Paolini e Berrettini: il fuoco, il tennis e l’anima dei Giochi
C’è un momento, nei riti dello sport, in cui il racconto lascia spazio al simbolo. È successo quando la fiamma olimpica di Milano-Cortina ha cominciato il suo viaggio partendo da Atene e atterrando a Roma, ripartendo da Roma per attraversare l’Italia. Prima l’arrivo a Ciampino della fiamma consegnata dalle mani di Jasmine Paolini direttamente al Presidente Mattarella, poi nello Stadio dei Marmi insieme ad altre eccellenze dello sport italiano, Matteo Berrettini è stato tedoforo e simbolo. Due tennisti, in una cerimonia di Giochi invernali. Paradosso solo in apparenza.
Paolini ha percorso l’ultimo tratto del viaggio da Atene, dentro il Panathinaiko, luogo dove il marmo sembra ancora trattenere voci antiche. Ha consegnato il sacro fuoco al Presidente, parlando di impegno, passione, pace. Parole consumate, spesso, ma non quando arrivano da lei, che ha costruito la propria carriera battendo tanti pregiudizi, un colpo dopo l’altro, senza proclami. La sua emozione era sincera, quasi una fiamma nella fiamma.
Berrettini ne è stato uno dei primi tedofori, torcia nella sinistra, firma sull’obiettivo come dopo un match vinto. La spontaneità dei campioni veri, quelli che non recitano. Ha detto di essere emozionatissimo, di aver visto sua madre guardarlo correre in una simbiosi di immagini che raccontano più dei trofei. “La fiaccola rappresenta tutto ciò che c’è dietro allo sport”, ha spiegato. E chi conosce le sue salite e ricadute sa quanto queste parole pesino.
Che due tennisti siano diventati volti simbolo dei Giochi invernali dice qualcosa sul tempo che viviamo: il tennis è ormai linguaggio trasversale, ponte tra stagioni, pubblico, culture sportive. È uno sport che educa alla solitudine e al coraggio, all’equilibrio che non si vede ma si sente, come quando ci si allena nel silenzio delle montagne.
Paolini e Berrettini non hanno solo portato una fiamma: hanno ricordato che lo sport è, prima di tutto, valore che brucia, mano che passa ad altra mano, storia che continua. E, in questi giorni dall’alto valore simbolico, il tennis ha confermato di essere più centrale che mai: non per medaglie, ma per la capacità di incarnare un’anima prima ancora che un gesto.