Un’operazione di equilibrismo, sempre in bilico tra l’aumento della richiesta di prestazioni sanitarie e risorse – economiche e umane – limitate. La sfida quotidiana dell’Usl 6 – come di tutte le aziende sociosanitarie, del resto – è sostanzialmente questa. A rivelarlo è il direttore sanitario dell’Euganea, Aldo Mariotto, tra carteggi che monitorano liste d’attesa ed elencano costi e spese: la sfida entro la fine dell’anno è tagliare circa 9.300 “galleggiamenti”. Non solo: sulla gestione delle attese, l’Usl 6 ha preparato un programma d’azione che entro la fine del mese invierà in Regione e presenterà alla Conferenza dei sindaci.
Dottor Mariotto, partiamo dal tema dei temi: com’è la situazione delle liste d’attesa?
«Da fine 2022 abbiamo un gruppo permanente di lavoro molto eterogeneo che coordino e che si incontra ogni martedì: è un impegno quotidiano, la materia è complessa e non esistono soluzioni semplici. Il problema nasce dallo squilibrio tra domanda e offerta, quindi è importante intervenire su entrambe. Teniamo continuamente monitorati i dati, vediamo quali sono le criticità e cerchiamo le soluzioni. Fortunatamente negli ultimi tempi abbiamo anche un aiuto economico dalla Regione che ci consente di dare prestazioni aggiuntive. Ma la domanda è aumentata dell’11% rispetto all’anno scorso, quando era cresciuta del 17% sul precedente. Bisogna convivere con questa situazione, considerando una serie di fattori: l’appropriatezza non è un tema che riguarda solo i medici di famiglia ma anche la specialistica. Nel sistema entra anche il privato accreditato che “suggerisce” le prescrizioni al medico di medicina generale che poi si trova un carico importante di prestazioni da ordinare: è tutto interconnesso».
Quali sono i motivi di questo aumento di prestazioni?
«Da un lato forse siamo ancora un po’ sulla coda post Covid che speriamo si arresti, dall’altro le persone sono più informate, hanno più dubbi e questi non si possono facilmente sgomberare, soprattutto nella diagnostica. Stiamo organizzando incontri con medici di famiglia e specialisti per gestire il nodo però credo che sia importante che anche l’utenza raggiunga una certa consapevolezza: il dialogo è fondamentale».
Ci si fida poco dei medici?
«Il rapporto medico-paziente è sempre più simmetrico. C’è anche da dire che con l’avvento della medicina scientifica è un po’ passata l’idea che si potesse risolvere qualsiasi problema, ma purtroppo non è così: le persone fanno più fatica di un tempo ad affrontare la malattia, la morte e il dolore. Complice una maggiore informazione le persone hanno tanti dubbi e questi portano a una forma di consumismo sanitario».
L’invecchiamento incide?
«L’anziano oggi è meno malato di ieri: ogni anno che passa l’età media di ricovero è 6 mesi più avanti. Vero è anche che ci sono più persone anziane quindi vengono indagate più cose cui una volta non si badava».
Cosa fate per cercare di far incontrare domanda e offerta?
«Abbiamo iniziato a strutturare meglio un’azienda che per dimensioni è molto complessa; ci sono gli incontri con i medici di famiglia e gli specialisti, anche insieme. Si concordano gli interventi, ad esempio usando i raggruppamenti omogenei d’attesa anche se, mentre nella terapia possiamo procedere con una certa certezza, nella diagnostica bisogna sempre lasciare la possibilità all’eccezione. Dobbiamo considerare anche dubbi e paure».
A che punto è il recupero delle liste d’attesa?
«Noi eroghiamo circa 3,5 milioni di prestazioni con privati accreditati, Azienda Ospedale Università e Iov. A metà 2023 abbiamo annullato i galleggiamenti, che oggi si chiamano pre appuntamenti, nelle attese brevi, prima erano qualche centinaio. Nello stesso periodo le prestazioni differibili erano 14.782. Queste, salvo piccole oscillazioni sono andate diminuendo: ora siamo a 2.308 ed entro la fine dell’anno dovremo arrivare a 1.200. Lo stesso vale per le programmabili che sono 5.458 e dovranno diventare 4.200. Non sono numeri statici: ogni giorno si aggiungono centinaia di richieste, ma penso che ce la faremo».
Quali sono i settori più complicati?
«Per quanto riguarda le prestazioni differibili, prima vista dermatologica, Orl e prima vista gastroenterologica. Invece per le programmabili sono la prima visita oculistica, gastroscopia, colonscopia e prima visita dermatologica. Questo perché, nonostante le ricerche non c’è un numero sufficiente di specialisti. In alcuni settori si è corsi ai ripari, in altri restano il tema del salario e della fuga all’estero, ma il problema riguarda anche gli infermieri. Fortunatamente i fondi regionali ci hanno consentito di fare degli accordi, ad esempio per la gastroscopia con il policlinico di Abano».
Qual è la prossima sfida?
«Riuscire a rispettare piani e accordi con i partner, dall’Azienda ai privati accreditati – che tradizionalmente coprono il 40% delle prestazioni –, chiediamo loro di fare le prestazioni che ci servono con precisione sempre maggiore rispetto alle necessità. Loro non devono sottostare ai nostri tetti di spesa, ma non sono immuni da alcune carenze di personale».
L’obiettivo resta la ricerca di equilibrio tra domanda e offerta?
«Stiamo preparando un piano – ormai in bozza – per il governo dei tempi di attesa. Deve essere inviato entro il 31 alla Regione per l’approvazione e passare attraverso la Conferenza dei sindaci. Punta su implementazione della telemedicina, appropriatezza prescrittiva – quindi gli incontri con medici e specialisti – e teleconsulto. Vogliamo diminuire il disagio per l’utente che chiama, questo è il punto. Un altro obiettivo è la flessibilità organizzativa cioè la capacità di intercettare le prestazioni che non trovano immediata collocazione. Serviranno risorse aggiuntive anche nell’ultimo trimestre, ci stiamo lavorando».
È migliorata la percezione dell’utenza?
«I reclami sono abbastanza contenuti. Il pre appuntamento è un appesantimento che non vorremmo, ma c’è grande attenzione soprattutto per le prestazioni brevi. Dopodiché bisogna considerare i dati sulla performance: secondo il Ministero siamo al 92% di rispetto delle prestazioni brevi, all’89 per le differibili e al 92% delle programmabili, laddove il target è il 90%; sui ricoveri chirurgici siamo al 93%. Però ci sono prestazioni singole poco frequenti su cui non riusciamo ad arrivare a questi numeri. E questa è una misura introdotta dalla Regione su cui stiamo lavorando molto».
Nella percezione del servizio un ruolo importante ce l’ha anche la distanza.
«Abbiamo previsto il bacino di garanzia, dividendo il territorio in tre fasce: Alta, Bassa, e Padova Colli Piovese. L’obiettivo è erogare la prestazione nell’area di residenza».
