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Matto all’umanità

Scacco Matto all’Umanità?

L’Intelligenza Artificiale rivoluziona il gioco degli scacchi (e non solo)  

 Può una macchina insegnare a un essere umano l’arte della strategia e della tattica? Nel mondo degli scacchi, questo non è più fantascienza. L’intelligenza artificiale (IA) ha fatto irruzione sulla scacchiera, trasformando radicalmente il modo in cui questo antico gioco viene praticato, studiato e insegnato. Da Deep Blue, il supercomputer IBM che sconfisse Garry Kasparov nel 1997, all’avvento di AlphaZero, l’IA ha raggiunto e superato le capacità umane, aprendo scenari inediti e affascinanti.                            

 L’idea di una macchina in grado di giocare a scacchi affonda le sue radici nel XVIII secolo, con il celebre “Turco Meccanico”, un automa che si rivelò poi essere un sofisticato marchingegno.

Negli anni ’50 del ‘900 Alan Turing, grande matematico e filosofo inglese, ideò un algoritmo per giocare a scacchi, prima ancora che i computer fossero disponibili come macchine di uso domestico. Sebbene il suo programma, denominato “Turochamp”, fosse eseguito su carta e richiedesse calcoli manuali, rappresentò una delle prime applicazioni pratiche dell’informatica al gioco degli scacchi. Il primo programma scacchistico che ebbe una certa risonanza fu Mac Hach VI. Partecipò ad un torneo amatoriale con mediocri risultati al punto che il maestro internazionale David Levy scommise un migliaio di sterline ipotizzando che un motore scacchistico non l’avrebbe sconfitto prima del ventunesimo secolo e che mai avrebbe raggiunto la forza di un campione del mondo umano (a parte nei libri di fantascienza, aggiunse).

Levy non previde che i progressi informatici si sarebbero evoluti rapidamente nella seconda metà del XX secolo grazie allo sviluppo di microprocessori sempre più veloci, fino all’introduzione di macchine basate su un approccio di “forza bruta”, capaci di analizzare milioni di mosse al secondo. Dalla fine degli anni ‘80 ad oggi, girano sui comuni PC domestici programmi di scacchi sempre più forti nonché immensi database che consentono di analizzare un’infinità di partite giocate da grandi maestri sottoponendo ogni mossa al vaglio dei motori scacchistici. Da oltre vent’anni, qualunque programma è in grado ormai di sconfiggere i più forti giocatori del mondo, per non parlare dei vari Stockfish, Rybka, Komodo, che oggi girano anche sui comuni smartphone. Per questo motivo oggi è proibito portare con sé ai tornei qualsiasi dispositivo elettronico in grado di far girare simili programmi e i controlli anti cheating sono diventati sempre più sofisticati. La forza di queste macchine nulla toglie al fascino e alla profondità degli scacchi, gioco in cui, oltre al calcolo delle varianti in profondità, contano anche fattori umani come l’intuizione, la creatività e, a livello agonistico, la volontà di progredire, la passione e la tenuta psicologica.                  

 L’ultima rivoluzione informatica è arrivata negli ultimi anni di questo secolo con l’avvento delle reti neurali e il deep learning.

Ispirate al funzionamento del cervello umano, queste reti “apprendono” da immense quantità di dati immessi nella loro sconfinata memoria, migliorando le proprie prestazioni nel tempo. AlphaZero, sviluppato da DeepMind, rappresenta al momento l’apice di questa evoluzione. A differenza di Deep Blue, AlphaZero non si basa su una programmazione predefinita, ma impara giocando contro se stessa, sviluppando uno stile di gioco creativo e innovativo (famose le spinte dei pedoni “a” e “h” nelle prime fasi della partita al fine di guadagnare spazio e intraprendere attacchi alla baionetta con sacrifici che ricordano le immortali partite di Andersen e Morphy). In tal modo, questi programmi hanno sbaragliato i migliori motori scacchistici tradizionali. 

 L’avvento delle reti neurali e del deep learning ha rappresentato un grande passo avanti non soltanto negli scacchi, ma in ogni campo della ricerca. La nuova tecnologia ha permesso lo sviluppo di programmi e funzioni capaci di superare gli umani in compiti complessi, come il riconoscimento di immagini, la traduzione automatica, l’analisi e l’elaborazione dei testi. E non dimentichiamo che siamo solo ai primi passi dell’intelligenza artificiale.              

 Cosa ci aspetta in futuro nel mondo degli scacchi? Va detto che anche gli attuali software scacchistici più comuni, come Fritz, Komodo o Houdini, si sono già evoluti rispetto al passato. Chi ha acquistato una delle prime versioni di questi programmi ricorderà la loro semplicità, l’interfaccia spartana, le poche funzioni disponibili e il livello di gioco già troppo alto per il 99% degli scacchisti amatoriali. 

