dolcissimo, impeccabile... L'orizzonte si era fatto più ampio. Scivolammo nell'aria perfettamente calma con un ronzio ovattato". Garros nei suoi passaggi più belli può tranquillamente far compagnia ai grandi scrittori volanti venuti dopo di lui, come Saint-Exupéry o James Salter. Dell'uno ha le leggerezze, dell'altro la precisione descrittiva.