È il giorno di San Valentino del 2007 e Vittorio Pirami, come ogni pomeriggio, infila il cappotto per andare a studiare all'archivio diocesano di Milano. Un caffè, il tempo di inforcare gli occhiali per leggere da vicino, ed eccolo chino sui suoi manoscritti del Cinquecento. Meticoloso, si mette in testa di indagare sulle origini ignote della pittrice Fede Galizia, morta durante la peste ma senza una data né una città di nascita certe. Scartabella fra i libri parrocchiali, sfoglia i registri di tutti i bambini battezzati fra il 1565 e il 1587 della parrocchia di Santo Stefano in Brolo, zona di artisti. Un lavoro infinito.A un certo punto gli sale una vampata di calore fino alla nuca, balza sulla sedia. Rilegge le due righe in cui si è imbattuto ma è così emozionato che non vede più le lettere. «Adi 30 fu bat(tezzato) Michel Angelo f(ilio) de D(omino) Fermo Merixio e d(omina) Lutia de Oratoribus». Quel nome, Michelangelo. E quel cognome, Merixio. Cioè Merisi. Vittorio non urla ma è un miracolo che non gli venga un colpo. Quella è la registrazione del battesimo del Caravaggio, un documento che gli storici cercano da almeno 80 anni e che ha creato lunghi dibattiti sulle origini del pittore. «Ma sei sicuro? - gli chiede la moglie Francesca la sera a casa - Sembra così impossibile». «Eppure è così, davvero - si convince lui, ragionando ad alta voce - Luzia de Oratoribus sta per Lucia Aratori, è sua madre». Vittorio è frastornato. Ripensa a quando da giovane abbandona gli studi in filosofia, a quando si accontenta del diploma da ragioniere per cominciare a lavorare presto (prima alla Olivetti e poi alla Standa come responsabile di filiale). E ora, semplice pensionato e appassionato di paleografia e archivistica, si imbatte in una scoperta sconvolgente. Lui, proprio lui, che sta semplicemente coltivando un interesse a titolo puramente personale. Immediatamente avvisa il direttore dell'Archivio Diocesano, monsignor Bruno Maria Bosatra. «Poi ho parlato anche con lo storico dell'arte Giulio Bora che mi ha aiutato a fare tutti gli approfondimenti - racconta Vittorio, modesto ma con gli occhi che gli brillano ancora di entusiasmo - Non pensavo fosse una scoperta così eclatante, invece si è scatenato un interesse generale molto alto. Il documento - spiega Vittorio - era tutto consumato. Era un semplice brogliaccio che il prete aveva in sacrestia e che poi deve aver trascritto nel registro ufficiale. L'ho analizzato con la lampada di Wood e ho cercato anche le pagine dei battezzati dei giorni precedenti, perché in quella pagina non erano indicati né l'anno né il mese». Da lì cominciano a inanellarsi una serie di conferme: Vittorio riesce a capire che quel Michel Angelo è stato battezzato il 30 settembre 1571 e probabilmente nato il giorno prima, il 29 settembre, che guarda caso era la festa di San Michele Arcangelo. «Ho consultato vari testi e gli storici di quel periodo raccontano che i bambini dovevano essere battezzati entro 9 giorni dalla nascita. Quindi tutto coincideva».Il nome di Vittorio probabilmente non verrà mai citato dai libri di testo di arte. Ma la sua storia resterà celata dietro brevi didascalie che, in futuro, indicheranno Milano come città natale del Caravaggio. «Mi dispiace per il comune bergamasco - ammette il pensionato-paleografo - So che ci sono rimasti molto male. Però, in base al materiale che ho studiato, so per certo che Michelangelo Merisi si trasferì a Caravaggio nel 1576 per fuggire alla peste di Milano. Lì abitava la famiglia di sua madre e suo nonno era agrimensore, una sorta di ingegnere». Si pensa in un ritorno del Caravaggio a Milano nel 1584 per cominciare a dipingere. Ma anche su questo ritorno c'è da indagare e Pirami non si tira indietro: «Sto lavorando all'ipotesi di alcuni storici per cui Caravaggio cominciò a far di colla con alcuni pittori alla certosa di Garignano in un lavoro del pittore Simone Peterzano, per cui probabilmente lavorava come garzone o come stuccatore in bottega».C'è anche un'altra sfida che appassiona Vittorio e che potrebbe riscattare Caravaggio agli occhi del mondo. Le biografie del pittore raccontano che uccise un uomo e che fu incarcerato. «Ebbene, per me le cose non sono andate così - sostiene lo studioso - Secondo me Merisi non ha ammazzato proprio nessuno ma è semplicemente rimasto coinvolto nella rissa in cui morì un uomo, non per mano sua. Credo che subito dopo sia fuggito a Venezia dove, per almeno quattro anni, se ne è stato per i fatti suoi. Di quel periodo non si sa granché, lo si vede ricomparire nel 1596 a Roma. Io sto indagando, anche perché nei suoi quadri un'influenza veneziana c'è e lo sostiene anche lo storico Bernard Berenson che parla di derivazione dal tardo Giovanni Bellini, dal Giorgione e dal Tintoretto». Insomma, c'è ancora un mondo da scoprire. E chissà dove porteranno le ricerche «a tempo perso» di Vittorio. Chissà se la serendipity gli sarà ancora alleata. Con il Caravaggio è andata così: lui era intento a cercare un'informazione (la data di nascita della pittrice Fede Galizia la cui ricerca, è inutile dirlo, si è conclusa lì) e si è imbattuto in qualcosa di molto molto più grande, di cui parlano gli storici ai convegni e le guide turistiche nei musei. Fortuna? No, non solo. «Mi piace pensare che la fortuna aiuti le menti preparate - sostiene lui citando un aforisma di Louis Pasteur -. È vero che si è trattato di una scoperta occasionale, in cui mi sono imbattuto per puro caso. Ma diciamo che per cogliere l'importanza di un'informazione del genere, ci vuole il terreno giusto. E a me, nel momento in cui ho letto quelle due famose righe, sono venute in mente in un colpo solo tutti gli studi della scuola di Archivistica a cui mi ero iscritto qualche anno prima. A una lezione di Diplomatica, avevo studiato il modo in cui i cognomi venivano stravolti: erano precari, mutavano, venivano riportati in vari modi. E così capitò anche a fermo Merisi, o Merixio, a Amarigi, o Amarasi. Mi si è accesa una lampadina e ho lavorato su quello». Da semplice appassionato, Pirami si trova a dialogare con gli storici più esperti, viene citato in alcune pubblicazioni e indicato da tutti come «quello che ha riportato il Caravaggio a Milano». Ma fra tutti i complimenti ricevuti, uno gliene sta a cuore più di tutti: il ringraziamento pubblico da parte del cardinale milanese Dionigi Tettamanzi. «Ecco, in quel momento mi sono sentito molto gratificato».