Il tema del viaggio, soprattutto per piacere, in questi giorni è diventato particolarmente divisivo da quando è stato rilevato un paradosso di cui noi vi avevamo parlato in questo articolo settimane fa. In breve, prima del recentissimo provvedimento del Ministero della Salute, era sostanzialmente consentito senza troppe restrizioni viaggiare all’estero, ma non in Italia. Poco male: il ministro Speranza, invece che allentare le misure sugli spostamenti nel nostro Paese, ha reso più severe quelle per chi decide di attraversare i confini nazionali: al ritorno sarà necessario così sottoporsi a tampone e isolamento fiduciario di 5 giorni (14 per i paesi fuori dall’area Schengen). Una misura non troppo insensata, a ben vedere, a cui il Governo poteva arrivare anche in assenza di una comprensibile polemica da parte degli albergatori e del comparto turistico italiani.
È interessante in questo panorama turbolento, il sentimento che spesso aleggia nei confronti di chi ha la possibilità di viaggiare o di raggiungere le seconde case. Un fenomeno questo, a cui l’inglese ha dato un’etichetta precisa: travel shaming. Tu viaggi? E io ti biasimo o condanno.
Una reazione che ha trovato nei social network un terreno fertile. Chi viaggia in questi mesi complessi non sta forse ragionando sull’opportunità di non esporre sui propri canali le esperienze che fa; e in alcuni casi questo ha dato il via a una tempesta di commenti negativi. Ed è successo un po’ a tutti, uomini e donne famose incluse, fra cui Kylie Jenner dopo un viaggio a Parigi (metà formalmente proibita agli statunitensi) e Kim Kardashian che ha fatto una sorpresa agli amici più cari e alla famiglia, regalando loro un viaggio su un’isola privata della Polinesia Francese.
Spesso non riusciamo a intravedere che dietro un post in un luogo da sogno ci potrebbe essere un incarico lavorativo. Sì, ci sono persone che devono viaggiare per lavoro, fra cui i travel influencer per i quali il lavoro coincide quasi totalmente con l’esperienza del viaggio; Barbora Ondrackova è una di queste e all’Insider ha confessato: «personalmente non capisco come una persona che non mi ha mai incontrato, che non mi conosce, e non ha niente a che fare con me, abbia il coraggio di dire che sto infrangendo le regole, che non sto indossando la mascherina e diffondendo la Covid19 – che finora non ho contratto – basandosi su un video di 25 secondi».
Certo, le reazioni negative fanno parte del lavoro di chi si espone sui social network a un gran numero di persone (nel caso di Ondrackova, circa mezzo milione solo su Instagram); però il fenomeno del travel shaming riguarda anche le persone che non vantano un seguito così esteso.
Ricordiamolo, non tutti viaggiano per piacere: sottoporre un conoscente al travel shaming per un volo aereo senza conoscerne il vero motivo è quanto meno imprudente. I motivi dietro a uno spostamento sono diversi e includono il lavoro, familiari in stato di bisogno, fino all’evenienza più infelice del funerale di una persona cara; motivazioni diverse che possono portare sugli aerei un gran numero di persone: la CNN, ad esempio, riporta il dato della Transportation Security Administration secondo il quale in un weekend di inizio 2021 in America avrebbero viaggiato circa 4 milioni di passeggeri.
Non dimentichiamo infine che un viaggio di piacere può avere una funzione terapeutica e tutti noi sappiamo fin troppo bene quanto la nostra salute mentale sia stata messa a dura prova da mesi di confinamento fra le mura domestiche (o poco al di fuori). Infatti, come osserva anche Roberta Maeran, docente di Psicologia del Turismo all’Università di Padova, «poter effettuare una vacanza è espressione sempre di più di una necessità».
E per quanto abbiamo bisogno di valvole di sfogo e capri espiatori per quanto sta accadendo, potremmo sforzarci anche per quanto riguarda i viaggi di metterci nei panni di chi per un motivo o l’altro sta salendo su un aereo e mettere da parte possibili reazioni negative, sia quelle motivate dalla stanchezza a cui siamo tutti esposti sia dalla semplice invidia.
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