Il sole illumina la valle già dalle prime ore del mattino, svelando un orizzonte addolcito dalle geometrie sinuose dei colli Berici. A Villa del Ferro, piccolo borgo circondato da campi e frutteti, uno scrigno torna a brillare dopo 25 anni di buio. È Villa Priuli Custoza Lazzarini, gioiello del ’600 attribuito allo Scamozzi, allievo di Palladio, e ora dimora del professor Andrea Crisanti. Il Fai ha già aggiornato il nome e, come nella tradizione delle storiche residenze patrizie, ha utilizzato quello del proprietario. Ecco, dunque, Villa Priuli Crisanti. «In realtà vorrei che fosse chiamata Villa Priuli Catteruccia Crisanti», dice orgoglioso lo scienziato, giunto in Veneto dopo una brillante carriera all’Imperial College di Londra. «Nicoletta Catteruccia è mia moglie, dirige un dipartimento in un ospedale molto importante di Londra e soprattutto guadagna molto più di me», scherza il professore abbracciando la consorte, davanti a uno degli affreschi del Tiepolo.
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«Questo è il frutto di una vita di lavoro e di sacrifici», aggiunge lei, sospendendo per un momento lo studio di un testo di medicina in lingua inglese. Questa, adesso, è la loro dimora. «Io in genere vengo il venerdì e ci resto fino al lunedì, quando riparto per Roma», racconta Crisanti. «E anche mia moglie cerca di venire ogni fine settimana, lavoro permettendo ovviamente».
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Al posto dei rovi proliferati negli anni di abbandono ora è riemerso il giardino terrazzato all’italiana, che conduce al colonnato d’ingresso. Nel salone principale pende un lampadario in vetro di Murano mentre gli strappi di affreschi di Giandomenico Tiepolo, parte di un ciclo pittorico presente anche al Palladio Museum di Vicenza, accompagnano da un lato alle camere da letto e dall’altro alla libreria. I pavimenti con le tavelle di cotto sono originali e c’è un camino per ogni stanza.
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Quindicimila metri quadrati, dieci stanze, otto bagni e il piano superiore, dove una volta c’era il granaio, più grande di un campo da tennis. «I cancelli di questa villa sono sempre aperti, contrariamente a quanto accadeva in passato. Io sono semplicemente il custode di tutta questa bellezza. La gente del posto ci ringrazia, erano abituati a osservarla solo da lontano», evidenzia il microbiologo divenuto famoso durante la pandemia, calcando sul senso di restituire un bene storico alla collettività. Crisanti vorrebbe farne un centro culturale, con tanto di stanza multimediale a disposizione delle scolaresche di tutti i comuni del circondario. «Coesione», questa è la parola d’ordine.
Il figlio Giulio sta finendo il dottorato in Fisica all’Università di Padova e l’obiettivo è quello di andare poi a costruirsi una carriera in Inghilterra, come i genitori. Nella sua stanza ci sono un letto a due piazze con telaio in ferro battuto, una scrivania in legno antico, finestre grandi con telai pregiati e ovviamente un caminetto.
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A Villa Priuli Catteruccia Crisanti c’è anche una camera per gli ospiti, con due letti a una piazza e mezza sovrastati dai fregi e da dipinti del ’600.
Di prezzo Crisanti non vuole parlare e, anzi, chiede basso profilo. Tuttavia, i cardini della professione giornalistica impongono una piccola incursione in questo particolare spaccato dell’operazione villa veneta. Villa Priuli Custoza dovrebbe essere stata venduta ragionevolmente a un prezzo che oscilla tra il milione e mezzo e il milione e 800 mila euro. «No, molto meno», ribadisce lui. «Io e mia moglie abbiamo messo insieme i risparmi e abbiamo anche acceso un mutuo». Una volta acquistata, però, si è aperto il capitolo ristrutturazione. E forse di soldi ne sono serviti altrettanti. «Non abbiamo affidato tutto a una sola impresa», specifica il senatore del Pd. «Ci siamo rivolti a tanti artigiani locali, solo gente del posto».
L’apertura ufficiale di Villa Crisanti, dopo due anni di lavori, è anche l’occasione per chiedere come caspita sia venuta l’idea allo scienziato del Covid di prendere casa da queste parti. Lui lavorava a Padova, la moglie a Londra, perché questo borgo ai piedi dei colli Berici?
«La colpa è dei vigili urbani di Thiene», racconta. «Qualche anno fa mi beccarono senza revisione e mi sequestrarono l’auto. Così fui costretto ad attendere il dissequestro. Presi una macchina a noleggio e iniziai a girare nella zona, scoprendo questa villa veneta abbandonata. Ce ne siamo innamorati subito, sia io che mia moglie».
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Adesso però bisogna farla vivere. Ora questa dimora storica è circondata di oliveti. «Non vigne, troppo dispendioso». La vecchia officina è stata rimessa a nuovo e ora è una dependance con cucina esterna e gazebo per gli ospiti. Anche il vecchio magazzino che dava riparo alle macchine agricole è stato ristrutturato. Crisanti ha voluto farci il tetto fotovoltaico. «Solo con quello riusciamo a fare fronte quasi completamente al fabbisogno energetico. Ed è un ulteriore passo verso una dimensione ecosostenibile. A proposito, dimenticavo: niente diserbante per gli ulivi».
La villa è già stata inserita nei percorsi del Fai e anche dell’associazione Dimore storiche italiane. Ma l’enorme cancello d’ingresso è comunque sempre aperto e quando i visitatori si introducono in giardino Crisanti apre loro anche le porte di casa. «Venite pure», dice gentile, e comincia a fare da cicerone. La gente lo saluta con il sorriso. «Buongiorno professore», per tutti è ancora “il professore”. Sono in pochi a sapere che adesso è anche un senatore della Repubblica. Ma con una simile dimora, se oggi in Veneto c’è qualcuno che si candida al ruolo di Doge, quello è senza dubbio Andrea Crisanti.
