Da due settimane pregano all’aperto, al parco del Piraghetto, il giorno del venerdì, da quando l’associazione Ittihad di Mestre, che significa “unità”, guidata da Mahmud Arif, sulla scorta dell’ennesimo botta e risposta in tribunale relativo all’apertura-chiusura del centro culturale di preghiera in via Piave, all’ex Pam, si è ritrovata senza un luogo dove poter svolgere le attività religiose.
L’associazione ha, infatti, annunciato che presenterà ricorso al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar che impedisce il ritrovo per la preghiera, che i musulmani giudicano «incostituzionale».
«Di fatto il centro culturale è aperto», spiegano, «ma stando alla sentenza non possiamo usarlo per ritrovarci a pregare».
Da qui la protesta che andrà in scena oggi, 14 luglio, davanti all’Interspar di Mestre alle 18, che unisce la solidarietà ai musulmani di Monfalcone a quella contro la «scelta di impedire l’utilizzo» della moschea di via Piave. Nell’invito si ricorda anche la chiusura della moschea di via Fogazzaro, diversi anni fa, acquistata sempre dai musulmani, che qualcuno vorrebbe riaprire.
Oltre a ciò c’è anche la partita della realizzazione del centro culturale islamico di via Giustizia, dove “Giovani per l’Umanità” vorrebbe costruite un centro di culto, con l’appoggio dei commercianti della zona.
Il comizio di protesta al quale sono invitate tutte le comunità islamiche, si terrà davanti all’Interspar, all’angolo travia Torino e Corso del Popolo, questa sera alle 18. Parteciperanno gli imam della città, ciascuno dei quali darà il suo contributo.
Nel frattempo venerdì i musulmani dell’area centrale, che ora non hanno più il neonato luogo di culto al quale si appoggiavano, hanno continuato la loro preghiera all’aperto, al Parco del Piraghetto, nonostante il caldo torrido di questi giorni: una protesta «pacifica» è stata definita, in attesa che qualcuno – fanno sapere – voglia sedersi attorno a un tavolo e trovare una soluzione condivisa.
«La moschea elimina il degrado», si legge nella nota, «abbiamo visto aree precedentemente dominata da crimine e traffico di droga diventare sicure e ordinate dopo l’istituzione di una moschea. Le moschee rafforzano i legami familiari. Promuovono l’educazione e la cura dei bambini, contribuendo a creare una generazione esemplare. Perché trattare i musulmani in questo modo».
E ancora: «Impedendoci di riunirci, c’è il pericolo che si creino delle tensioni che portano all’odio razziale tra le comunità, italiana-cristiana e musulmana, che non dovrebbe esistere e che di fatto non c’è, sfociando in casi come quello di Monfalcone».
Non solo: «Lo Stato dovrebbe facilitare la costruzione e la pratica della fede delle minoranze religiose, invece di creare nuovi ostacoli e chiudere le moschee e i centri culturali. Crediamo che la sentenza del 18 giugno 2024 sia parte di questa tendenza, che non solo limita fortemente la libertà religiosa, ma la distrugge brutalmente»
