La notizia che non ti aspetti. L’International Tennis Integrity Agency (ITIA) ha comunicato ufficialmente che la tennista polacca Iga Swiatek, n.2 della classifica mondiale, ha accettato una squalifica di un mese per positività alla trimetazidina dopo un controllo antidoping al di fuori delle competizioni previsto ad agosto del 2024.
L’ITIA ha reputato credibile la versione di Swiatek. Come si legge dalla sentenza, si parla di positività derivante dalla contaminazione di un regolare farmaco a base di melatonina, venduto in Polonia senza bisogno di prescrizione medica, che la n.2 del ranking ha assunto per problemi di jet-lag. Dunque la violazione non è stata ritenuta intenzionale secondo quanto stabilito dall’organizzazione.
La sospensione di un mese è scattata per una colpa/negligenza, ma nella forma più lieve possibile, nel caso di assunzione accidentale. L’ITIA ha rivelato che la giocatrice polacca sia stata già provvisoriamente sospesa tra il 22 settembre e il 4 ottobre 2024, un periodo nel quale ha saltato tre tornei, il WTA 500 di Seoul e i WTA 1000 Pechino e Wuhan. Questi giorni fanno comunque parte della sanzione citata, che dunque va considerata parzialmente già scontata. Le restano solo altri otto giorni di squalifica, che terminerà il 4 dicembre.
Di seguito la cronologia e la sentenza del caso:
Swiatek viene informata della violazione del programma anti-doping il 12 settembre. Una settimana dopo, ovvero il 19, l’analisi sul campione B conferma la positività alla sostanza citata. Il 22 settembre la polacca chiede all’ITIA che venga cancellata la sospensione perché l’assunzione di “TMZ” non è stata deliberata né intenzionale, ma spiegando di non essere riuscita a identificare in che modo possa aver assunto la sostanza. Tale difesa non può soddisfare l’ITIA, visto che l’atleta ha l’onore della prova ed è chiamato in questi casi a fornire la versione dei fatti più circostanziata possibile, e infatti la squalifica, come si sa ormai dal caso di Jannik Sinner.
Giovedì 26 settembre Swiatek presenta ulteriori elementi di prova. Spiega di aver commissionato a esperti l’analisi di prodotti e integratori che aveva usato in quel periodo. Le analisi hanno rivelato tracce di TMZ nelle pastiglie di LEK-AM, farmaco da banco a base di melatonina che da anni il suo medico le consigliava di assumere per il jet-lag o in caso di difficoltà a prendere sonno. Swiatek fornisce anche ulteriori elementi per suffragare la propria posizione:
L’ITIA coinvolge il laboratorio di Salt Lake City, negli Stati Uniti, accreditato dalla WADA, a cui commissiona un’analisi indipendente sulle pastiglie contenute nella confezione utilizzata al momento della squalifica, sia nel blister già aperto, sia in quello integro. Il 4 ottobre il laboratorio conferma di aver trovato tracce di TMZ nelle pastiglie, e non ha evidenziato segni di manipolazione delle confezioni. Il tribunale ritiene che la contaminazione sia effettivamente avvenuta al momento della produzione del farmaco, giungendo alla conclusione che la bassa concentrazione sia compatibile con la versione sostenuta dalla difesa della tennista polacca, anche se sottolinea come Swiatek abbia commesso un’altra leggerezza, non indicando questo farmaco nella lista degli integratori e dei medicinali che assume all’interno del Doping Control Form.
La normativa anti-doping prevede che ogni squalifica per violazione del programma possa essere ridotta o cancellata del 100% in caso di prodotto contaminato, ovvero contenente una sostanza proibita non indicata sulla confezione, tra gli ingredienti né nelle informazioni disponibili in una ragionevole ricerca online. Gli atleti sono obbligati a prestare la massima attenzione e il più alto grado di prudenza nell’assunzione di farmaci, integratori e simili.
In caso di assunzioni non volontarie, i giocatori possono ottenere una riduzione o una cancellazione della squalifica per “assenza totale di colpa o negligenza”, come nel caso del giudizio del tribunale indipendente sulla positività di Sinner contro il quale la WADA ha fatto ricorso al TAS, o per “assenza significativa di colpa o negligenza”. Nel primo caso, l’atleta deve dimostrare di aver fatto tutti i passi possibili per evitare la violazione, e che non avrebbe potuto fare di più; nel secondo caso, deve dimostrare che, pur non avendo compiuto tutti i passi possibili, la positività sia il risultato di circostanze eccezionali e che la violazione non sia significativa.
Vige il principio di responsabilità dell’atleta: “Anche in caso di assunzione involontaria di una sostanza proibita, il principio della responsabilità individuale dell’atleta porterà spesso a concludere che ci sia stato un qualche grado di colpa o negligenza“.
Pertanto, Swiatek ha assunto un farmaco che le era stato consigliato dal suo medico, il quale sapeva che era un’atleta professionista e soggetta alle norme anti-doping. Lo stesso medico ha inoltre confermato che tra i componenti di quel farmaco non ci sono sostanze proibite. La polacca ha anche chiesto al suo preparatore atletico di controllare gli ingredienti del prodotto, e nessuna delle sostanze indicate risultava proibita secondo le norme WADA. Inoltre il farmaco è stato acquistato in una regolare farmacia, ed è prodotto da una casa farmaceutica rispettabile che rispetta le norme dell’Unione Europea, dunque non c’era ragione per Swiatek di sospettare una possibile contaminazione.
I giudici hanno ritenuto anche che la n.2 del ranking abbia percepito un rischio inferiore perché assume il farmaco da diverso tempo. Inoltre, concludono, avrebbe potuto fare poco, in questo caso, per evitare di ingerire una sostanza proibita data l’inattesa contaminazione di un farmaco, se non scegliere un farmaco il cui lotto fosse stato testato per accertare la conformità alle norme anti-doping o effettuare lei stessa quei test prima di prendere le pastiglie. Tuttavia, il tribunale ritiene che non si possa parlare di assenza totale di colpa o negligenza anche perché gli atleti sono stati informati che, in base all’articolo 10.5, non ci può essere assenza totale di colpa o negligenza, ad esempio, “in caso di positività derivante da un integratore vitaminico o alimentare contaminato o con un’etichetta incompleta“. Ma gli stessi giudici concludono che ci sia stata un’assenza significativa di colpa o negligenza, e ha ridotto la squalifica a un mese tenendo conto anche delle caratteristiche specifiche del caso e della rarità di una genuina contaminazione di un farmaco.
A questo punto sarà interessante capire cosa vorrà fare la WADA (anche l’antidoping polacca) e se ricorrere al TAS. A differenza della situazione con Sinner, qui parliamo di un’assimilazione diretta di un farmaco. Vedremo se l’Agenzia mondiale antidoping interverrà ricordando che dall’eventuale ricezione del fascicolo cominciano a decorrere i 21 giorni per l’appello.