 A distanza di oltre vent’anni dagli esordi, le cose sono notevolmente cambiate. Nessuno prova più a giocare con l’intento di sconfiggere questi “mostri al silicio” perchè ormai sono in grado di superare con disinvoltura anche i campioni del mondo. È vero che possiamo abbassare il livello del loro gioco, ma in tal caso inizieranno a fare errori inspiegabili, alternati da mosse molto più precise: esattamente l’opposto di come si comporterebbe un essere umano. 

 Insomma, il motore è in grado di adeguarsi alla nostra forza di gioco grazie alla sua flessibilità, ma purtroppo gioca ancora in modo piuttosto arido e “meccanico”. Questi software sono sempre più utilizzati da giocatori esperti come sparring partner simulando partite vere al fine di sperimentare nuove linee di gioco o prepararsi ad affrontare avversari più forti e preparati. Anche il principiante può configurare una sorta di apprendimento interattivo creando percorsi personalizzati, con simulazioni, esercizi e feedback in tempo reale. Si può impostare un’analisi “a raggi X” con la possibilità di “vedere” la scacchiera con gli occhi del motore scacchistico, evidenziando con frecce colorate le minacce, le debolezze e le opportunità nascoste (ad esempio si possono visualizzare le case controllate dai pezzi, le linee di attacco e le possibili combinazioni tattiche). 

Chess.com e Lichess.org, le principali piattaforme del gioco online già integrano l’IA in diverse funzionalità, come l’analisi delle partite e la valutazione della posizione.  

Tutto ciò può apparire strabiliante se pensiamo ai primi computerini scacchistici di tanti anni fa che funzionavano su macchine preistoriche, ma non è nulla rispetto a quello che potrà avvenire tra qualche anno (e forse anche prima) quando ci sarà un’integrazione ancora più profonda con l’intelligenza artificiale, destinata a diventare un vero e proprio assistente virtuale per qualunque tipo di giocatore. 

 I software del futuro con ogni probabilità non saranno semplici “motori di calcolo”, ma veri e propri partner di gioco e allenatori informatici. 

Avremo a disposizione un vero e proprio “coach virtuale” che seguirà il giocatore mossa dopo mossa, indicando errori e possibili miglioramenti, cercando di incrementare il suo livello di gioco dall’apertura al finale. Analizzerà le partite, identificherà le debolezze e proporrà esercizi specifici per migliorarle. 

E lo farà in modo confidenziale discutendo con noi come una persona in carne ed ossa. Per chi non lo sapesse, già oggi l’IA è in grado di comunicare in modo naturale con gli utenti, comprendere il linguaggio comune e rispondere in modo coerente e comprensibile. È sufficiente uno smartphone per conversare amabilmente del più e del meno con Chat GPT che ci risponderà adoperando una voce naturale, obbedendo ai nostri input in frazioni di secondo con un tono adeguato al contenuto della conversazione. L’IA può comprendere ed esprimersi in un’infinità di lingue (volendo può diventare un ottimo professore in grado di addestrare, se lo chiediamo, anche la nostra pronuncia).  

 In un prossimo futuro, qualsiasi programma di scacchi che gira su PC, integrato con l’IA, diventerà lo sparring partner ideale: mentre giochiamo potrà rispondere alle nostre domande, spiegarci perché una mossa è sbagliata, quale piano strategico conviene elaborare, quali sono gli obbiettivi dell’apertura scelta e così via. Basterà chiederglielo e lui risponderà con la voce e con il tono che gli diremo di usare o che sceglieremo tra quelli disponibili. 

 Ma non basta. Poniamo il caso che siamo interessati a migliorare il nostro gioco tattico: ebbene, l’IA elaborerà percorsi di apprendimento personalizzati in base alla nostra forza e capacità di calcolo, utilizzando simulazioni, esercizi, punteggi e feedback in tempo reale. Oppure sarà possibile chiedere un’analisi profonda e ragionata delle partite che, ad esempio, giochiamo online. Il programma analizzerà il nostro stile di gioco e suggerirà esercizi specifici per migliorare, verificando passo dopo passo i nostri risultati. 

