PAVIA. Il giudice Pietro Balduzzi ha spazzato via anche l’ultimo residuo di accuse. L’inchiesta Diasorin sui test sierologici, avviata nel 2020, si chiude con il proscioglimento dalle contestazioni di falso e peculato dell’ex direttore generale del San Matteo Carlo Nicora, del virologo dello stesso ospedale Fausto Baldanti e dei vertici della multinazionale Diasorin, l’amministratore delegato Carlo Rosa e il direttore scientifico Fabrizio Bonelli. L’accusa più corposa, cioè l’ipotesi di un accordo illecito tra San Matteo e Diasorin per favorire la multinazionale con i test sierologici per la diagnosi di Covid, si era già sgonfiata nel corso delle indagini. Ora arriva la spallata definitiva all’inchiesta.
L’accordo per i test
Il pubblico ministero Paolo Mazza (che in teoria potrebbe ancora appellare la decisione del giudice Balduzzi) aveva chiesto l’archiviazione per l’accusa iniziale di turbativa d’asta, legata all’accordo quadro di collaborazione scientifica tra l’Irccs San Matteo di Pavia e la multinazionale DiaSorin per la messa a punto dei test sierologici per la diagnosi di Covid. La procura ipotizzò un illecito in questo accordo: secondo l’accusa l’ospedale mise a disposizione risorse pubbliche trasferendo all’azienda tutti i risultati delle proprie attività di ricerca e di sperimentazione nel settore dei test sierologici, di fatto quindi favorendo la multinazionale a svantaggio della società concorrente Technogenetics. L’accusa, tuttavia, non resse al vaglio degli accertamenti e neppure fu sostenuta dalla pronuncia del Consiglio di Stato, che a dicembre del 2020 ribaltò la decisione del Tar della Lombardia ritenendo legittimo l’accordo. Trattandosi di un progetto di ricerca non era necessaria infatti una gara pubblica. Lo stesso pm Mazza chiese l’archiviazione per gli indagati dall’accusa di turbativa, ma il rinvio a giudizio per le contestazioni di falso e peculato.
Le sacche di siero
All’ex dg del San Matteo, Carlo Nicora, e al virologo dell’ospedale Fausto Baldanti il pm contestava l’ipotesi di falso in relazione al passaggio dell’accordo quadro in cui si citava un parere favorevole del comitato etico che per la procura non c’era. A Baldanti, Carlo Rosa e Fabrizio Bonelli il pm contestava poi anche l’accusa di peculato in relazione alla cessione, a Diasorin, di “utilità economiche” consistite in 400 ml di siero di pazienti guariti, con elevato contenuto di anticorpi neutralizzanti, che erano nella disponibilità dell’ospedale, e che sarebbero stati utilizzati dalla multinazionale nel proprio processo produttivo. Ma per il giudice Balduzzi «il fatto non sussiste».