 Potremo esplorare nuove varianti d’apertura e i giocatori più esperti potranno scoprire nuove idee, oppure potremo utilizzare l’intelligenza artificiale per sviluppare un repertorio più adatto al nostro stile di gioco. Chiunque potrà caricare un database con le partite giocate nel corso degli anni e il programma elencherà le aperture utilizzate più frequentemente, evidenziando quelle in cui abbiamo ottenuto i migliori risultati, effettuerà un’analisi dettagliata delle mosse iniziali e suggerirà miglioramenti o varianti alternative per affinare le aperture preferite. Fornirà anche suggerimenti per bilanciare il repertorio in base ai risultati delle simulazioni e l’analisi delle partite dei maestri. I giocatori più esperti potranno revisionare periodicamente il repertorio in base alle nuove partite giocate, ai progressi di gioco e alle ultime teorie scacchistiche. 

 L’IA sarà progettata per offrire non solo feedback tecnici, ma anche una sorta di supporto motivazionale, riconoscendo i successi del giocatore e offrendo incoraggiamento nei momenti di difficoltà, replicando l’approccio di un istruttore umano. 

 Insomma, avremo una maggiore interazione uomo-macchina, con tutti i benefici che ciò potrà comportare.  Ma non finisce qui. Proviamo a immaginare programmi alla portata di tutti in grado di “inventare” una sfida scacchistica ai confini della fantascienza tra Bobby Fischer e Magnus Carlsen oppure tra Paul Morphy e Raul Capablanca o tra Alexander Alekine e Garry Kasparov, imparando dalle loro partite e ricalcando la loro forza e il loro stile di gioco. Certo, nulla di più che un gioco “fantascacchistico”, ma non privo di fascino.       

Stiamo quindi andando verso una nuova era degli scacchi? 

 Personalmente non credo che l’I.A. sostituirà un maestro di scacchi in carne ed ossa, ma di sicuro lo affiancherà, offrendo agli appassionati nuovi strumenti per migliorare e divertirsi. 

 L’importante, a mio avviso, è riflettere su queste innovazioni senza pregiudizi. Se volgiamo lo sguardo oltre la scacchiera cercando di comprendere cosa ci aspetta in un prossimo futuro in tutti i campi della conoscenza, dall’apprendimento delle lingue straniere allo studio di materie scientifiche, dalla medicina all’economia e alle arti, dobbiamo ammettere che l’IA sta aprendo nuove affascinanti frontiere. Software di traduzione automatica sempre più precisi, applicazioni che insegnano a suonare uno strumento in modo interattivo, piattaforme di e-learning che si adattano allo stile di apprendimento individuale: le possibilità sono infinite. Figure professionali come il giornalista, il consulente finanziario, il programmatore informatico, il pubblicitario, il redattore, e tante altre subiranno profonde trasformazioni. 

 Anche nel mondo scacchistico, come in altri campi del sapere umano, l’avvento dell’IA solleva importanti questioni etiche che richiedono un’attenta riflessione.  Una delle principali preoccupazioni riguarda la trasparenza degli algoritmi. Come funziona esattamente l’IA? Come genera le sue risposte su questioni controverse? Quali sono i criteri con cui le grandi aziende prenderanno le decisioni? Spesso questi algoritmi sono “scatole nere” il cui funzionamento è oscuro ai più, il che rende difficile comprenderne le logiche e individuarne le finalità. 

Sappiamo che l’IA impara rapidamente dall’enorme mole di dati che le vengono forniti, ma se questi dati riflettono pregiudizi o discriminazioni presenti nella società, l’IA potrebbe replicarli. La comunità scientifica, i governi e la società civile dovranno lavorare insieme per garantire che l’IA venga sviluppata e utilizzata in modo da aiutare l’umanità intera, nel rispetto dei diritti fondamentali e della dignità di ogni persona. 

Se utilizzata con criterio e nel rispetto di questi principi etici e di trasparenza, l’I.A. aiuterà gli esseri umani a migliorarsi. Immaginate un futuro in cui ogni studente potrà avere un tutor virtuale che lo segue passo dopo passo, fornendo feedback immediati, suggerendo esercizi mirati e motivandolo a raggiungere i suoi obiettivi. L’IA, ad esempio, potrà essere particolarmente utile per gli studenti con difficoltà di apprendimento, fornendo strumenti di supporto specifici e personalizzati.        

 Scompariranno gli insegnanti? Niente affatto. Il loro ruolo rimarrà fondamentale per guidare, motivare e ispirare gli studenti. L’IA non sostituirà il fattore umano, con la sua intuizione, la creatività e la passione, ma lo affiancherà, aprendo nuove e stimolanti prospettive. Anche in campo scacchistico le sue potenzialità sono ancora tutte da esplorare. I software del futuro saranno sempre più sofisticati e personalizzati e offriranno ai giocatori di ogni livello un’esperienza di gioco e di apprendimento senza precedenti. E il futuro che abbiamo cercato di descrivere è già dietro l’angolo. 

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